corriere.it, 3 settembre 2025
Storia, bernoccolo di Xi Jinping
L’uomo è uno solo ma i volti sono due. Nei giorni scorsi abbiamo visto Xi Jinping in cravatta da diplomatico intrattenere amabilmente parecchi leader al party di Tianjin e assicurare pace al mondo. Ieri abbiamo visto lo stesso presidente cinese, in versione comunista, ispezionare un oceano di truppe e dire che la Cina è inarrestabile: tra missili e cannoni, implicitamente ha ribadito che il potere nasce dalla canna del fucile, come diceva Mao Zedong (anche il completo indossato da Xi è «original Grande Timoniere»). Si dirà che, in fondo, molti politici hanno più di una faccia. Non è però per moralismo che è forse buona cosa notare la contraddizione tra l’immagine proiettata un giorno e quella mostrata 48 ore dopo. È il segno che Pechino si sente così potente da ritenere di poter dire impunemente ciò che vuole (anche Trump ci prova ma non sarà mai a questo livello).
A Taiwan, dove la parata di ieri nella Piazza Tienanmen di Pechino ha aggiunto nervosismo al nervosismo ormai cronico, notano che il Partito Comunista Cinese piega ormai la storia del Novecento con una faccia tosta senza precedenti. Non è solo che, nel celebrare, il 3 settembre, gli ottant’anni dalla fine dell’invasione giapponese della Cina, Pechino ha sostenuto che furono i cinesi a sconfiggere il Sol Levante nella Seconda guerra mondiale. Dimenticando che furono gli americani nel Pacifico a piegare Tokyo; se si vuole, le atomiche su Hiroshima e Nagasaki. È che riscrive a piacimento un numero sempre maggiore di pagine di Storia anche per giustificare la pretesa di annettere Taiwan. Ora sembra volere coinvolgere le Nazioni Unite nella «rilettura» di due dichiarazioni siglate durante il conflitto mondiale, quella del Cairo, 1943, e quella di Potsdam, luglio 1945. In esse si parla del futuro di Taiwan (allora ancora colonia giapponese) ma la Repubblica Popolare Cinese non è lontanamente citata: non esisteva (nascerà nel 1949).
Nei due incontri che portarono alle dichiarazioni, a rappresentare la Cina era Chiang Kai-shek, il «generalissimo» nazionalista che dopo la guerra civile vinta dai comunisti si rifugiò a Taiwan e la governò fino al 1975. Al Cairo trattava con Winston Churchill e Franklin Delano Roosevelt, a Potsdam con Churchill e Harry Truman. A ben vedere, forse, c’è un terzo volto di Xi Jinping, quello di storico.