Avvenire, 3 settembre 2025
I reclusi oltre quota 63mila c’è un buco di 20mila agenti
Una volta si chiamavano agenti di custodia o, le donne, vigilatrici penitenziarie, ma anche, semplicemente, “secondini”, un’accezione ottocentesca. Con la riforma del 1990, la loro denominazione è “agenti di polizia penitenziaria”. Le competenze, tuttavia, sono rimaste quasi le stesse: vigilare e custodire i detenuti garantendo la sicurezza interna alle strutture carcerarie, partecipare all’esecuzione dei provvedimenti restrittivi, accompagnare i reclusi ai processi o nei trasferimenti in altri istituti e collaborare al loro trattamento rieducativo. In più, introdotte da un decreto del dicembre 2007, sono state attribuite al Corpo le funzioni di polizia giudiziaria. Un lavoro duro e stressante, che presuppone preparazione, professionalità, maturità personale. Oggi, gli agenti in servizio nei 192 istituti di pena italiani sono 31.000, un numero largamente insufficiente alle necessità. La pianta organica stabilita dal ministero della Giustizia segna 34.162 unità, ma il fabbisogno, visto il sovraffollamento delle prigioni e le violente tensioni che si manifestano dietro le sbarre, in realtà va assai oltre le 4mila unità che mancano (cioè il 16% del totale). Nel 2025 è stato indetto un concorso per l’assunzione di 3.246 allievi agenti, il che porterebbe a una copertura dell’organico previsto sulla carta, ma va tenuto conto di chi nel frattempo è andato in pensione o si è dimesso. Inoltre, prima che i nuovi assunti possano essere destinati a un incarico dovranno espletare corsi di formazione che durano, a seconda della qualifica, dai 9 ai 24 mesi. A detta dei sindacati di categoria, negli organici del Corpo di polizia penitenziaria si sono aperte voragini che superano le 20mila unità, anche a causa delle assegnazioni di personale a uffici ministeriali ed extrapenitenziari, trasferimenti che, secondo le stesse organizzazioni del settore, sarebbero «eccessivi e spesso illegittimi».
Ma le carceri sono al collasso. I detenuti presenti nelle strutture risultano più di 63mila, a fronte di 46mila posti effettivamente disponibili, con un sovraffollamento totale pari al 134,93%. Nelle celle delle patrie galere sarebbero stipati, dunque, 16.300 reclusi in più: il rapporto è, dal punto di vista solo numerico e generale, di 1 agente ogni 2 detenuti ma sul territorio la situazione è disomogenea e cambia da istituto a istituto. Il tasso di sovraffollamento, infatti, raggiunge in Puglia punte del 173% (4.471 detenuti in 2.591 posti) in Molise del 160% (395 detenuti in 247 posti), in Lombardia del 154% (9.001 detenuti in 5.850 posti) nel Lazio del 150% (6.812 detenuti in 4.529 posti). Numeri che, secondo i calcoli dei sindacati, porterebbero a una carenza di personale, nelle quattro circoscrizioni menzionate, che va dal –30% della Puglia al – 46% del Lazio. In base all’ultimo Report dell’associazione Antigone, le regioni che hanno un rapporto più elevato di reclusi per agente, e quindi sopra la media, sono, appunto, la Lombardia, il Lazio e l’Umbria, con rispettivamente il 2,44, il 2,42 e il 2,45. Inoltre, la distribuzione del personale è disomogenea anche risetto ai singoli istituti: nella Casa circondariale di Napoli Poggioreale, per esempio, sono presenti 3,6 detenuti per agente e nell’organico mancano 273 unità.
Gli agenti, afferma Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa- Polizia Penitenziaria, «sono sottoposti a carichi di lavoro disumani e a turnazioni di servizio che si protraggono anche per 26 ore ininterrotte e, per di più, con la retribuzione solo parziale del lavoro straordinario che comunque viene pagato meno di quello ordinario». Gli addetti alla sorveglianza e alla sicurezza degli istituti di pena devono fronteggiare, oltre alle normali incombenze, emergenze ormai quotidiane come risse tra detenuti, tentativi di rivolta, violenze di ogni genere, traffici illeciti, evasioni, stupri. E, prima di tutto, vigilare sugli atti di autolesionismo e i tentativi di suicidio che ormai, purtroppo, dietro le sbarre sono all’ordine del giorno. Per lo stress e le forti tensioni emotive determinate dal lavoro, dal 1° gennaio 2025 ad oggi, fanno sapere le organizzazioni sindacali, tre poliziotti si sono tolti la vita. L’anno scorso nella categoria sono morti per mano propria sette agenti e oltre duemila sono state, in totale, le aggressioni subite. Il carcere è un inferno per tutti.