il Fatto Quotidiano, 3 settembre 2025
Idroelettrico senza le gare. E le Regioni perdono soldi
Come sa chiunque paghi le bollette, il costo dell’elettricità pare saper solo salire. Come sa invece chi segue le cronache economiche, le imprese italiane sono irritate, eufemizzando, per l’inazione del governo e – con l’ovvia eccezione di quelle energetiche – hanno definito l’ultimo decreto Energia “una pazzia” (così il delegato di Confindustria, Aurelio Regina). Non stupisce, dunque, che il governo dopo tre anni non sappia ancora cosa fare neanche con le concessioni idroelettriche: molte sono scadute, il resto è in scadenza, l’Italia s’è impegnata a metterle a gara nel Pnrr, ma ora ci ha ripensato e ha sospeso tutto almeno fino alla fine dell’anno. Problema: nel frattempo gli investimenti nelle infrastrutture sono fermi e le concessionarie (Enel, Edison, A2a e Iren le più importanti) in molti casi – avendo impugnato le leggi che regolano la materia – non pagano il dovuto alle Regioni. Una cosetta che vale 207 milioni solo in Lombardia, qualche centinaio in tutta Italia.
Ripartiamo da capo e limitiamo il campo ai grandi impianti idroelettrici. Le concessioni nella forma attuale partono alla fine degli anni Novanta col decreto Bersani, che prevede peraltro la riassegnazione via gara alla scadenza. Le gare, però, non le abbiamo fatte mai e d’altra parte in Europa non le fa quasi nessuno: le infrastrutture energetiche sono strategiche e i governi preferiscono darle a soggetti nazionali. La Francia, per dire, s’è appena accordata con l’Ue proprio per non fare gare nel settore idroelettrico. Come che sia, a oggi circa un quarto delle concessioni è già scaduto e quasi tutte le altre lo saranno entro il 2029 (tutte quelle di Enel). Nel frattempo, era il 2018, la proprietà dei grandi impianti è passata alle Regioni, sempre prevedendo le gare (in varie forme) alla scadenza delle concessioni e sempre non facendole. E qui si arriva al governo Draghi, che ha infilato l’obbligo delle benedette gare nel Pnrr e la sua attuazione nella legge sulla Concorrenza del 2021. Qualche Regione ci ha provato, ma anche stavolta – come avrete intuito – niente gare: la Commissione Ue, però, ci ha già pagato per aver raggiunto l’obiettivo con la terza rata del Pnrr. All’inizio del 2025, infine, il Parlamento – con voto bipartisan – ha sospeso tutto fino al 2026 e il governo Meloni ha aperto una specie di trattativa con Bruxelles per vedere se ci si può ripensare senza beccarsi una multa (fino a cinque volte il valore del pagamento): l’idea, caldamente sponsorizzata dalle imprese coinvolte, è rinnovare le concessioni riassegnandole agli uscenti dopo un’apposita trattativa a due.
Si vedrà come finirà con l’Ue, ma il bailamme non è finito qui. Ottenuta la proprietà delle opere, le Regioni – come le invitava a fare una legge – hanno fatto le loro normative sull’idroelettrico, anche adeguando i canoni attraverso forniture gratuite di energia e maggiorazioni per le concessioni scadute. Le società elettriche, però, non hanno gradito: sostengono che le nuove regole valgano solo per le concessioni future. Insomma si è finiti in tribunale: finora hanno sempre vinto le Regioni, ma intanto passano gli anni. Risultato: il consigliere regionale Pd, Jacopo Scandella, ha scoperto in agosto che alla Lombardia – un quarto dell’idroelettrico italiano – mancano a oggi 207 milioni di euro di introiti, oltre cento dei quali maturati negli ultimi due anni. La situazione è simile un po’ in tutta Italia: la Giunta dell’Umbria ha calcolato un ammanco di oltre 18 milioni nei solo 2023 e 2024; la provincia di Belluno, in Veneto, per lo stesso biennio, di oltre 30 milioni; a fine 2024 il Piemonte vantava crediti per 100 milioni di euro.
“Gare e rinnovo che sia, una soluzione va trovata – dice il lombardo Scandella –. In attesa di capire che succede, non si pagano le tasse, non si fanno investimenti, si rallenta con la manutenzione e nessuno dice niente”. Anche al netto del problema dei canoni, infatti, c’è il problema che spessissimo gli impianti sono vecchi, anche di decenni, e hanno bisogno di cospicui investimenti per aumentare la capacità produttiva e di manutenzione per tenere alto il livello di sicurezza: almeno una quindicina di miliardi, secondo un calcolo di Elettricità futura. E ovviamente nessuno scuce un euro senza sapere se potrà guadagnarci: nel frattempo il governo traccheggia a Bruxelles.