Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  settembre 03 Mercoledì calendario

L’iceberg più grande del mondo si sta disintegrando

Lento, solitario e finale. Così, parafrasando il titolo del noto romanzo di Osvaldo Soriano, si potrebbe definire il destino – ormai certo – del più grande iceberg del mondo dopo un viaggio durato quasi 40 anni. Nel 1986 un gigantesco iceberg – poi rinominato A23a – si staccò dall’Antartide iniziando un viaggio infinito: questo colosso, pesante mille miliardi di tonnellate, grande il doppio delle dimensioni dell’area metropolitana di Londra, per lungo tempo è andato alla deriva nei mari prima di arenarsi.
Poi all’improvviso, nel 2020, ha ripreso la sua corsa incerta e, dopo essersi nuovamente fermato in più occasioni, lo scorso dicembre rimpicciolito e scalfito da acque più calde e dagli effetti della crisi climatica si era messo nuovamente in moto allarmando il mondo: la sua traiettoria iniziale sembrava destinarlo all’impatto con la Georgia del Sud, mettendo a rischio gli ecosistemi antartici e la vita di pinguini, foche e pesci.
Per questo era costantemente monitorato dai satelliti e da ricercatori che fino a qualche mese fa si dicevano incerti sul suo futuro, sperando in un eventuale lenta disgregazione dell’iceberg per evitare l’impatto. Fatto che sta avvenendo: le ultime rilevazioni satellitari di Copernicus e i dati raccolti da British Antarctic Survey mostrano come sia passato da una gigantesca massa di ghiaccio di 3500 chilometri quadrati (grande praticamente tre volte Roma) e con vette di 400 metri a una piattaforma dimezzata la cui area è oggi meno della metà delle sue dimensioni originali, anche se misura ancora 1.770 chilometri quadrati e sessanta chilometri nel suo punto più largo. Sebbene direzione e correnti lasciassero ipotizzare un impatto con l’area della Georgia del Sud e il rischio che una tale massa potesse compromettere la vita di ucelli, elefanti marini, pinguini e altri animali a cui sarebbe stato tagliato l’accesso al mare impedendo loro di nutrirsi, le ultime rilevazioni indicano invece la probabile fine del lungo viaggio di A23a.
Nelle ultime settimane enormi blocchi, anche di 400 chilometri quadrati, si sono letteralmente staccati e frammentati in masse di ghiaccio più piccole sparse nel mare circostante: si tratta comunque di grandi masse che potrebbero impattare per esempio sulla navigazione, ma sono anche il simbolo dell’imminente fine della vita di A23a. Secondo Andrew Meijers, oceanografo del British Antarctic Survey che da tempo segue le dinamiche dell’iceberg, “si sta frammentando in modo piuttosto drammatico” mentre si dirige a nord, dove sta incontrando acque sempre più calde per via del riscaldamento globale. “Direi che è in via di estinzione... sta praticamente marcendo sotto. L’acqua è troppo calda perché possa mantenersi. Si scioglie costantemente. Prevedo che questa tendenza continuerà nelle prossime settimane e che poi non sarà più identificabile entro poche settimane” ha spiegato l’esperto decretando, di fatto, la fine di un viaggio durato quasi 40 anni.
Resta comunque una sorpresa, per gli scienziati, come la “vita” di questo iceberg sia stata così lunga: solo nel maggio di quest’anno, dopo aver nuovamente ripreso il suo cammino e aumentando la sua velocità (anche 20 chilometri in un giorno), sono emersi evidenti segni di come tra acque calde, onde e correnti, probabilmente la fine del “megaberg” fosse vicina.
"La maggior parte degli iceberg non arriva fin qui. Questo è davvero grande, quindi è durato più a lungo e si è spinto più lontano degli altri” ha aggiunto Meijers ricordando come il distacco degli iceberg è un processo naturale che però, per via delle emissioni antropiche che alimentano il global warming, sta aumentando di ritmo soprattutto in Antartide dove, come ovunque, crescono le temperature di aria e acqua che modificano le dinamiche della vita in ogni ecosistema.