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 2025  settembre 02 Martedì calendario

Il giornalismo è sempre più sotto attacco. Appello di Libera: tutelare l’informazione

“Da grande voglio fare il giornalista”. Si intitolava così uno dei primi articoli di Giancarlo Siani, il giornalista ucciso, ad appena 26 anni, dalla camorra il 23 settembre del 1985 a Napoli. “Le persone per scegliere, per sapere devono conoscere i fatti” e per questo, come racconterà Marco Risi nel film Fortapàsc dedicato al cronista che consumava le suole delle scarpe a caccia di notizie c’è “il giornalista impiegato” e il “giornalista-giornalista” che è quello che non si ferma anche se minacciato, deriso, offeso, anche a costo di rischiare la propria vita. Oggi il “giornalismo che resiste” è quello che è capace, nonostante tutto, di raccontare ciò che succede nel mondo. Come a Gaza, dove secondo la Federazione internazionale dei giornalisti, il numero di operatori dell’informazione palestinesi uccisi dagli attacchi israeliani dal 7 ottobre 2023 è di 219 persone: mai così tanti in un solo conflitto. E, a questo giornalismo che non abbassa la testa è dedicato il nuovo dossier di Lavialibera, rivista di Libera e del Gruppo Abele che lo ha intitolato alla memoria proprio di Giancarlo Siani, a quarant’anni dal suo omicidio.
«L’informazione di qualità è un elemento centrale della democrazia, una precondizione assoluta – scrive nel suo editoriale il presidente, Luigi Ciotti – Ci lamentiamo giustamente delle pecche dell’informazione, ma siamo capaci di riconoscere le iniziative editoriali di valore, proteggerle e promuoverle? Siamo disposti a pagare il giusto prezzo per chi si ribella alla superficialità, all’ovvietà, alla transitorietà delle notizie? Senza un’assunzione di responsabilità collettiva, il declino dell’informazione e il suo impatto negativo sulla società continuerà senza freni. Azioniamo allora insieme questo freno, nel nome della verità e della democrazia».
Non solo Gaza. Negli ultimi dieci anni, in Ucraina sono stati uccisi 20 giornalisti e 27 sono attualmente in carcere. Stando alle statistiche del Committee to Protect Journalists, un’organizzazione indipendente e non a scopo di lucro, con sede a New York, dal 2000 al 2025 nel mondo sono stati uccisi oltre 2mila giornalisti e operatori. In generale, i più esposti sono i cronisti precari e freelance, che negli ultimi due anni hanno rappresentato il 40% delle vittime nel mondo. Stesso andamento anche per le carcerazioni, cresciute da meno di 100 nel 2000 a oltre 350 nel 2024, con la percentuale di freelance in forte aumento. In più, la maggior parte degli omicidi resta senza colpevoli. Senza andare troppo lontano basta ricordare le vicende giudiziarie sulle morti di Andrea Rocchelli in Ucraina, di Jan Kuciak in Slovacchia e Daphne Caruana Galizia a Malta. Che il giornalismo sia sotto attacco lo si comprende leggendo l’ultima relazione di Reporter senza frontiere: per la prima volta da oltre dieci anni, l’indicatore della libertà di stampa è sceso sotto la soglia critica di 55 punti su 100, a un livello definito “difficile”. Le cause? La crisi economica del settore, segnata dal declino dei lettori paganti, le minori entrate pubblicitarie e la concorrenza dei social: in 160 dei 180 paesi analizzati, le testate giornalistiche non raggiungono la stabilità, tanto che in un terzo dei casi sono costrette a chiudere. «Sul lato delle querele temerarie» si legge nel dossier di Lavialibera «l’Italia detiene il primato europeo, e per quanto riguarda gli attacchi spyware, negli ultimi 5 anni hanno colpito almeno 35 professionisti dei media nell’Unione».
Eppure qualcosa si sta muovendo, almeno nelle intenzioni. Lo scorso 8 agosto è entrato in vigore l’European media freedom act, il regolamento comunitario che impone ai paesi dell’Unione di adottare misure per tutelare l’indipendenza del servizio pubblico e il pluralismo dell’informazione. L’auspicio è che il governo italiano possa adottarlo presto, per evitare una nuova procedura d’infrazione. Intanto la redazione di Lavialibera dal 24 settembre, in collaborazione con Libera e la Fondazione Giancarlo Siani, porterà la macchina da scrivere del giovane giornalista napoletano in un viaggio attraverso l’Italia, dal Basso Lazio alla Lombardia passando per Piemonte e Emilia Romagna per discutere con le comunità locali di giornalismo e del diritto a essere informati. “Giancarlo era uno di noi. Precario, appassionato, innamorato della vita e incapace di restare a guardare – conclude la direttrice Elena Ciccarello – La sua storia è unica e irripetibile, eppure legata a quella di tante e tanti colleghi che, ogni anno nel mondo, sono uccisi mentre tentano di raccontare un altro pezzo di storia”. E che vogliono continuare a fare i giornalisti-giornalisti.