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 2025  settembre 02 Martedì calendario

“ll pampapato è una porcheria, tradizione non vuol dire fare le cose vecchie”: la stoccata di Iginio Massari fa infuriare i ferraresi

“ll pampapato è una porcheria, è meglio che lo rivediate”. Iginio Massari, si sa, non è uno che “la tocca piano” e con la sua ultima invettiva è riuscito a far arrabbiare i ferraresi e i cultori del pampapato, il dolce da forno della tradizione della città Estense. Ma che cosa ha innescato il giudizio tranchant del temutissimo Maestro, tra i protagonisti di Bake Off Italia? A svelare il “fattaccio” è un retroscena de Il Resto del Carlino, che ha intercettato il celebre pasticcere sul set di Sweet Home, il nuovo programma sul mondo della pasticceria italiana che andrà in onda su FoodNetwork.
Secondo quanto riportato dal quotidiano, Iginio Massari si è lasciato andare al commento inaspettato durante una pausa delle riprese a Vigarano, in provincia di Ferrara. “C’è una pausa, il Maestro si lascia andare a qualche riflessione sulla cucina ferrarese. Boccia il pampato, salva la salama da sugo, innalza la ricciola”, scrive Il Resto del Carlino. Ed ecco la bocciatura senza appello del dolce tradizionale di Ferrara. “ll pampapato è una porcheria, è meglio che lo rivediate. Tradizione non vuole dire fare le cose vecchie. Il principio di base è la curiosità e a Ferrara, come pasticcieri, ci sono pochi curiosi”, avrebbe detto Massari lasciandosi andare ad un commento inaspettato. Poi ancora: “La salama da sugo è una delle poche cose che ho apprezzato. Ho mangiato questa mattina una ricciola e direi che è proprio buona”. Parole che hanno innescato immediatamente la reazione dei ferraresi: “Levati cielo, Ferrara insorge. I cittadini, con lettere e telefonate, esprimono un misto di amarezza e rabbia”.
Ma questo dolce “del contendere” di cosa sa? Com’è fatto il pampapato? Il dolce prodotto a Ferrara e in provincia, che ha ottenuto il riconoscimento Igp nel 2015, è un prodotto da forno “di forma circolare con base piatta ottenuto dalla lavorazione di farina, canditi, frutta secca, zucchero, cacao, spezie e ricoperto con cioccolato extra fondente”. La sua origine risale al sedicesimo secolo ed è legata al pane speziato che veniva preparato dalla monache di clausura del convento Corpus Domini di Ferrara, le quali lo regalavano agli ali prelati durante le festività natalizie. Divenne così celebre che finì nel menù dei sontuosi banchetti alla corte degli Estensi e nel corso dei secoli ha acquisito tale prestigio “da essere ritenuto un dolce degno di un papa”, da qui “la forma di copricapo cardinalizio”. All’inizio del ‘900, la trasformazione definitiva: un pasticcere ferrarese pensò di ricoprire questo pane speziato con il cioccolato e il successo fu tale che divenne il dolce simbolo di Ferrara.
Insomma, il dolce è nella storia della gastronomia ferrarese ed era inevitabile che la città non reagisse bene alle parole di Massari. “Si tratta di un dolce della tradizione, tratto della carta d’identità di Ferrara, non mi aspettavo affermazioni di questo tenore”, replica Igles Corelli, icona della cucina di Ferrara, uno degli chef più noti d’Italia. Il quale non ha gradito la stroncatura del pastry chef: “Magari posso dire che è possibile migliorarlo, che deve essere mangiato entro cinque o sei mesi. Perché la frutta secca dopo un certo tempo cambia sapore. Certo, questo sì. Ma certi aggettivi, una stroncatura così non mi trova per nulla d’accordo”. E ancora: “Certo, tutto si può migliorare. Questo è un discorso che si può condividere. La tradizione può essere cambiata ma è comunque necessario capire che un prodotto non deve essere stravolto”.