la Repubblica, 2 settembre 2025
L’amara vendemmia dei record senza export le cantine scoppiano
Una vendemmia anticipata, ricca, di buona qualità. Eppure i viticultori non sono particolarmente contenti, anzi sono sempre più preoccupati, perché se c’è un anno in cui sarebbe stato meglio produrre un po’ di meno è proprio questo. Le cantine sono ancora piene: la produzione dell’anno scorso ha sfiorato i 44 milioni di ettolitri, troppa grazia per un mercato in affanno tra crisi dei consumi e dazi americani. Quest’anno si andrà sicuramente oltre: Coldiretti stima una produzione di 45 milioni di ettolitri, ma fra gli addetti ai lavori si ipotizzano cifre anche più alte, si parla di 47, persino 50 milioni. «La qualità c’è tutta – spiega Lamberto Frescobaldi, presidente dell’Unione Italiana Vini – al Sud, dove spesso abbiamo sofferto la siccità, quest’anno ha piovuto, i vigneti si presentano con uve molto belle. Sarà una ottima vendemmia, ma stavolta quello che ci preoccupa è la situazione del mercato».
Sul fronte interno, nella grande distribuzione nel primo trimestre di quest’anno si è registrato un calo del 4%, e si prevedono decrementi ancora peggiori, soprattutto nella ristorazione. Mentre sulle vendite estere, l’impatto dei dazi è arrivato ben prima dell’accordo Usa-Ue, che ha deluso fortemente i produttori europei, che fino all’ultimo avevano sperato in un’esenzione dalle tariffe al 15%. Secondo l’ultimo Wine Monitor di Nomisma nel secondo trimestre di quest’anno c’è stato un deciso calo su base annua dell’export di vini italiani del 4,3% in valore e dell’ 1,4% in volumi. Negli Stati Uniti la riduzione in valore è stata del 9,6%, ma il segno meno prevale per tutti i principali mercati di sbocco, dalla Cina (meno 19%) alla Norvegia, Giappone, Corea del Sud, Regno Unito. Pochissime le eccezioni positive, tra le quali il Canada, dove il governo ha chiuso le porte all’export di vini Usa, come ritorsione ai dazi imposti da Trump: «I vini della Napa Valley sono stati sostituiti da quelli francesi e italiani – spiega il responsabile dell’Osservatorio, Denis Pantini – masiamo molto lontani dal compensare quello che abbiamo perso negli Stati Uniti». E non solo: manca all’appello anche l’export in Russia, «tra i pochi mercati dove riuscivamo a superare i francesi», ricorda Frescobaldi, mentre la Cina «ci ha voluto un po’ meno bene da quando Xi Jinping ha dato una stretta micidiale ai consumi di lusso».
E così, mentre la vendemmia va avanti ormai da diverse settimane, visto anche che quest’anno per effetto del clima è cominciata in anticipo (le prime raccolte di Pinot Grigio sono state avviate nella provincia di Trapani già a fine luglio, rileva Coldiretti), si ragiona di tagli alla produzione. «Già l’anno scorso sarebbe stato bene intervenire – afferma Frescobaldi – ma non è successo. Adesso invece i consorzi stanno iniziando a farlo, nell’ordine del 15-20%. Tagliare qualcosa che è molto buono è un peccato, ma quando è troppo, diventa meno buono». Il rischio è che, se si lascia tutto all’iniziativa dei consorzi, i tagli incidano poco: «Ci auguriamo che invece l’anno prossimo si possa modificare il Testo Unico, stabilendo una riduzione generale della produzione», conclude Frescobaldi. «La disaffezione verso i consumi di vino sembra avere caratteristiche strutturali – ammette Pantini – anche se in questo periodo è amplificata, per via della congiuntura. Ma non credo che sia il caso di arrivare all’estirpazione dei vigneti: forse bisogna però smettere di avvalersi della possibilità di piantarne di nuovi, puntando di più sui vini, come le bollicine e il prosecco, sui quali c’è più domanda di mercato».