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 2025  settembre 02 Martedì calendario

Noi, volontari per la comunità

Fare volontariato continua a essere non solo una scelta, ma quasi una missione per tanti italiani: sono ancora 4,7 milioni quelli che chi si rimboccano ogni giorno le maniche per gli altri. Li ha nuovamente registrati in modo approfondito l’Istat nell’indagine campionaria sull’uso del tempo del 2023, replicando a distanza di dieci anni la prima ricerca dedicata al lavoro volontario. Sono calati del 3,6% rispetto al 2013, ma rimangono una solida certezza per la società e l’ammontare delle ore che dedicano al volontariato equivale a quelle di 527 mila persone impiegate a tempo pieno. Diminuisce il numero assoluto dei volontari, tendenza che è stata fotografata anche da altre ricerche di settore, ma aumentano quelli che sono attivi su più fronti. Sono 3,2 milioni gli impegnati in gruppi, associazioni o organizzazioni, mentre arriva a 2,5 milioni la quota di chi fornisce aiuti diretti a persone esterne alla propria famiglia, alla comunità o all’ambiente. Toccano quota un milione coloro che uniscono le due modalità. «La diminuzione del numero dei volontari – commenta Tania Cappadozzi, responsabile per Istat della rilevazione – è stata limitata dal fatto che hanno aumentato il proprio impegno e ampliato gli ambiti di attività. Il volontariato diventa una sorta di missione e in tanti lo fanno sia in forma organizzata sia con aiuti diretti. C’è una maggiore attenzione all’ambiente e al civismo, tendenze che traspaiono anche dai dati sui volontari diretti: prima davano aiuto alle proprie cerchie ristrette, adesso alla comunità». Il numero dei volontari più giovani cala, ma è un dato che va letto dal punto di vista demografico: in un Paese in cui l’età media sta crescendo anno dopo anno è comprensibile che tenga di più il numero dei volontari di età più avanzata che, ed è una buona notizia, sono attivi e hanno voglia di impegnarsi per gli altri. «Sono quelli – aggiunge Cappadozzi – che resistono di più. È vero che i giovani hanno meno continuità, ma si muovono sulle emergenze. Hanno bisogno di nuovi modi di coinvolgimento, sono più estemporanei, ma ci sono». Evidente è anche il divario territoriale della partecipazione: il Nord-Est è l’area più attiva, seguita dal Nord-Ovest, mentre nel Centro e nel Sud le cifre sono più basse e i cali più marcati. Anche il legame fra volontariato e livello di istruzione si conferma molto solido. La maggioranza ha titoli di studio più elevati, anche se il calo fra i laureati negli ultimi dieci anni è stato più alto di quello delle persone con titoli di studio più bassi. Inedite, e sorprendenti, invece le statistiche di genere. Le donne hanno meno tempo a disposizione degli uomini perché oltre al lavoro sono più gravate da impegni di cura e domestici. Ma nonostante questo è donna il 48,1% di chi fa volontariato in strutture organizzate e ben il 53,1% degli attivi negli aiuti diretti. E il calo rispetto al 2013 è più marcato fra gli uomini. «Spesso le donne – prosegue Cappadozzi – hanno più carichi familiari e l’impegno continuativo le allontana di più rispetto a quello diretto. La loro presenza è aumentata nei ruoli dirigenziali di una decina di punti, ma c’è ancora una forte differenza di genere nelle posizioni apicali delle organizzazioni. Nel volontariato l’impegno è quasi identico. È un mondo più inclusivo rispetto al mercato del lavoro». Negli ultimi anni sono cambiati i settori: più praticati sono i ricreativi e culturali, seguiti da assistenza sociale, protezione civile, attività religiose, sanità, sport, ambiente e istruzione e ricerca. Trasformazioni che sfidano le associazioni a adattarsi ed evolvere.
«Il volontariato in Italia – commenta Chiara Tommasini, presidente di CSVnet, l’associazione nazionale dei Centri di servizio per il volontariato – sta cambiando: reagisce alle crisi e ne è anche colpito, ma mantiene il suo ruolo centrale per la tenuta delle comunità. Sono un milione i volontari che si impegnano sia con organizzazioni strutturate sia in modo diretto, questo dimostra come le forme stanno cambiando e si alimentano, diffondendo la cultura della partecipazione. È in continua evoluzione, ma la voglia di partecipare si mantiene alta e va incoraggiata e alimentata in modo corretto». La diminuzione dei volontari in alcuni settori, come il sanitario, è anche la controprova del rafforzamento del Terzo settore nei servizi forniti. I volontari non vengono mai meno, sono la colonna portante delle organizzazioni, ma servono sempre di più anche gli operatori professionali.
«Stiamo assistendo all’emergere di nuovi bisogni sociali – conclude Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum del Terzo Settore -che necessitano di nuove tipologie di risposte. Da questo punto di vista, le organizzazioni sono direttamente chiamate in causa, nel compiere passi avanti nella comprensione di una realtà che cambia e nell’adeguamento ad essa».