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 2025  settembre 02 Martedì calendario

Un racket dietro i siti sessisti: il tariffario dell’organizzazione, chiesti anche 2mila euro per rimuovere le immagini. Vertice in Procura a Roma

Un vertice in Procura, oggi a Roma, per esaminare il materiale raccolto finora e decidere i passi futuri della nascente inchiesta sui cosiddetti siti «sessisti», il gruppo Facebook Mia Moglie e il sito Phica.eu, dove sono circolate decine di miglia di immagini non autorizzate di donne, anche famose, in contesti privati e pubblici.
Le indagini
Al clamore della vicenda non è corrisposto finora un numero altrettanto sostanzioso di denunce (molte di più le segnalazioni sui social) ma l’ampiezza e gravità del fenomeno è fuori discussione. E la direzione che sembra emergere dagli accertamenti della polizia postale porta a contestazioni ancora più gravi degli insulti beceri, dei commenti violenti e dell’utilizzo di immagini di profili pubblici in contesti così lontani dai soggetti fotografati: si parla di estorsioni, ricatti, fino a ipotizzare una possibile associazione a delinquere che prende «in ostaggio» quelle foto e chiede denaro per rimuoverle e cancellarle. Il primo passo è decidere se unificare a Roma le denunce arrivate anche in altre procure.
A oggi, non ci sono indagati ma le verifiche si concentrano su una serie di personaggi già identificati. Il profilo più significativo è quello che si cela dietro il nickname Phica Master o Boss Miao (dalla foto profilo di un gatto) a cui hanno fatto riferimento in passato numerose donne che chiedevano di rimuovere dal sito, oggi chiuso, i contenuti che le riguardavano.
Molte di loro si sono viste chiedere in cambio cifre che arrivano fino a qualche migliaia di euro, sul falso presupposto del lavoro necessario a rimuovere quel materiale. Falso, perché i server di riferimento sono risultati essere in Cina e Russia, quindi fuori dal controllo di un singolo gestore italiano, tenendo fermo che di questo si tratti. Boss Miao (come rivelano anche alcune mail diffuse da Fanpage) fissava anche un tariffario in base all’impegno necessario per questa millantata rimozione: 350 euro per i casi più facili (poche ore o giorni di lavoro), 2 mila e oltre per quelli più radicati in rete (mesi di pulizia).
Qui si innestano gli altri due nomi sui quali sono in corso verifiche, due supposte avvocatesse i cui nomi però non compaiono in nessun albo, che sarebbero state quelle incaricate di ricevere e attestare i pagamenti. Una estorsione, insomma, con profili di revenge porn, vero business di questi siti, molto più che le interazioni e il «traffico» generato da centinaia di migliaia di utenti in 20 anni di attività. 
Il sito aveva all’interno una sorta di motore di ricerca che pescava dal web foto di personaggi famosi una volta digitato il loro nome nella apposita finestra. In molti casi, però, si trattava di «acchiappa clic», foto o fermi immagine di trasmissioni tv o altri eventi pubblici, associate però a presunte rivelazioni morbose. La diffamazione è un altro capitolo da esplorare assieme a quello degli epiteti e delle oscenità con cui i frequentatori del sito facevano quasi a gara per commentare le immagini.
«Non sono io il gestore»
L’altro nome finito all’attenzione della postale, e già circolato in questi giorni, è quello di Roberto Maggio, che si è difeso ieri al Tg5. Romano di origine, domicilio tra Sofia e Dubai, spiega di essere stato associato al sito Phica.eu perché la sua società «gestisce i sistemi di pagamento all’estero»: «La nostra attività – dice – si concentra solo sulle transazioni, non sui contenuti. Sono stato già contattato dagli investigatori italiani ma sono sicuro che abbiano gli strumenti per identificare chi è il vero proprietario del sito».
Le segnalazioni
A tutela dell’immagine delle donne finite su queste pagine si muove anche l’avvocata Annamaria Bernardini de Pace, che lancia una class action per dare più forza alla voce delle vittime. Assieme a un pool di 12 legali, la nota matrimonialista assicura di aver già «raccolto qualche centinaio» di segnalazioni, soprattutto «attraverso associazioni», per arrivare poi ai possibili risarcimenti in sede civile.