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 2025  settembre 01 Lunedì calendario

Dazi, così l’Ue (con il no francese) cede a Trump: nessuna web e digital tax. Salvi ancora Google&C.

L’accordo sui dazi tra Usa e Ue è durata lo spazio di un mattino, o poco più. L’intesa del 27 luglio tra Washington e Bruxelles ha dimostrato di essere solo una tregua sulle tariffe imposte da Donald Trump, ma non elimina i disequilibri del commercio transatlantico. Se l’Europa vende negli Stati Uniti più merci, gli Usa dilagano nel Vecchio Continente con i loro servizi digitali. Così la Casa Bianca intende fermare la web tax e le regole europee del Digital Services Act, la legge della Ue in materia di economia digitale, per tutelare il vantaggio competitivo dei suoi giganti informatici. Lo scontro è ricominciato il 25 agosto, quando il presidente degli Stati Uniti ha minacciato tutti i Paesi che hanno tasse digitali di “ulteriori dazi successivi” sui loro beni e restrizioni all’esportazione di tecnologia avanzata e semiconduttori statunitensi se non rimuoveranno le loro regole fiscali. L’Ue e alcuni Stati membri della Ue hanno imposto tasse sui ricavi delle vendite dei fornitori di servizi digitali, tra cui Google, Facebook, Apple e Amazon. In un post sui social, Trump ha affermato che questa legislazione è “concepita per danneggiare o discriminare la tecnologia americana” e che dava via libera alle aziende della Cina, rivale tecnologica statunitense.
Washington punta a confermare il suo dominio nei servizi digitali per conservare il vantaggio competitivo globale e tutelare i suoi campioni nazionali. Il fatto è che la Ue ha un enorme deficit commerciale gli Usa nei servizi digitali: secondo le stime europee, il disavanzo con gli Usa nel 2025 supererà i 53 miliardi di euro, con uno squilibrio crescente dovuto al dominio delle big tech Usa nei mercati digitali. Si stima che il surplus statunitense (considerando tutti i servizi high-tech e digitali, inclusi streaming, cloud e finanza digitale) possa arrivare fino a 148 miliardi. Tra i Paesi Ue più colpiti ci sono la Germania (disavanzi di oltre 15 miliardi), la Francia (circa 8 miliardi) e l’Italia (più di 6 miliardi). Nel 2024 il gettito generato dalla web tax di Bruxelles è stato di circa 455 milioni, con l’85% versato da aziende americane. Ma Italia, Francia e Spagna hanno già proprie versioni di digital service tax, in discussione proprio per le pressioni Usa.
Gli Usa hanno recentemente spinto la Commissione Ue ad annacquare il suo Codice sull’intelligenza artificiale. Ma la Ue non è l’unica nel mirino. A giugno la Casa Bianca si era detta pronta ad abbandonare i negoziati commerciali con il Canada in caso Ottawa avesse fatto scattare la sua prevista tassa digitale. Pochi giorni dopo, la norma è stata abbandonata. Nonostante l’accordo commerciale con il Regno Unito, anche la questione della tassa di Londra sui servizi digitali è rimasta irrisolta, con Washington che afferma che “dovrebbe essere rimossa immediatamente”. Stavolta però Bruxelles non pare voler accettare le minacce di Washington.
“È diritto sovrano della Ue e dei suoi Stati membri regolamentare le nostre attività economiche sul nostro territorio”, ha dichiarato il 26 agosto a Bruxelles la portavoce dell’Esecutivo Ue. Secondo la Commissione Ue, il Digital Services Act e il Digital Markets Act non sono discriminatorie né mirate contro gli Usa. Il problema è che, oltre ai dazi generali del 15%, in assenza di una intesa sui servizi digitali gli Usa non abbasseranno la loro aliquota tariffaria del 27,5% sulle auto e sulla componentistica, portandola al 15%. Così, dopo le critiche a Ursula von der Leyen per l’intesa di fine luglio, è tornato alla carica anche il presidente francese Emmanuel Macron, secondo il quale l’Ue dovrebbe valutare eventuali misure di ritorsione contro il settore digitale statunitense. Ma la Francia pare isolata nella Ue: la maggior parte dei 27 Paesi dell’Unione – Germania in testa che teme per la sua industria dell’auto – non sembra volere una guerra commerciale con gli Usa.