La Stampa, 1 settembre 2025
Multe corsa a ostacoli
La partenza del “censimento degli autovelox”, annunciata per settembre, è destinata a slittare. E, per mandare definitivamente a regime il nuovo sistema, ci vorranno non meno di due anni. Queste, almeno, le previsioni che circolano fra gli esperti, alle prese con un rompicapo non da poco. Vediamo perché.
Gli enti locali sono chiamati a “mappare” i rilevatori di velocità installati sulle strade del proprio territorio comunicando marca, modello, conformità, posizione e stato tecnico (se siano in funzione o meno). Nelle intenzioni, potranno restare attivi solo quelli che risultano approvati e omologati nell’apposito registro, altrimenti dovranno essere spenti (pena l’annullamento delle multe). Ma il decreto emanato dal ministero delle Infrastrutture e dei trasporti il 18 agosto, nelle disposizioni finali, rimanda a un secondo provvedimento del direttore generale della motorizzazione per l’avvio della piattaforma telematica. Anci, dunque, fa sapere a questo gironale che «al momento i Comuni non possono far altro che attendere la pubblicazione del citato nuovo provvedimento e, soprattutto, la messa online della piattaforma per poter comunicare i dati». Per le amministrazioni locali, quindi, il termine dei 60 giorni entro cui adempiere all’obbligo scatterà solo dopo l’effettiva operatività della piattaforma. Insomma, i tempi si allungano. E non è l’unico problema sul tavolo.
La “battaglia” sull’uso e la regolarità degli autovelox, come noto, va avanti da anni. Stando ai dati in circolazione, l’Italia vanterebbe il record di 10.158 apparecchi (fra fissi e mobili), a cui si aggiungono semafori dotati di rilevatori di velocità e tutor nei tratti autostradali. In totale, più di 11 mila strumenti di controllo (i numeri, in realtà, non sono certi perché molti sarebbero ormai in disuso). Il caos è riesploso ad aprile dell’anno scorso, quando la Cassazione è intervenuta di nuovo sulla materia. Gli Ermellini hanno stabilito che “approvazione” e “omologazione” di un dispositivo non sono sinonimi: il primo si riferisce alla commercializzazione, il secondo al suo uso legale. Di conseguenza, le multe fatte con gli autovelox “non omologati” sono illegittime. Quanti sono?
Difficile dirlo, perché – e questo è il nodo – a oggi mancano le procedure di omologazione con i requisiti da rispettare (nel 2017, furono fissate le regole per l’approvazione e la verifica periodica degli autovelox supponendo che fossero equivalenti ma, a questo punto, così non è).
Il Codacons stima che «oggi quasi il 60% degli autovelox fissi e oltre il 67% di quelli mobili, oltre a non essere omologato, è stato approvato prima del 2017, data che fa da spartiacque in tema di omologazione e possibile utilizzo degli apparecchi».
Resta che, nelle more del “vuoto amministrativo”, regna l’incertezza. L’associazione dei consumatori ribadisce che «tutte le multe fatte con l’uso di autovelox non omologati dal 2024 sono da ritenere nulle» (quanto meno a partire dal pronunciamento di Cassazione). Ma autovelox e tutor restano accesi. «A nostra esperienza, il 90% dei ricorsi ai Prefetti sono respinti e occorre andare al giudice di pace», spiega Angelo Pisani, avvocato del foro di Napoli. «Sarebbe opportuno affidarsi a un unico soggetto istituzionale: la verifica dei dispositivi non può essere demandata a soggetti come enti locali e società private che li installano».
Solo nell’ultimo anno, le multe stradali in Italia hanno sfondato quota 2 miliardi di euro (in aumento del 10% rispetto all’anno precedente) e, nei primi sette mesi del 2025, hanno già superato la soglia di 860 milioni. Come sono spesi i proventi? In base alle norme, se fatte da polizia stradale locale o vigili urbani, la riscossione spetta ai rispettivi Comuni. Metà delle entrate deve finanziare interventi di miglioramento per circolazione e sicurezza stradale. Il restante è a libera disposizione dell’ente. Per le sanzioni da eccesso di velocità, invece, c’è il vincolo di destinare alla sicurezza stradale l’intero introito, equamente diviso fra chi effettua l’accertamento e l’ente comunale (fatte salve le spese di gestione e riscossione, talvolta notevoli).
Vige l’obbligo di resoconto annuale: entro il 31 maggio, i Comuni devono comunicare, al ministero dell’Interno e al Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti (Mit), quanto hanno riscosso e dove è finito. Quanti si “dimenticano” per avere le mani libere sulla spesa? I dati più aggiornati del 2022 stimano circa un 20% di enti locali mancanti all’appello. Per il resto, controlla la Corte dei conti, attraverso le sue sezioni regionali.
Quale è, invece, il peso delle multe per eccesso di velocità sul totale degli incassi? Un’analisi dei rendiconti degli incassi delle sanzioni del 2024 nelle grandi città, effettuata dall’Associazione Lorenzo Guarnieri, mostra che gli autovelox generano meno del 10% dei proventi delle multe stradali. Su un totale di 670,5 milioni di euro entrati nelle casse dei 16 centri urbani presi in esame, solo 65,5 milioni provengono da accertamenti di eccesso di velocità. A Milano – prima in classifica con un totale di 204,6 milioni di euro nell’ultimo anno – le entrate da multe per superamento dei limiti sono 10,6 milioni.
Firenze, città natale del “padre” degli autovelox, ha un rapporto migliore: su 61,5 milioni di euro di multe stradali circa un terzo (pari a 20,6 milioni) è di automobilisti indisciplinati. Meno bene Torino (quasi 2,7 milioni di euro su un totale di 45,3 milioni). Ciliegina, Napoli: ha rendicontato appena 4.560 euro per violazioni di velocità. Secondo l’associazione, da anni impegnata a salvare vite nel ricordo del diciassettenne toscano investito nel 2010, questo dimostra lo scarso controllo in ambito urbano, nonostante la presenza di più pedoni e ciclisti a rischio. —