Corriere della Sera, 1 settembre 2025
La villeggiatura secondo Gaetano Quagliariello
«Ho visto Maradona. E innamorato son».
«Era estate anche quella, il 5 luglio del 1984, la storica presentazione di Diego Armando Maradona allo Stadio San Paolo di Napoli. Partii da Salerno insieme a mio cugino. Assistemmo a quel miracolo dal settore distinti».
Quarantuno anni dopo, il Napoli calcio scandisce ritmi e tempi della sua estate.
«Non si scappa dal doppio appuntamento: prima a Dimaro-Folgarida per il ritiro; poi, a seguire, a Castel di Sangro, dove la squadra prosegue a sua preparazione in vista dell’inizio del campionato di Serie A».
In materia di villeggiatura, così come in tema di riforme costituzionali e leggi elettorali, non si può dire che a Gaetano Quagliariello manchino idee chiare, approdi irrinunciabili, paletti istituzionali, pesi e contrappesi. Allo storico, che è stato ministro delle Riforme costituzionali del governo guidato da Enrico Letta, capogruppo vicario del Pdl al Senato, altissimo dirigente del centrodestra, oltre che senatore per quattro legislature, non piace parlare di «vacanze» bensì di «villeggiatura»; non evoca «l’estate» bensì «la bella stagione». Vive di punti fermi che raramente l’attività politica ai vertici della Repubblica ha scombinato. «Scosso, movimentato, forse sì; ma scombinato mai. Le vacanze si possono rovinare; la villeggiatura no, perché attenua tutto».
In che senso?
«Nel Gattopardo, la villeggiatura attutisce persino un evento rivoluzionario della portata dell’Unità d’Italia. Il concetto stesso di vacanza è all’opposto: è traumatico di suo».
Di che cosa è fatta la sua villeggiatura?
«Di approdi irrinunciabili. Il primo è la Valle d’Itria, in Puglia. Quest’anno, che ha coinciso con il novantesimo compleanno di mia mamma, ho festeggiato sessant’anni consecutivi di villeggiatura nello stesso trullo, a Locorotondo. Quando siamo arrivati non c’erano né strade, né acqua, né luce, per cui si era costretti ad andare a dormire poco dopo il tramonto; adesso, a duecento metri da noi, c’è il resort di cui è stata ospite per le sue vacanze Giorgia Meloni».
La giornata tipo?
«Si studia, si legge, si va al mare a Savelletri ma non tutti i giorni. E poi si gira per i grandi centri di questa zona, che è equidistante tra Ionio e Adriatico: Martina Franca, Alberobello, Cisternino... La mia regola ferrea è che ci si può spostare dalla Valle d’Itria non prima del 16 agosto, quando a Locorotondo c’è la festa patronale di San Rocco».
E il Napoli calcio?
«Quello a luglio. Prima a Dimaro, poi a Castel di Sangro, dove il rituale ormai è consolidato: ci ritroviamo sempre le stesse persone, si parla soltanto di calcio, si fa incetta di magliette e gadget in vista della stagione di Serie A, si rimane fino alla prima amichevole della squadra. Prima di ripartire la comitiva raggiunge l’Alto Molise per una tappa enogastronomica in ristorante, da qualche anno sempre lo stesso, ormai diventata irrinunciabile».
Chi c’è nel pacchetto di mischia?
«I fedelissimi, oltre a me, sono lo scrittore Maurizio de Giovanni, l’eurodeputato del Pd Sandro Ruotolo, Max Perrino, Fabrizio d’Esposito del Fatto quotidiano, l’ex senatore 5 Stelle Gianluca Ferrara. Come può notare, parliamo di un gruppo decisamente trasversale, dove tutte le sensibilità politico-culturali sono ben rappresentate».
Quali sono stati i momenti caldi della Seconda Repubblica che hanno interrotto la liturgia della sua villeggiatura?
«L’estate del 2011, i giorni della lettera della Banca centrale europea, l’inizio del percorso che avrebbe poi portato alle dimissioni del governo Berlusconi. E l’estate del 2013, quelle della condanna definitiva del Cavaliere, mentre al governo c’era l’esecutivo di larghe intese guidato da Enrico Letta. Due estati trascorse praticamente al telefono».
Dopo la Valle d’Itria che cosa fa?
«Dalla Valle d’Itria ci si sposta per poi tornare. C’è la stagione dei festival e delle scuole estive, soprattutto quelli che da qualche anno ho preso a frequentare con costanza: il Festival delle Storie in Val Comino, in provincia di Frosinone; e la Summer school sulla cultura d’impresa a Diamante, in Calabria».
Con tutti questi riti, senz’altro la sua bella stagione avrà un inizio e una fine ben delineati. O no?
«Si parte a giugno con un cammino. Si finisce a ottobre con un altro cammino. Quest’anno ho inaugurato la bella stagione col Cammino di Santa Barbara, in Sardegna, nella regione mineraria del Sulcis; e la chiuderò col Cammino di Celestino, in Abruzzo, da L’Aquila a Sulmona».
Anche lì sempre la stessa compagnia di giro?
«I convocati sono sempre gli stessi. Quelli che rispondono alla convocazione cambiano di anno in anno. Le sciatiche, alla nostra età, incombono».