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 2025  agosto 31 Domenica calendario

La destra ci riprova coi regali a fondi pensione e aziende

Il leghista Claudio Durigon non si ferma e tira fuori un’altra proposta sulle pensioni: obbligare i giovani a iscriversi e versare contributi ai fondi privati sin da quando cominciano a lavorare. Come se non bastasse, finite le ferie estive, il centrodestra si prepara a rispolverare l’attacco ai lavoratori andato a vuoto a fine luglio: saranno presentate di nuovo le norme per rendere più difficile recuperare in tribunale gli stipendi arretrati e per facilitare l’uso di contratti interinali da parte delle imprese. Andiamo con ordine.
Il nuovo scippo a favore dei fondi pensione – proposta che il sottosegretario al Lavoro ha annunciato ieri, parlando con Milano Finanza, e che la Lega trasformerà in un disegno legge in tempi molto brevi – avrebbe la conseguenza di ridurre i già esigui redditi delle persone a inizio carriera. “Ci sono i margini per rendere obbligatoria fin da subito l’adesione dei giovani ai fondi pensione”, ha spiegato Durigon. Non è ancora chiaro se l’intento sia prelevare i contributi direttamente dalle buste paga o dal trattamento di fine rapporto (Tfr). In entrambi i casi, questa misura ridurrebbe i guadagni dei giovani. Nel primo caso, è intuitivo. Se anche i contributi ai fondi privati venissero dal Tfr, l’effetto sarebbe uguale: i giovani incassano spesso quote di “liquidazione” già nei primi anni di carriera, poiché la precarietà li porta a passare da un contratto all’altro e, ogni volta che termina un rapporto, prendono il tfr. Questo funge da ammortizzatore sociale e sostegno per le spese che i ragazzi sono costretti a sostenere: affitto, mutuo, formazione. L’effetto paradossale sarebbe un aumento sostanziale dei contributi a carico dei giovani lavoratori, tutto a favore dei fondi privati. Con l’intento di garantire pensioni future dignitose, si priverebbero i giovani di risorse necessarie per il presente, limitando significativamente la loro libertà di scelta.
Così se in campagna elettorale il Carroccio fa promesse mirabolanti sulle pensioni, una volta al governo tira fuori misure con due caratteristiche fisse. Sono quasi sempre pagate dai lavoratori stessi e tendono a privatizzare sempre più la previdenza. Per questa privatizzazione, il pasto preferito di Durigon è il Tfr. A fine 2024, infatti, si pensava di aprire una fase in cui stabilire la destinazione del 25% del trattamento sempre ai fondi pensione. Ora l’obiettivo è costringere i giovani ad aderire da subito agli stessi fondi. Il Tfr, ricordano i critici di queste proposte, a partire dalla Cgil, è salario differito, sono soldi già di proprietà dei lavoratori che dovrebbero decidere dove destinarli e come spenderli.
Ma è tutto il centrodestra che tenta sempre di utilizzarli per (fare finta di) mantenere le sue promesse elettorali. Pochi giorni fa, infatti, il sottosegretario Durigon ha parlato della possibilità di trasformare il trattamento di fine rapporto, in tutto o in parte, come anticipo della pensione per poter lasciare il lavoro a 64 anni, anziché 67.
E con il ritorno dalle vacanze, la maggioranza si è data un’altra missione: riproporre la norma che renderà molto più difficile ottenere gli stipendi arretrati e in generale tutti i crediti da lavoro, oltre a quella che farà diventare molto più facile per le imprese l’utilizzo di precari attraverso i contratti interinali. I due emendamenti furono ritirati un mese fa, con la promessa – o meglio la minaccia – di una nuova presentazione. Il primo, balzato alle cronache come “l’emendamento Pogliese”, era stato presentato da Fratelli d’Italia: riscriveva le regole sui crediti da lavoro – per esempio stipendi e straordinari non pagati – tutto a favore delle imprese. I lavoratori sarebbero stati costretti a fare causa alle proprie aziende per non rischiare di perdere i crediti, entro cinque anni (anche in costanza di rapporto) e soprattutto entro 180 giorni dalla lettera di diffida. Insomma, regole che condannavano i lavoratori a perdere la gran parte dei crediti che spettano loro a causa di inadempienze dei loro datori. Un attacco ai diritti dei lavoratori di proporzioni tali da far arrabbiare persino la Cisl, che solitamente è morbida con il governo Meloni. L’emendamento è stato ritirato ma si aspetta una versione un po’ più leggera.
L’altro emendamento – molto richiesto dalle agenzie per il lavoro e dalla Cisl – allungava il periodo in cui le aziende possono usare lavoratori somministrati assunti a tempo indeterminato dalla loro agenzia. Anche in questo caso è facile che torni presto in una versione praticamente uguale a quella ritirata a fine luglio.