corriere.it, 30 agosto 2025
Il business milionario delle gare di piccioni a Taiwan: per vincere si fa di tutto, dai rapimenti alle richieste di riscatto
Rapimenti, richieste di riscatto, viaggi su treni ad alta velocità in segretezza. A volte, vengono tenuti senza cibo per migliorare le prestazioni e la velocità. Di chi stiamo parlando? Di piccioni. Piccioni, sì, usati durante le gare tra volatili che spopolano a Taiwan.
La notizia potrebbe sembrare comica, ma rivela un business milionario, pieno di zone grigie, in cui il benessere degli animali è messo in dubbio: sull’isola asiatica, le competizioni di volo sono una cosa seria, e in tanti sono ossessionati da quello che definiscono uno sport.
La tradizione nacque durante la fase del dominio giapponese di Taiwan (dal 1895 al 1945) e diventò in breve un popolare passatempo della classe operaia; oggi conta migliaia di investitori, circa 200 mila allenatori, 80 club che gestiscono un milione di pennuti all’anno e ricavi altissimi: si parla di 40 mila euro per il proprietario del piccione vincente, e montepremi complessivi di 170 mila euro a stagione (dato ufficiale; altre stime raccontano di 4 milioni). Le normative però rimangono ambigue, con ampio spazio di miglioramento.
Pur di vincere le gare, i proprietari dei pennuti si sono ingegnati in svariati modi: si arriva persino a clonare il chip di tracciamento installato su uno dei piccioni concorrenti per installarlo su un secondo già presente al traguardo, o rapirli per farli viaggiare su treni ad alta velocità. E poi doping, separazione di coppie cresciute insieme per fare in modo che volino più velocemente l’uno dall’altra, o mettere un piccione estraneo nella gabbia di un piccione accoppiato e separato, per usare la gelosia come catalizzatore. «Succede di tutto, ho visto qualsiasi cosa», commenta al Guardian Wu Chung-ming, a capo dell’associazione nazionale delle gare dei piccioni. Wu riferisce inoltre che la sua organizzazione si sta adoperando per promuovere normative più trasparenti, che permettano ai giocatori di partecipare in maniera più pulita, e ai piccioni di essere più tutelati.
Per il governo, le competizioni hanno una forte componente criminale, e spesso sono coinvolte gang, maltrattamenti di animali e scommesse clandestine, su cui si punterebbero molti più soldi di quelli dichiarati: la polizia ha già attuato sequestri milionari.
Gli allevatori invece replicano che non sono mai state fornite delle linee guida chiare, e che non si tratta di giochi d’azzardo.
Gli animalisti non sono mai stati a favore di questo “hobby”, soprattutto da quando, alla fine degli anni ’90, è stato spostato dalla terraferma al mare: negli ultimi decenni i piccioni vengono infatti caricati su dei container; liberati in mare, per gareggiare devono rientrare a Taiwan sorvolando l’oceano in qualunque condizione climatica. Alcuni report parlano di una mortalità del 98%. «È una tradizione estremamente radicata nella società taiwanese», commentano a riguardo le associazioni locali per la protezione degli animali, che chiedono maggior controllo. «Anche noi lo desideriamo — risponde Wu — Per me andrebbe bene tornare alle gare basate sulla terraferma». «Se c’è una competizione, c’è sempre chi prova a imbrogliare», aggiunge un altro allevatore, Huang Nai-shun. «Passo moltissimo tempo ad allenare i piccioni per le gare, e spendo tantissimi soldi. Non è facile, lo fai solo se ami farlo». L’entusiasmo è condiviso anche dai partecipanti, che riferiscono «È come allenare un atleta per le Olimpiadi», «Li alleniamo con tanta cura, e anche da lontano e con il brutto tempo riescono a tornare a casa, è commovente».
Per il momento, di sicuro c’è solo che nonostante le numerose richieste di animalisti e non solo, le regolamentazioni hanno fatto pochi passi avanti