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 2025  agosto 31 Domenica calendario

Intervista a Franco Berrino

«L’amore è la medicina più potente che abbiamo».
Dottore, ma non era l’alimentazione?
«Anche. In questo periodo della vita, però, è l’amore a sorprendermi. Sa, mi sono risposato. Lei si chiama Cinzia, un’anima cristallina. In due facciamo 150 anni».

È vitalità pura Franco Berrino, medico epidemiologo tra i più autorevoli per gli studi sulla correlazione cibo-cancro e «guru» della vita sana. Merito del nuovo libro, Il nostro veleno quotidiano (Solferino), in uscita il 16 settembre, e delle seconde nozze, a 81 anni, dopo aver perso la compagna di sempre, Jo.
Ce lo ha tenuto nascosto.
«Lo sto dicendo ora. E comunque, le gioie autentiche hanno più gusto se restano intime. Anche a Milano, lo scorso aprile, nella Sala dei Matrimoni di Palazzo Reale eravamo pochi».
Come vi siete conosciuti lei e Cinzia?
«Per caso, dopo il Covid. La pandemia l’aveva messa in difficoltà: venne da me in cerca di lavoro. Con il tempo è nata una sintonia spontanea, ci siamo piaciuti. Di lei, che veniva dal mondo della moda, mi ha colpito il senso della bellezza. Di me dice che sono un diamante, “perché sei puro, si vede attraverso”. Le nostre vite si erano già sfiorate più volte, anni prima, senza che lo sapessi. È stata lei a confessarlo».
Ovvero?
«Quando lavoravo all’Istituto dei tumori di Milano, il primo mercoledì di ogni mese tenevo una conferenza aperta al pubblico. L’aula era sempre gremita: c’era gente persino sui gradini. Cinzia stava rannicchiata là: non ha mai perso un incontro. All’epoca era lei che seguiva me, oggi sono io a seguire lei (ride)».
Si spieghi.
«Ho passato la vita sui libri e ancora adesso mi perdo negli esperimenti. Risultato? Pentolini dimenticati sul fuoco e carbonizzati – secondo lei – perché, nel mentre, scrivo, leggo, appunto. “Basta alchimie, fai qualcosa di ludico”, mi ha detto un giorno. Ci siamo iscritti a un corso di tango: appassionante, come le arti marziali. Impari la tecnica, poi vai di fantasia».
Per la serie: non è mai troppo tardi.

«Molti pensano che gli anziani siano ai margini di ogni possibilità di crescita e miglioramento. Macché! Le grandi culture del mondo hanno sempre cercato le chiavi di un’esistenza felice con un obiettivo: quello della longevità. Oggi in Italia ci sono centenari che stanno meglio dei settantenni perché hanno avuto uno stile di vita sano. Sotto questa soglia anagrafica vedo troppe malattie gravi. Io voglio immaginare un’altra fine: invecchiare bene, senza pesare su società, famiglia, figli. Si può, con cibo sano, movimento e meditazione».
In pratica?
A colazione è perfetto l’avocado di Sicilia Per pranzo mangio cereali integrali, legumi e verdure Carne solo un paio di volte l’anno
«Io, ad esempio, comincio la giornata con il Surya Namaskar, il saluto al sole: in un minuto risveglio il corpo. A seguire qualche passo di tango, una doccia e via con le pratiche quotidiane come i Cinque Tibetani, esercizi antichi che aiutano a mantenere elastiche le articolazioni. Basta poco per ritrovare energia e centratura: dieci minuti al giorno, anche solo per un saluto al sole, possiamo ritagliarceli».
Poi c’è l’alimentazione.
«Ho cominciato a interrogarmi sul cibo con la nascita dei miei figli: Gilles nel 1972 e Jacopo l’anno dopo. Mi chiesi cosa fosse giusto mettere nei loro piatti e così ho scoperto il biologico quando ancora era agli esordi. Negli anni Novanta ho incontrato la macrobiotica: mi ha fatto capire che l’alimentazione non è solo una somma di nutrienti, ma è energia vitale».
Cosa dovremmo mangiare?
«Prodotti della terra, quanto più possibile a km zero e di stagione. Abbiamo una biodiversità invidiabile: approfittiamone. A colazione muesli, cecine, kefir, frutta cotta, semi tostati, pane, tè verde in foglia, tisane... Niente zuccheri aggiunti. Il caffè di tanto in tanto: crea dipendenza. A pranzo cereali integrali, legumi, verdure: couscous con vegetali misti, purea di fave con cicoria, orzo perlato con lenticchie nere e verdure al forno, frittate di ceci. Sulla carne la scienza è chiara: come tutti i cibi di origine animale, va consumata con prudenza. Io la mangio un paio di volte all’anno: pollo ruspante. L’ultima? A memoria dello yak, sull’Himalaya, con i miei amici Sherpa».
Resta la cena.
«Frugale, entro le 19. Io ho scelto di saltarla, mi fermo alla merenda. Ma per le famiglie di oggi è il solo pasto della giornata insieme. Quando ci sono i ragazzi vale il convivio. Consiglio minestre, creme di verdure, legumi leggeri o cereali in piccole quantità».
Ha parlato di prodotti a km zero, ma le piace l’avocado della Sicilia, 1.300 km più a Sud.
«Mezzo frutto a colazione è salutare, ricco e saziante. E comunque sempre meglio di quelli che importiamo da altre latitudini».
Tra qualche anno transiterà sul ponte di Messina.
«Il ponte sullo Stretto non è una priorità. La vera emergenza è la sanità pubblica, in crisi dopo anni di scelte politiche che hanno favorito la sanità privata, nella cieca illusione neoliberista che il mercato potesse aggiustare tutto. Oggi la sanità non previene: ripara organi danneggiati da stili di vita scorretti. La vera prevenzione sta nel coraggio di togliere le cause delle malattie: tabacco, zuccheri, alimenti industriali di cui parlo nel nuovo libro. Ma questo significa toccare interessi enormi. Nessun politico ha la forza di farlo».
Cosa suggerisce di fare?
«Investire in scuola, cultura, informazione libera. Invece anche i media spesso tacciono: certi argomenti si evitano per non turbare il potere economico. Io voglio aumentare la consapevolezza delle persone, fa la differenza: credo nella responsabilità individuale e collettiva, nella forza di una cittadinanza informata».
Non si arrende, il sistema proprio non le va.
«Ai convegni scientifici ero temuto per le mie posizioni sulla falsa prevenzione. Mi davano dell’alternativo. Io sono un medico. E da medico considero vere medicine anche il cibo, il movimento, la meditazione. I colleghi dovrebbero prescriverli nelle ricette. Ma pare che prevenire con l’alimentazione non sia redditizio, quindi si continua a prescrivere farmaci».
Umberto Veronesi.
«Il mio mentore. Dopo la laurea, per evitare il militare, andai in Costa d’Avorio con un programma di ricerca: per due anni tenni il registro dei tumori. Nel 1975 lui mi chiamò all’Istituto nazionale dei tumori che, allora, era noto per gli studi sul cancro al seno. Volevo capirne le cause, ma servivano soldi. Così abbozzai un piano di finanziamenti e glielo sottoposi».
Lui?
«Trovò i soldi. Nel 1985 partì lo studio “Ordet”, acronimo per “ormoni e dieta” nell’eziologia dei tumori. Scoprimmo che se il testosterone e il glucosio nel sangue sono alti le donne si ammalano di più. Dopo, con il progetto “Diana”, “dieta e androgeni”, capimmo come abbassare glicemia e testosterone partendo dalla tavola. Gli studi dimostrarono che una dieta priva di zuccheri raffinati, ricca di cereali integrali, legumi, frutta e verdura in cinque mesi ne riduceva i valori. Ecco la vera prevenzione».
Ci ha mai litigato?
«Quando valutai di emigrare in Canada, per un’ottima offerta, chiesi di mantenere una consulenza a Milano. La risposta fu secca: “Se va via, sarà cancellato dall’Istituto”. Da uomo atipico, con un certo penchant per pazzi, amava lavorare con gli spiriti ribelli. Era il suo modo per dire quanto tenesse a me. Ma non fu un litigio. Non si litiga con un essere superiore».
È vero che ha salvato la vita a Al Bano, Gianni Morandi, Paolo Bonolis?
«No. Sono video fake: voci e volti clonati, usati per pubblicizzare farmaci che non ho mai consigliato. Una truffa che si ripete».
Dottore è quasi ora di cena. Che farà?
«Una passeggiata sulla spiaggia con Cinzia. Siamo in Puglia. Niente cena, ci siamo concessi un gelato. Alla fine, sgarriamo anche noi. Poi a letto, in attesa del prossimo risveglio fatto di sorrisi silenziosi. Vorrei che la nostra vita fosse la speranza di una nuova longevità».
Non teme la morte?
«Può anzi essere bellissima. Io voglio viverla con consapevolezza e senza malattie: toglierebbero il gusto all’eccezionalità di questa esperienza. E comunque la fine dei giorni non può far paura a chi si è accorto di vivere e lo ha fatto con coscienza».