Avvenire, 30 agosto 2025
Trump ingaggia i “mercenari” per la pace in appalto di Haiti
Poco più di duecento chilometri dividono Port-au-Prince da Cap Haitien, l’antica capitale coloniale. La distanza geografica, però, è inversamente proporzionale a quella reale. La Route Nationale 3, che le unisce, percorrendo l’isola da sud a nord, è sotto il controllo delle gang. I loro posti di blocco esigono un pedaggio variabile a seconda delle caratteristiche del passante. Pagarlo riduce drasticamente ma non azzera il rischio-sequestro. Per questo pochi decidono di correrlo. E ancora meno possono permettersi l’aereo. Il resto si rassegna all’immobilità forzata. Il conflitto post-moderno di Haiti – in cui non si affrontano eserciti ma bande armate cresciute insieme all’implosione dello Stato – si basa sul sistema medievale dell’assedio. Nel giro di dodici mesi, però, i centri urbani non saranno più vasi non comunicanti. I cittadini potranno circolare liberamente sulla Route Nationale senza essere fermati dalle bande armate. A garantirlo – «sarà il metro del mio successo» ha detto – è Erik Prince, il “signore della guerra” per antonomasia. Il fondatore della Blackwater è tra i protagonisti del dramma bellico globale degli ultimi tre decenni. A parte gli anni della ribalta durante il conflitto al terrorismo di George W. Bush in Iraq e Afghanistan, l’ex navy seal deciso a emancipare i conflitti «dalla burocrazia sclerotizzata del Pentagono» ha svolto il suo lavoro perloppiù dietro le quinte. Ad Haiti è sbarcato in punta di piedi lo scorso marzo con la sua nuova creatura – “Vectus Global” –, scalzando un altro colosso della sicurezza privata Usa, la Studebaker Defense, attiva dal settembre 2024 ma costretta a ritirarsi dopo la sparizione di due contractor. L’ex premier ad interim, Gary Conille, accusato di aver chiamato la società senza autorizzazione per addestrare la polizia locale, è stato silurato. Il successore, Alix Didier Fils-Aimé, non è stato, tuttavia, più trasparente. I termini del contratto siglatocon Vectus è top secret. Da cinque mesi, però, si vedono i droni della compagnia sorvolare i cieli di Port-au-Prince per scovare i capi della coalizione di gang Viv ansanm. E scagliare bombe sui loro quartiere-roccaforte con un bilancio per difetto della Rete nazionale per i diritti umani di almeno 300 uccisi. Quanti di questi siano miliziani e quanti civili è difficile dirlo. I video delle esplosioni avevano già invaso i social, quando c’è stato l’annuncio ufficiale di Prince, in un’intervista esclusiva a Reuters.
Il mercenario 55enne ha dichiarato di avere ricevuto dalle autorità un incarico di dieci anni per sconfiggere i gruppi armati e «riorganizzare» la riscossione delle tasse sulle importazioni dalla confinante Repubblica Dominicana. Le sue truppe – tra 150 e 200, provenienti da Stati Uniti, Europa e El Salvador – sono già sul campo e a breve comincerà la nuova fase della battaglia. Un’armata privata composta in gran parte da cecchini, specialisti in intelligence e comunicazioni e rifornita di elicotteri e navi integrata in una task force speciale coordinata dall’ufficio del primo ministro. Quest’ultimo, però, non dispone del budget per garantire ai poliziotti munizioni e benzina per le auto. Avvenire ha raccolto le testimonianze di vari agenti barricati in commissariati fatiscenti e privi di mezzi. Come può permettersi, dunque, ora, lo Stato di contrattare le “forze speciali” di Vectus e pagare i loro onorari milionari? Il dipartimento di Stato lo nega ma, come gli esperti di sicurezza ripetono, la pista conduce dritta alla Casa Bianca. Prince è un sostenitore di vecchia data di Donald Trump. La sorella, Betsy DeVos, è stata segretaria dell’Educazione nel primo mandato in cui il tycoon ha concesso la grazia ai quattro contractor della Blackwater condannati per il massacro di 14 civili in Iraq. Un’attenzione ricambiata dal loro ex capo con l’appoggio – in primis finanziario – nell’ultima campagna. E in consulenze “private” sui principali dossier strategici.
Da quando il tycoon è tornato a Washington, Prince ha ricevuto ingaggi remunerativi dagli alleati in America Latina – vedi l’ecuadoriano Daniel Naboa – e in Africa, a partire dal governo congolese. Ora è approdato ad Haiti che rappresenta un laboratorio cruciale della nuova strategia di “privatizzazione” della sicurezza internazionale in atto dall’Ucraina a Gaza. L’altra faccia della diplomazia mercantilistica – a colpi di affari, ricatti e minacce – attuata dal leader repubblicano. Le istituzioni dell’isola, già al collasso, sono private anche formalmente delle funzioni fondamentali a cui sono deputate: monopolio della forza e raccolta dei tributi. Fatto quest’ultimo inedito che il governo si ostina a smentire. Quanto al primo è stato determinante il disinteresse della comunità internazionale. Le Nazioni Unite chiedono da tempo ai Paesi di dispiegare una missione. Dopo anni, sono riuscite ad ottenere l’invio di una forza multinazionale a guida kenyana tuttora in fase di pre-dispiegamento. «Non ha ancora raggiunto i livelli di personale, le risorse materiali o i mezzi finanziari richiesti. Questo è in gran parte il motivo per cui non ha funzionato in modo efficace», sottolinea Ricardo Germain, analista strategico e fondatore di Réseau 3-intelligence.
Vectus avrà maggior fortuna? «Il punto è la sostenibilità dei risultati. Nella migliore delle ipotesi, Prince potrebbe ottenere vittorie tattiche che, tuttavia, non sarà in grado di consolidare – aggiunge l’esperto –. I numeri sono a favore delle bande che hanno un enorme bacino di reclutamento». In base agli ultimi dati dell’Unicef, il reclutamento dei minori è cresciuto del 700 per cento dal 2025. C’è poi il rischio concreto di un ulteriore bagno di sangue. Le gang reagiranno all’offensiva. «Finora sono rimaste a guardare in attesa di capire. Ma non sembrano intenzionate a cedere. Si batteranno con ferocia per la loro sopravvivenza». Il sogno di Prince di liberare la Route Nationale potrebbe trasformarsi nell’ennesimo incubo per gli haitiani