La Stampa, 30 agosto 2025
Dino Zoff amareggiato dalla fine del calcio in Italia
«Servirebbe una rivoluzione culturale, ripartendo dal piacere di giocare a pallone per far divertire i bambini. Forse solo così si potrebbe ricostruire tutto, ma il fatto è che ormai non ci sono quasi più bambini in Italia...». Dino Zoff sorride amaramente, ma da grande saggio e da uomo di calcio va alla radice di un problema che parte da lontano e ha riflessi sempre più pesanti sul primo sport del nostro Paese. Il nuovo campionato è iniziato con il record negativo di italiani schierati in campo nella prima giornata: solo 98 (il 31,1% dei 315 calciatori utilizzati dalle 20 squadre), a conferma di un trend storico sempre più preoccupante per la Serie A e per la Nazionale, che rischia di saltare il terzo Mondiale di fila anche per l’invasione straniera.Zoff, da capitano simbolo dell’Italia campione del mondo nel 1982, siamo al punto di non ritorno?«La Nazionale deve andare al Mondiale: sarebbe davvero una tragedia sportiva mancarlo ancora. Una qualificazione, invece, farebbe riprendere quota a tutto il movimento e magari anche a invertire questa tendenza».Ma lei come si spiega questa crisi di un calcio italiano senza più italiani in campo?«Non c’è grande fiducia nei giovani, però per me il campo dice sempre la verità: in Serie A giocano i più bravi e quindi è un problema con il talento».Non riusciamo più a farlo emergere?«Si parla tanto di allenatori e poco di giocatori... Poi il talento non è mai in abbondanza, ma va trovato, protetto e guidato nel modo giusto».Come si può trovare una soluzione?«Puntare sui vivai italiani può essere una soluzione. Chiudere le frontiere, invece, non si può più: il calcio è internazionale e così i club pescano i giocatori in giro per il mondo, già pronti e meno cari».Milan, Verona e Udinese hanno schierato un solo italiano nella prima giornata, il Como ha utilizzato 16 stranieri su 16 e Fabregas dice che tra uno spagnolo e un italiano farebbe giocare un italiano, ma che non li trova...«Ha ragione e torniamo al discorso del talento e degli allenamenti per emergere. Il Como mi aveva già colpito la scorsa stagione, per me è stata una squadra spettacolare e sta facendo ancora meglio adesso».Ma senza nessun italiano in campo non si perde anche l’identità?«È una logica conseguenza».Sembra un cortocircuito. Come si ferma?«Da noi ci sono sempre meno praticanti e tanti più sport ad attirare l’attenzione. Lei vede ancora dei bambini giocare per strada o negli oratori?».In verità sono spariti anche gli oratori...«Appunto. Fino a qualche tempo fa un bambino stava ore a giocare al pallone con gli amici, fino a quando non faceva buio e la mamma chiamava per cenare. Così c’erano anche tanti giocatori e le faccio l’esempio del mio Friuli: negli Anni ’70 e ’80 c’erano una dozzina di calciatori in Serie A e tre in Nazionale. Ora nessuno, se togliamo i portieri: qualcosa vorrà dire».Sono cambiate le abitudini?«Mi rendo conto che ormai i ragazzi guardano solo gli smartphone o hanno altri interessi, ma c’è anche una carenza di giovani: è più facile organizzare una partita di tennis che di pallone».Forse perché Sinner sta diventando lo sportivo italiano di riferimento? Grazie alle sue imprese il tennis vive un autentico boom: ci sarà il sorpasso sul calcio?«Quando arrivi al vertice si crea subito attenzione e lui è perfetto in tutto. Però il calcio resta primario e prioritario in Italia: per questo serve rivedere gli azzurri ai Mondiali e non posso credere che un Paese calcisticamente forte come il nostro non possa andarci».Ora tocca a Gattuso rompere il tabù: ha un consiglio da dargli? Da campione del mondo a campione del mondo, da ct a ct...«Che lavori con le proprie idee, tirando fuori il meglio che ha. Poi le regole dello sport sono determinazione, voglia e mai piangersi addosso: lui le conosce bene e le incarna perfettamente».Aver vinto un Mondiale può aiutarlo in questa impresa?«Aiuta. Ha un curriculum che gli dà una certa forza e ha la qualità per portare avanti l’Italia. Il Mondiale per me è stato il momento più alto della carriera. Vincerlo è il sogno per chi inizia a giocare a calcio: spero che i nostri se lo ricordino per dare il massimo».Gigio Donnarumma, il capitano di questa Nazionale, non sta giocando: dopo aver aiutato il Psg a vincere la Champions, è stato messo fuori rosa. Lei come se lo spiega?«È davvero una cosa strana e mi spiace per lui. Però sono altrettanto sicuro che ripartirà bene: ha vinto gli Europei con l’Italia e la Champions. È un grande portiere».Per giustificare la scelta, il tecnico Luis Enrique ha detto che voleva un portiere più bravo con i piedi...«Il portiere deve conservare il suo compito fondamentale, che è quello di parare. Poi se è bravo anche con i piedi, ben venga, ma è un valore aggiunto. Io sarò vecchio, ma penso sia un fallimento quando vedo che in una squadra tocca più palloni il portiere del centravanti...».