la Repubblica, 30 agosto 2025
Il caffé più caro d’Italia
Il caffè al bar? Devo deluderla: io non so quanto costi, perché non mi lasciano pagare mai. Proprio mai eh, non c’è verso. Gli amici, i baristi, niente. Però mi sono informato, ho chiesto ai miei collaboratori, perché la questione è seria, mica uno scherzo. Per noi figli del Sud il caffè al bar è vita, esistenza, una filosofia, un rito, come diceva Luciano De Crescenzo di cui siamo tutti eredi, lui, a dire la verità ci aggiungeva anche la sigaretta, quando ancora si fumava». Clemente Mastella, secondo mandato da primo cittadino di Benevento, 78 anni, attivissimo, infaticabile, affilata memoria della Dc che fu, beve un caffè, ca va sans dire,nel suo gabinetto di sindaco, tra gli affreschi, gli specchi e le cornici dorate di Palazzo Mosti.Vista da qui «l’emergenza tazzulella» che secondo diverse statistiche avrebbe eletto Benevento – ottantatreesimo posto per qualità della vita, reddito pro capite tra i più bassi del Paese – capitale del caffè più caro d’Italia, appare davvero bizzarra, incongruente, come gli scrosci di pioggia che lavano le pietre antiche mentre il sole resiste tra le nuvole. «Mi dicono che quel prezzo, un euro e cinquanta a tazzina qui a Benevento non lo chiede nessuno. Sarebbe assurdo per il tenore di vita delle persone. Mi risulta anzi che il costo medio sia di un euro e venti centesimi, addirittura un euro. Io non ho un potere di controllo su quanto applicano i bar, due anni fa quando ci furono dei rialzi incontrollati noi dal Comune chiedemmo a “Mister prezzi”, l’organismo del governo, di vigilare. Non ci hanno mai risposto, capito come funziona?», sottolinea ironico Mastella. «Comunque se c’è qualche bar che prova a far pagare la tazzina oltre misura, il mio consiglio è: non andateci e fatelo sapere in giro». In giro, appunto. Tocca allora uscire dalle stanze del sindaco, dopo aver parlato, anche, di Europa, di un matrimonio lungo cinquant’anni, festeggiato da coppia reale a Ceppaloni, «Sandra e io siamo stati benedetti da papa Leone», di nipoti (sei), di Pnrr e di demografia in picchiata. Uscire per capire quanto siano reali – e non soltanto proiezioni – quelle classifiche della Fipe, ma anche della piattaforma Withub rilanciate in questi giorni – secondo le quali a Benevento il caffè costerebbe più che a Bolzano, città ai vertici della ricchezza in Italia. Nel cuore di corso Garibaldi, centro storico assai ben restaurato, al caffè“Caruso, Wine and Bakery” per un espresso ci vogliono un euro e venti al banco e un euro e trenta al tavolo, come raccontano, gentilmente, Giovanna Iulic e Mattia Fiengo che gestiscono il bar. «È vero, abbiamo dovuto aumentato i prezzi pochi mesi fa, ma non come dicono in televisione: qui ci sarebbe il deserto». E il caffè, com’è noto, è un archetipo, quindila conversazione si allarga a due colleghi ingegneri in pausa post-pranzo. «Tutte assurdità: noi prendiamo tre tazzine al giorno sempre in bar diversi, ma nessuno chiede quelle cifre. Benevento si è impoverita, come potremmo fare?».In effetti in questa empirica improvvisata statistica lungo Corso Garibaldi, fino alla chiesa di Santa Sofia, orgoglio del Sannio, i centesimi variano di poco. «Mi fa un espresso ristretto? Quant’è?», «Un euro e venti grazie», risposta del “Quintessenza bakery cafè”, seguendo lo struscio lungo il corso è tutto un fiorire inglesizzante posto delle vecchie denominazioni, bar o caffè. «Così è più moderno», ridono Antonio e Pino, vent’anni, seduti davanti alla gelateria “Mi piace”, dove, attenzione, il caffè costa un euro. «Giusto così. Io ne prendo anche quattro o cinque al giorno, da noi è forte, stretto, è il vero espresso, se aumentano i prezzi mi ci vuole il mutuo per sedermi al bar, sono tutte bugie per parlare male di Benevento».Forse. Forse no. Però il nervosismo si sente nella città dove il premio Strega qui celebra la semifinalenel teatro romano, le vetrine con il liquore della famiglie Alberti declinato ovunque tra torroni, confetti, gelati a forma di mela con il cuore di marzapane. «Siamo preoccupati, il costo delle materie prime è sempre più alto – dice Anna Santaniello dell’Antico Caffè Dino Rosa – da una settimana all’altra ci sono balzi incredibili. Noi il caffè lo facciamo pagare un euro e venti, che diventano uno e quaranta al tavolo. I clienti non mancano anche se, lo vediamo, la gente fa sempre più fatica. Ma alla fine a un dolce e a una tazzina non rinuncia nessuno». Chissà. Con non poca fantasia c’è chi come il bar Colonna davanti alla stazione, propone un euro per il caffè ma venti centesimi in più per una goccia di latte. Strategie e tattiche di sopravvivenza. Il chicco di caffè come metro del nostro benessere-malessere. In attesa della tempesta perfetta dei dazi americani.