la Repubblica, 30 agosto 2025
L’Osservatore Romano ignora la vicenda del progetto di uccidere il Papa a Trieste
In Vaticano si respira un sentimento di prudenza, se non di scetticismo, nei confronti delle notizie di un fallito attentato dell’Isis a papa Francesco durante il suo viaggio dell’estate 2024 a Trieste. Non perché i Papi non siano vittime di attentati, anzi, né tanto meno per sfiducia nelle indagini. Ma il quadro che filtra è ancora molto ingarbugliato, la stessa questura di Trieste ha gettato acqua sul fuoco, il cittadino turco in carcere sembra un profilo ben diverso da quel Mehmet Ali Agca che sparò a Karol Wojtyla nel 1981 e molto diverso è il contesto mondiale.La notizia in sé, peraltro, era nota già dai giorni della partecipazione di Bergoglio alla Settimana sociale dei cattolici a Trieste, l’anno scorso, il sospettato è stato arrestato in Olanda ad aprile. La tempistica a scoppio ritardato con cui sono uscite le ultime rivelazioni consiglia un surplus di circospezione. L’ Osservatore Romano, per dire, non ha dedicato neppure una riga alla vicenda.Beninteso, Jorge Mario Bergoglio poteva essere un bersaglio del jihadismo, e lo è stato. Nel libro- autobiografico Spera (Mondadori), lui stesso ha raccontato di essere scampato a due attentati in un contesto, va detto, ben più pericolosi di Trieste, l’Iraq, dove si recò a marzo del 2021. «Mi era stato sconsigliato quasi da tutti quel viaggio», raccontò Francesco, «ma io lo volevo andare fino in fondo. Sentivo che dovevo. Sentivo il bisogno di andare a trovare il nostro nonno Abramo, l’ascendente comune di ebrei, cristiani e musulmani». A un certo punto,però, «la polizia aveva avvisato la Gendarmeria vaticana di un’informativa giunta da servizi segreti inglesi: una donna imbottita di esplosivo si stava dirigendo a Mosul per farsi esplodere durante la visita papale. E anche un furgone era partito a tutta velocità con il medesimo intento».A rigor di logica può risultare strano pensare che l’Isis volesse colpire un Papa che dopo l’attentato aCharlie Hebdo esclamò: «Se uno mi offende la madre, gli do un pugno». In effetti, «per quanto era amato Francesco anche in buona parte del mondo musulmano, un’operazione del genere avrebbe gettato cattiva luce sull’Isis», ragiona Nello Scavo, giornalista di Avvenire e autore del libro I nemici di Francesco (Piemme), «ma bisogna vedere se non fosse un’iniziativa di cani sciolti, che puntavano ad accreditarsi nella galassia terrorista, e non avevano neppure gli strumenti ideologici per valutare l’implicazione delle loro azioni. E poi colpire Francesco avrebbe significato colpire un simbolo del dialogo con l’islam, un dialogo avversato dall’estremismo». Oggi Francesco non c’è più, quanto agli eventi di Trieste, Oltretevere si attende che lo sviluppo delle indagini chiariscano meglio cosa è successo. In Iraq, Bergoglio poi si volle informare dell’epilogo della vicenda: «Il comandante mi rispose laconicamente: “Non ci sono più”. La polizia irachena li aveva intercettati e fatti esplodere. Anche questo mi ha colpito molto. Anche questo era il frutto avvelenato della guerra».