la Repubblica, 30 agosto 2025
Un piano per uccidere Papa Francesco
Un piano per uccidere Papa Francesco. Ad architettarlo l’Isis Khorasan, cellula terroristica del fondamentalismo jihadista sviluppata da Abu Bakr al-Baghdadi, autoproclamato emiro dello “Stato Islamico”, eliminato da un blitz Usa in Siria a fine ottobre 2019. È questa la pista su cui intende fare luce la procura di Trieste, affiancata dai servizi segreti italiani, che ha portato in carcere Hasan Uzun, 46 anni, cittadino turco riparato in Svizzera prima dell’arresto in Olanda, eseguito lo scorso 3 aprile dall’Interpol. L’uomo, estradato il 27 giugno e ora in una cella d’isolamento nel carcere del capoluogo giuliano, è accusato di “porto e detenzione abusiva di armi in concorso”. Per gli investigatori potrebbe però non essere solo un semplice trafficante di armi, commercio fiorente a cavallo del confine che separa l’Italia dai Balcani. Hasan Uzun, secondo quanto rivelato dal Piccolo, sarebbe l’uomo che il 6 luglio 2024 ha abbandonato una valigetta nel bar della stazione ferroviaria triestina: all’interno, una pistola automatica con quattordici proiettili. Era la vigilia della visita di Bergoglio in città per la chiusura della settimana sociale dei cattolici italiani. La notizia del ritrovamento del trolley con la pistola calibro 9, a poche ore dall’arrivo del Papa, fu riportata da tutti i media internazionali.Nessuno, fino all’individuazione del turco Uzun grazie alle telecamere interne dello scalo ferroviario, aveva però ricordato l’attentato del 13 maggio 1981 in piazza San Pietro contro Giovanni Paolo II per mano di un altro turco, Ali Agca, killer affiliato agli estremisti di destra dei Lupi Grigi. Nessun elemento, se non la nazionalità dei protagonisti, collega per ora i due fatti. E «nessuna evidenza – assicura una nota della questura locale – è emersa tra possibili progettualità ostili o omicidiarie nei confronti del Santo Padre da parte del cittadino turco arrestato». Dunque, nessun «presunto progetto di attentati», mentre l’uomo «sarebbe inserito in circuiti criminali non correlati al terrorismo di qualsivoglia matrice». Procura triestina e intelligence sono però al lavoro per chiarire perché Huzun abbia lasciato una pistola dentro una valigia in una Trieste blindatissima per l’arrivo del Papa. Le indagini, estese all’estero, puntano anche a dare un nome eun ruolo ai possibili complici. Due uomini hanno maneggiato il trolley dopo il suo abbandono. Un terzo ha poi accompagnato Huzun in treno a Milano: grazie a un doppio passaporto l’uomo ha tentato di entrare in Svizzera, la stessa nazione in cui anche Ali Agca aveva prelevato la pistola con la quale sparò due colpi contro Papa Wojtyla.Al vaglio della pm Cristina Bacer ci sono ora le immagini degli impianti di sorveglianza che hanno registrato ogni mossa dell’arrestato. A partire dalle 15.48 del 6 luglio 2024, quando è entrato nel bar della stazione, Huzun, ha più volte controllato il cellulare, «quasi fosse in attesa di altre indicazioni». Particolari definiti «importanti»: l’uomo, che dopo aver lasciato la valigia accanto a una colonna ha acquistato una nuova sim del telefono e ha distrutto quella vecchia, non risulta aver alcun contatto in Italia e alcun motivo per trovarsi a Trieste, da cui è ripartito alle 17.05 a bordo di un Frecciarossa.A tradirlo, la prontezza della barista: notato il trolley sospetto, prima di chiudere il locale in anticipo ha fatto intervenire gli agenti della Polfer. Grazie all’immediato sequestro della valigetta con la pistola, quando Huzun ha cercato di rientrare nel bar, quattro minuti dopo, si è visto la strada sbarrata dalla polizia. Da chiarire anche le ragioni che hanno spinto i due uomini filmati dalle telecamere, ma non identificati, ad armeggiare attorno al trolley: la procura triestina vuole accertare se fossero i destinatari della Luger calibro 9, o se siano stati loro a introdurla tra vestiti e una scatola di scarpe. Per ora gli inquirenti non hanno inviato alcun atto delle indagini a Lucrezia Chermaz, avvocato difensore di Hasan Huzun. A collegare l’arrestato a Papa Francesco, l’allarme-terrorismo scattato il 6 luglio 2024. Una nota riservata dei servizi segreti, il 7 agosto di un anno fa ha spinto Marco Casavecchia, gip del tribunale di Trieste, a spiccare il mandato di arresto europeo eseguito in Olanda. In quel documento è citata la possibilità di un attentato contro Bergoglio da parte dell’Isis K, il califfato di Raqqa guidato da Abu Bakr al-Baghdadi fino alla morte. Missione: istituire uno “Stato islamico” centroasiatico che, partendo da Siria e Afghanistan, potesse conquistare l’Europa. Lo scorso anno le milizie dell’Isis K hanno rivendicato una serie di tragici attacchi tra Kerman in Iran, Mosca e Istanbul: proprio in Turchia la sparatoria dentro una scuola cattolica, condannata da Papa Francesco.