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 2025  agosto 30 Sabato calendario

Buffett festeggia i 95 anni con 160 miliardi in tasca

«A 95 anni, Warren Buffett non va in pensione: festeggia continuando a lavorare anche nei weekend». Così il sito di notizie finanziarie MarketWatch commentava scherzando, qualche tempo fa, il traguardo anagrafico raggiunto oggi (è nato a Omaha, in Nebraska, il 30 agosto 1930) dal quinto uomo più ricco del mondo secondo Forbes, e l’annuncio, fatto a maggio scorso, del suo ritiro dalle cariche operative della Berkshire Hathaway, l’azienda tessile rilevata nel 1965 e trasformata in una formidabile holding di investimenti finanziari. Al suo posto arriva Greg Abel, ma lo stesso Buffett ha rassicurato tutti con la solita ironia: «Non starò a casa a guardare soap opera». 
E così, mentre Warren Buffett spegne le sue 95 candeline, il mondo finanziario celebra lui e il suo patrimonio, stimato circa 160 miliardi di dollari. Ma «il più grande investitore del mondo» (la definizione è del Financial Times) non è soltanto un uomo d’affari: è un simbolo, quasi un personaggio letterario, l’ultimo grande narratore del capitalismo americano. 
La sua biografia, in una miscela di semplicità e leggenda, di aneddoto e strategia, scorre parallela a quella dell’America del Novecento e di questo primo accenno di nuovo Millennio: il ragazzo che da bambino vendeva porta a porta lattine di Coca-Cola è da decenni l’oracolo a cui Wall Street si affida per capire il senso delle tempeste. Buffett è stato per decenni una rarità: un investitore le cui lettere annuali agli azionisti venivano lette come testi sacri, mentre i suoi aforismi hanno influenzato più di un’intera generazione di manager e risparmiatori. 
La sua storia inizia nel pieno della Grande Depressione. Padre deputato repubblicano (lui da adulto sarà invece democratico centrista), madre severa, il piccolo Warren si appassiona presto ai numeri e al mercato. «A sette anni ho iniziato a leggere libri sugli investimenti. A dieci avevo letto praticamente tutti i volumi della biblioteca pubblica di Omaha», ama raccontare lo stesso Buffett. «Sono stato fortunato: trovare la propria passione è magnifico». Dopo una visita al New York Stock Exchange, a soli 11 anni, con i risparmi dei lavoretti, compra la sua prima azione; a 13 compila già la dichiarazione dei redditi. «Ero diventato un capitalista», scriverà molti decenni dopo in una lettera agli azionisti della Berkshire. 
Durante gli anni della scuola consegna di casa in casa il Washington Pos t, di cui poi diventerà azionista nel 1973, coltivando l’arte «del lancio del giornale». Per questo, ogni anno, nelle teatrali assemblee dei soci della Berk-shire a Omaha, quella che ormai è «la Woodstock del capitalismo», viene proiettato un filmato con gag e citazioni della sua vita, tra cui le immagini di un giovane Buffett che consegna un giornale, a ricordo dei suoi umili inizi. 
Ma l’incontro-svolta della sua vita, come spesso ricorda lo stesso Buffett, è quello con Benjamin Graham, professore alla Columbia University di New York. Negli anni Quaranta, Buffett si era infatti iscritto alla Business School proprio perché lì insegnava Graham, già celebre autore di Security Analysis (1934) e, nel decennio seguente, di The Intelligent Investor (1949), testi che sono diventati la «Bibbia» del value investing. Buffett ha sempre detto che proprio la lettura di The Intelligent Investor è stata «l’esperienza più importante della mia vita dopo la nascita dei miei figli». 
Una volta laureato, il giovane Buffett riesce a farsi assumere dal suo maestro alla Graham-Newman Corporation. Lì, per due anni, impara sul campo il rigore dell’analisi, la disciplina dell’investimento e l’ossessione per il «margine di sicurezza»: comprare azioni solo quando il prezzo è ben al di sotto del valore stimato. Alla fine, lo schema di investimenti messo a punto da Graham viene adottato alla lettera dal futuro «Oracolo di Omaha». 
Col tempo, però, Buffett supera l’approccio puramente numerico del maestro. Guidato anche da Charlie Munger, sceglie un metodo più qualitativo: preferire aziende eccellenti a prezzi giusti piuttosto che quelle mediocri a prezzi stracciati. Questa è la filosofia che applicherà poco dopo alla Berkshire Hathaway. 
Siamo all’inizio degli anni Sessanta, la Berkshire è una vecchia azienda tessile in declino e Buffett ne compra le azioni perché sottovalutate, secondo i criteri di Graham. Quando i dirigenti gli fanno un’offerta che lui giudica sleale, acquista tutti i titoli fino a prenderne il controllo nel 1965. Sarà una vittoria di principio, più che una scelta strategica: anni dopo ammetterà che si trattò di uno dei suoi «peggiori affari» sul piano industriale. Ma è da quell’errore che è nato il suo capolavoro: Berkshire viene trasformata da fabbrica tessile morente a holding finanziaria, una sorta di scrigno in cui far confluire assicurazioni, banche, ferrovie, compagnie energetiche e marchi iconici, come Apple, quest’ultima la sua più grande partecipazione di sempre. 
Ma Buffett non è inciampato solo quella volta. Memorabile è il caso della Dexter Shoe, l’azienda di scarpe del Maine acquistata nel 1993 con azioni Berkshire. Scelta fatale: la concorrenza delle importazioni spazza via i profitti. Buffett stesso definisce l’acquisto «il mio errore più raccapricciante». Da allora ha fissato una delle regole auree di Berkshire: ridurre al minimo l’emissione di nuove azioni. E Dexter, ancora oggi, resta il suo caso esemplare di errore trasformato in lezione.