Corriere della Sera, 30 agosto 2025
La guerra dei droni tra boss e polizia
La guerra dei droni continua. Un altro bot volante diretto in un carcere, con 600 grammi di droga e telefoni cellulari, è stato intercettato a Foggia ed è stato abbattuto. Il capo della Procura di Napoli, Nicola Gratteri, questa guerra, la combatte da anni.
Non sarebbe più facile schermare le strutture?
«La problematica dell’uso dei droni per il trasporto negli istituti penitenziari di armi, droga e telefoni cellulari, è sicuramente all’attenzione delle autorità dell’Amministrazione penitenziaria. Alcune strutture penitenziarie sono state dotate di moderni sistemi antidrone. Tale copertura, però, non ha interessato tutte le strutture penitenziarie italiane, perché i costi sono risultati molto alti».
La permeabilità non è comunque legata solo ai droni…
«Ci sono altri sistemi con i quali vengono elusi i controlli da parte del personale della polizia penitenziaria, sempre ancora sottodimensionato rispetto alle esigenze nazionali, per cui il fenomeno continua a comportare anche problemi per l’ordine e la sicurezza interna, in quanto la presenza di droga e telefonini innesca pure guerre interne per la gestione del mercato illegale».
C’entrano i clan?
«Sono convinto che tutto questo sia architettato dai detenuti appartenenti alla criminalità organizzata, quindi di alta sicurezza, che in effetti hanno il controllo degli istituti penitenziari in cui si trovano. Controllo che consente loro di arricchirsi, pur se in carcere e di avvalersi della manodopera dei detenuti di media sicurezza che, in effetti, sono alle dipendenze dei detenuti di alta sicurezza».
Cosa si può fare?
«Si potrebbe prevedere una diversa organizzazione delle carceri. Organizzazione che possa anche conciliare gli aspetti della riduzione della spesa pubblica anche in materia di sicurezza. Considerando il numero dei detenuti presenti in Italia, si potrebbero destinare pochi istituti penitenziari per ospitare esclusivamente detenuti al 41bis (che sono tra i 700 e i 750) e detenuti di alta sicurezza (oltre novemila). Queste strutture dovrebbero essere dotate delle più sofisticate tecnologie per la sicurezza interna ed esterna, tra cui i sistemi antidrone e la schermatura, con l’impiego di personale di polizia penitenziaria ben individuato e formato per garantire anche dei controlli rigidi e più approfonditi. Ma il problema, dei tanti telefoni cellulari nelle carceri, lo si risolve, installando, quantomeno nelle carceri dove c’è l’alta sicurezza, degli inibitori di frequenza che impediscono l’uso dei telefoni».
Parliamo delle supercarceri?
«Sì. In queste strutture penitenziarie, le supercarceri, anche la scelta dei suoi vertici, direttore e comandante, dovrebbe essere fatta esclusivamente del capo del Dipartimento. Le circolari del Dap sono già ben chiare. Malgrado ciò, la situazione del circuito di alta sicurezza continua a rimanere un grosso problema. Le carceri sono gestite dalla criminalità organizzata e queste sono ragioni ancora più pregnanti per ritenere che la soluzione da me prospettata sia la più idonea in questo momento storico del sistema penitenziario italiano».
Quanti cellulari girano nelle carceri italiane? C’è una stima?
«Non sono in possesso di questo dato. Posso però affermare con certezza, anche per le inchieste concluse, che il numero è veramente allarmante. E non si tratta oramai di sistemi per la semplice comunicazione ma anche di smartphone che consentono ai detenuti, e quindi alla criminalità organizzata, di poter anche spostare denaro e controllare il proprio potere attraverso il web».
Come vede il carcere duro?
«In Italia, Paese democratico, non esiste il carcere duro. Esiste il regime del 41bis cui sono sottoposti detenuti per i quali il legislatore ha ritenuto che debbano essere assicurate appropriate misure di vigilanza, di controllo e di gestione al fine di evitare che possa comunque continuare, pur se in carcere, a poter comandare la propria organizzazione criminale. È un regime efficace per la lotta alle mafie. Lasciatemi pure dire che i detenuti al 41bis non sono interessati da sovraffollamento, perché il numero dei reclusi non può mai superare quello dei posti previsti nelle carceri in cui sono ospitati. I detenuti 41bis sono ospitati in sezioni normali ma in celle singole per cui non sarà mai possibile un problema di convivenza».