Corriere della Sera, 30 agosto 2025
Delrio contro la Schlein
«Giorgia Meloni ha una strategia efficace: entra in sintonia culturale con mondi diversi dal suo. Il centrosinistra quella strategia non l’ha ancora trovata. Ma deve. Altrimenti avrà un problema, per esempio con il mondo cattolico». Graziano Delrio, anima cattolica del Partito democratico, di recente ha fondato l’associazione Comunità democratica, proprio con l’obiettivo di «sanare il divorzio fra cultura e politica e instaurare reti».
Senatore Delrio, al Meeting di Rimini Meloni ha fatto il pieno di applausi.
«Meloni, che prima nel suo integralismo di destra-destra non era capace di farlo, sta imparando a parlare con certi mondi. A Rimini si è vista un’evoluzione intelligente dal punto di vista politico che presuppone un progetto che riscontro anche sui territori. Chi pensa che nel 2027 sarà inesorabilmente sconfitta, credo non colga questa evoluzione».
Parla del suo partito, il Pd?
«Non voglio dare giudizi, ma siccome a me interessa che il centrosinistra vinca le elezioni, non posso non notare che mentre Meloni ascolta ed entra in sintonia culturale con mondi lontani da lei, come Cl o la Cisl, il centrosinistra sembra non essere in grado di mettere in campo una sua strategia per parlare a quanti, non sentendosi rappresentati, si rifugiano nell’indifferenza e quindi nell’astensionismo».
Di chi la responsabilità, della segretaria Schlein?
«Direi di un certo sguardo dell’attuale Pd, fisso a sinistra. Solo a sinistra. Manca l’approccio interclassista. Perfino Togliatti, che pur si muoveva in un contesto ideologico che di per sé non facilitava l’ascolto di mondi diversi, parlava di ceti medi. Facendo capire che un partito di governo deve avere l’ambizione di usare anche il loro linguaggio».
La difficoltà è essere di sinistra e interclassisti?
«Forse. Il mondo cattolico ha tantissime risorse, non vanno tralasciate».
Pensa che il mondo cattolico non interessi a Schlein?
«Guardi, ognuno ha la sua sensibilità. E il Pd è un partito plurale. Bisogna mettersi intorno a un tavolo e far sentire ciascuna di queste sensibilità a casa. Oggi è stato recuperato un profilo identitario. Bisogna fare in modo che sia inclusivo, non escludente».
Come? Individuando un federatore come Ernesto Ruffini, che abbracci l’area moderata e cattolica?
«Io lavoro con Comunità democratica sugli argomenti. Il federatore, casomai, verrà dopo. Ma da pd dico: perché rinunciare a rappresentare sensibilità, appaltando il compito ad altri? Sarebbe un grandissimo errore immaginare di proporre una quercia e tanti cespugli».
Come includere, allora?
«Iniziando subito quel lavoro di ascolto. Ora, non sotto voto. Prendiamo un esempio eclatante: la condizione femminile, soprattutto al Sud. Chi lavora per affrancare le donne da condizioni di disparità di ogni genere, deve avere un luogo in cui portare il proprio contributo. I partiti non hanno tutte le risposte. Questo Meloni l’ha capito».
E Schlein no?
«Lo capisce anche lei, certo. Solo che bisogna agire con incisività. Dire agli altri, che pure svolgono ruoli fondamentali a livello sociale, “abbiamo bisogno di voi”. Altrimenti corriamo un grande rischio».
Quale?
«Che Meloni seguiti a fare bella figura, al di là della sua azione di governo».
Come a Rimini.
«Sì, sebbene nella realtà non abbia mantenuto un solo impegno concreto. La sua fragilità è nelle azioni che riguardano la vita degli italiani».
Il Pd non attacca abbastanza il governo sulle promesse non mantenute?
«Il punto è che non basta dire cosa Meloni non fa. Bisogna dimostrare di avere una strategia concreta per dare risposte. Bisogna dimostrare di essere, appunto, un partito di governo».