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 2025  agosto 29 Venerdì calendario

"Con Cairo un Toro anonimo: Sogno l’azionariato popolare"

«Quel 31 agosto in una saletta dell’aeroporto di Roma che l’Alitalia mi aveva prestato c’eravamo io, Luca Giovannone e Urbano Cairo: lì è rinato il Torino, sono passati vent’anni». È quasi il compleanno del club gestito dall’imprenditore di origini alessandrine, che il 2 settembre del 2005 acquista la società granata da Sergio Rodda e Pierluigi Marengo, cioè i cosiddetti Lodisti entrati dopo il fallimento di Cimminelli. «Ma non c’è niente da festeggiare, sarà una giornata triste e mesta», dice Roberto Salerno, nato a Torino, ex senatore di An. Era la terza persona presente a quell’appuntamento in qualche modo storico: è lui a farli incontrare, sfruttando anche il ruolo istituzionale per trovare un padrone ai granata».Cosa è rimasto dei sogni e della speranza di quell’anno?«Niente. Tutti ci auguravamo potesse rinascere il Torino, invece tutto ciò che abbiamo visto è l’anonimato di una società che tira a campare».Rifarebbe tutto da capo?«Non penso, l’ho fatto per una piazza che meritava ben altro protagonismo da parte di un presidente che si era proposto come un uomo di sport, pronto ad investire per riportare il club al livello giusto».E invece?«Cairo ha gestito i granata come una finanziaria, ma il Torino è un’altra cosa: ha un patrimonio, le squadre che vengono a giocare qua vanno prima a Superga».Torniamo al passato: come aggancia Giovannone e Cairo?«La situazione era tesa, con la piazza in tumulto e un sindaco che non sapeva più cosa fare. Vado a prendere Giovannone dopo l’assalto all’hotel Campanile di Moncalieri, poi scappa e si rende irreperibile. Lo rintraccio e lo convinco ad incontrare Cairo, ero riuscito ad avere il suo numero di telefono grazie ad un amico».I tre poi arrivano nello studio dell’avvocato Munari per firmare: neanche un brindisi?«Un presagio: propongo di andare al ristorante, Cairo rilancia con il pronto pizza».Da oltre un anno la piazza è in mobilitazione costante: come se ne esce?«La storia con Cairo deve finire, altrimenti a sparire sarà il Torino, almeno come immagine, storia e tifosi cui siamo abituati. Resistono solo i 40/50 enni che hanno visto vincere qualcosa, ma di questo passo tra una decina d’anni non ci sarà più nessuno».Sarebbe disposto a fare da ambasciatore della voce della gente?«Sì, se riuscissimo a creare una mobilitazione generale: l’azionariato popolare può essere la strada giusta, il calcio deve avere una radice».Si allungherebbero i tempi...«No, basta accendere la scintilla. A chi piace dopo 20 anni vedere una squadra che va in campo senza lottare come successo a San Siro? Il problema parte dalla cima, non c’è spirito né passione».
Solo Cairo però può decidere per sè...
«I presidenti hanno diritto a restare quanto vogliono, ma hanno anche obblighi verso i tifosi. Se non riescono a rispondere alle esigenze del popolo, abbiano il coraggio di dirlo e di ascoltare le proposte in arrivo»