La Stampa, 29 agosto 2025
Il Comune di Bologna spiega perché darà le pipe da crack gratis ai drogati: «È legge»
«Dire che la droga fa male è banale. Chi amministra ha un compito in più. È necessario confrontarsi con la realtà cercando di raggiungere anche le persone più marginalizzate». Per l’assessora al Welfare del Comune di Bologna, Matilde Madrid, e per il sindaco Matteo Lepore (Pd), sono ore delicate dopo le polemiche innescate dalla distribuzione gratuita di pipe monouso per l’assunzione di crack. «Le critiche del centrodestra ce le aspettavamo», aggiunge, «ma le rispediamo al mittente: studino prima di parlare».Assessora, facciamo un passo indietro. Qual è la genesi di questa iniziativa?«Nasce dalla consapevolezza che la diffusione del crack è in aumento, specie tra le persone che vivono in marginalità sociale. Non solo a Bologna. E chi fa uso di questa sostanza spesso riscontra patologie secondarie come epatiti, Hiv o malattie derivanti dal consumo, dallo stile di vita e anche dall’utilizzo di strumenti per fumare non monouso o addirittura improvvisati, come lattine e bottiglie».In che modo interviene questa misura?«Si chiama riduzione del danno e dal 2017 non è più solo una buona pratica ma una legge dello Stato. Fa parte dei livelli essenziali di assistenza. È una prestazione che dev’essere garantita sui territori e che le regioni devono disciplinare. Alcune lo hanno fatto, anche se governate dal centrodestra».Non è un paradosso intervenire così?«Negli Anni 80 e 90, per contrastare la diffusione di malattie tra chi faceva uso di eroina, si distribuivano siringhe monouso e sterili. Oggi nessuno si sognerebbe di mettere in discussione l’efficacia di quell’iniziativa. L’obiettivo immediato non è far uscire le persone dalla dipendenza, ma limitare il danno. Poi c’è il vero valore aggiunto».Quale?«La relazione che si instaura nel momento della distribuzione: la pipa viene consegnata all’interno di una relazione di fiducia che si consolida con l’operatore sociale o sanitario. All’interno di questa relazione non giudicante la persona non è vista solo come consumatore ma come portatrice di bisogni: la si ascolta, ci si confronta sullo stato di salute, la si accompagna in un percorso di consapevolezza. E spesso succede che dopo un po’ ci chiedano aiuto per uscirne».Perché allora tutte queste critiche?«Innanzitutto, ci tengo a precisare che la sperimentazione è partita più di un anno fa. A metà luglio abbiamo presentato i risultati. Poi, due giorni fa, questa valanga di polemiche. Le persone che fanno politica e parlano con gli slogan dovrebbero prima studiare».Si riferisce a quanti hanno detto che «il comune di Bologna vuole i cittadini drogati»?«Governare una città, un Paese, significa provare a cambiare le cose confrontandosi con la realtà. Sporgere denuncia nei confronti del sindaco o dire che la droga fa male, che è un’affermazione che condividiamo tutti, non cambia le cose. Pensiamo a lavorare per la salute delle persone, anche quelle che nessuno raggiunge. E bisognerebbe pensare a come fare la propria parte anche a livello nazionale».Per esempio?«Si dovrebbe investire molto di più sulla prevenzione. Ma anche in ambito sanitario su trattamenti, inserimenti in comunità. Ripeto, non serve denunciare un sindaco».Questa cosa la preoccupa?«Al contrario: sono molto tranquilla. Se ci portano in tribunale, produrremo tutto il materiale scientifico e giuridico su cui ci siamo basati».A proposito di contrasto, lei è favorevole alla legalizzazione delle droghe cosiddette “leggere”?«Il consumo individuale e le problematiche che porta con se l’uso di sostanze è solo la punta di un iceberg. Il contrasto ai narcotraffici deve essere la priorità numero uno. Reprimere il piccolo consumatore, stigmatizzarlo senza attaccare la radice del problema – che implica sottrarre i guadagni delle grandi organizzazioni – non ha molto senso in una prospettiva di lunga durata».Le critiche del centrodestra erano attese. La reazione del Pd nazionale vi ha convinti?«Si sono espressi a sostegno della nostra scelta molti esponenti del Partito democratico, parlamentari e amministrazioni di altre città».Quindi non temete di essere lasciati soli nel difendere questa misura?«Assolutamente no. La politica ha parlato chiaramente e anche nei dibattiti tra le reti sociali c’è piena condivisione. Ci sono altre città che attuano questa misura e speriamo se ne aggiungano altre»