La Stampa, 29 agosto 2025
L’Europa pronta alla guerra
Fabbriche di munizioni e di polvere da sparo che aumentano esponenzialmente le loro linee produttive. Confini blindati con campi minati e bunker per la popolazione. Governi che lanciano programmi per insegnare ai civili, bambini compresi, a pilotare un drone. Piani per allestire ospedali militari nei pressi degli aeroporti. E poi i grandi progetti nel campo dell’industria della Difesa per arrivare ad avere un unico carro armato e per sviluppare aerei da combattimento di nuova generazione, con Emmanuel Macron e Friederich Merz che ieri si sono incontrati per cercare di rivitalizzare il programma Scaf.Dopo le promesse e gli impegni sottoscritti, in sede Ue e soprattutto al vertice Nato, il piano di riarmo europeo e quello per la preparazione alle crisi entrano nel vivo, passando dalle parole ai fatti. Ursula von der Leyen partirà oggi per un tour che toccherà sette Paesi lungo il confine orientale proprio per vedere come procede la “messa a terra” del RearmEU in questa regione e per mandare un messaggio chiaro: al di là degli sviluppi sul campo in Ucraina e a prescindere da un eventuale accordo di pace – questa la sua analisi – la Russia rappresenta la principale minaccia per la sicurezza nel Vecchio Continente. Che quindi è chiamata attrezzarsi per erigere le sue barriere protettive, anche in vista di un ormai conclamato graduale disimpegno americano.Ieri la Nato ha confermato che tutti gli Alleati hanno portato le loro spese militari al 2% del Pil, raggiungendo il vecchio target fissato per il 2025. Anche l’Italia, che quest’anno dovrebbe stanziare 45 miliardi di euro. Ma dopo il vertice dell’Aia l’asticella si è alzata significativamente e i governi si sono impegnati a incrementare gli investimenti nella Difesa, portandoli al 5% del Pil entro il 2035: le spese militari “tradizionali” dovranno salire al 3, 5%, ma bisognerà spendere un ulteriore 1, 5% per gli investimenti nella Sicurezza e per le infrastrutture legate alla Difesa.In termini numerici, la Germania è il Paese in cui sono in corso i maggiori investimenti, portati avanti soprattutto con il colosso dell’industria militare Rheinmetall. Mercoledì si è mosso il segretario generale della Nato, Mark Rutte, per inaugurare lo stabilimento di Unterluss, vale a dire quella che diventerà la principale fabbrica di munizioni in Europa (a regime, dal 2027, dovrebbe produrre 350 mila pezzi l’anno). In parallelo, la Rheinmetall ha firmato accordi per potenziare la produzione anche in alcuni Paesi che si trovano sul fianco orientale. In Romania, grazie a un investimento da mezzo miliardo di euro, ci sarà un impianto che produrrà polvere da sparo per le munizioni. In Bulgaria, una joint venture da un miliardo consentirà di produrre in loco proiettili d’artiglieria, oltre a polvere da sparo. Già entro la fine del 2025, l’Europa sarà in grado di produrre due milioni di munizioni l’anno: un livello sei volte superiore a quello di due anni fa.Le ex repubbliche baltiche si stanno invece specializzando nella produzione di droni, con la Lettonia che fa da capofila in una coalizione di Paesi guidata in tandem con il Regno Unito. Durante la sua visita nel Paese, von der Leyen visiterà le linee produttive finanziate con i fondi Ue. I Baltici non sono attivi soltanto sul fronte della produzione, ma stanno sviluppando una vera e propria educazione all’utilizzo dei droni: nelle scorse settimane il governo lituano ha lanciato un programma educativo che, attraverso corsi di formazione, punta a fornire nell’arco dei prossimi tre anni le competenze necessarie per controllare un drone a quindicimila civili, tra cui settemila bambini. Saranno coinvolte anche le scuole, a partire dalla terza e dalla quarta elementare: i più piccoli – ha spiegato il governo – «saranno coinvolti nella costruzione e nel pilotaggio di semplici droni attraverso esperimenti pratici e giochi». Gli studenti più grandi lavoreranno invece alla progettazione.In Polonia il premier Donald Tusk porterà von der Leyen nell’Est del Paese, dove è in corso la realizzazione dello Scudo Orientale, un sistema di fortificazioni per blindare tutta la frontiera e prevenire eventuali attacchi. All’inizio dell’estate, il governo di Varsavia ha annunciato i lavori per installare dei campi minati al confine con Kaliningrad.Francia e Germania hanno ripreso le discussioni per rilanciare il progetto Scaf, al quale partecipa anche la Spagna, per lo sviluppo di un caccia multiruolo di sesta generazione che entro il 2040 dovrebbe prendere il posto dell’Eurofighter Typhoon e del Dassault Rafale. In parallelo, l’Italia lavora con il Regno Unito e il Giappone nel quadro del programma Gcap (Global Combat Air Programme) per un progetto alternativo, sviluppato grazie a una partnership nella quale sono coinvolte Leonardo, la britannica Bae e la giapponese Jaiec, che all’inizio dell’estate ha ottenuto il via libera della Commissione. Sul fronte dei mezzi di terra, Bruxelles ha approvato un finanziamento da 20 milioni per avviare lo studio per progettare il primo vero carrarmato europeo che coinvolge 51 aziende da tredici Paesi, inclusa l’Italia: secondo il programma Marte, il primo prototipo potrebbe arrivare nel 2030.Sulla scia della strategia sulla “Preparazione”, definita dalla Commissione sulla base degli input ricevuti dal rapporto dell’ex presidente finlandese Sauli Niinisto, molti Stati hanno iniziato ad attrezzarsi per non farsi trovare impreparati di fronte a eventuali emergenze, siano esse di natura sanitaria, ambientale, ma anche militare. In Francia sta facendo discutere l’indiscrezione, pubblicata dal Canard enchainé, secondo la quale il governo avrebbe scritto alle agenzie sanitarie regionali per chiedere agli ospedali di attrezzarsi per accogliere e curare migliaia di soldati feriti in caso di necessità e di creare dei centri, in prossimità di porti e aeroporti, per rimpatriare i militari stranieri feriti.La missione di von der Leyen – che nei prossimi quattro giorni visiterà ben sette Paesi Ue (ma non le “ribelli” Slovacchia e Ungheria – va inquadrata anche nell’ambito del piano Safe, il fondo da 150 miliardi per finanziare attraverso prestiti a tassi agevolati gli investimenti congiunti nel campo della Difesa. Sin qui sono diciotto gli Stati membri che hanno presentato la richiesta di fondi per un totale di 127 miliardi: al primo posto c’è la Polonia, che vuole 45 miliardi, seguita da Francia (15-20 miliardi), Italia (15) e Romania (10). I restanti Paesi hanno richiesto cifre minori, mentre altri si sono detti interessati a partecipare agli appalti congiunti, ma senza accedere ai finanziamenti messi a disposizione dalla Commissione. Entro la fine di novembre, gli Stati dovranno inviare a Bruxelles i loro piani nazionali per gli investimenti nella Difesa.