la Repubblica, 29 agosto 2025
L’ex consigliere di Salvini diventa ambasciatore a Mosca
Ci sono date che segnano una storia, viaggi che restano scolpiti nelle cronache. Quello di Matteo Salvini in Russia nell’ottobre del 2018, tra molti: rese evidente il rapporto strettissimo tra la Lega e il Cremlino, provocò un ciclone politico e mediatico culminato nei celebri incontri presso l’hotel Metropol. Ecco, a organizzare quelle missioni russe fu anche Stefano Beltrame, in quei mesi consigliere diplomatico dell’allora ministro dell’Interno. Da ieri, Beltrame è il nuovo ambasciatore italiano a Mosca.Non è uno qualunque, ma un diplomatico di lungo corso. Con una costante, che ricorre nella seconda e decisiva fase della carriera: il Carroccio. Dopo incarichi diplomatici tra Bonn, Washington, il Kuwait e Teheran, infatti, il primo contatto con i leghisti: tra il 2010 e il 2013 è consigliere diplomatico del governatore veneto Luca Zaia. Diventa quindi console generale a Shanghai, per decisione di Emma Bonino. Quindi il grande salto, nel biennio 2018-2019, al fianco di Salvini: è l’epoca dei viaggi a Mosca, ma anche a Washington dove governa ancora Donald Trump. Tra il 2022 e il 2023, la promozione ad ambasciatore in Austria. Quindi, dal 2023, di nuovo consigliere per un ministro del Carroccio, stavolta però al fianco di Giancarlo Giorgetti all’Economia. A fine 2024, la nomina decisiva ad ambasciatore di grado. Ed è proprio negli ultimi mesi che prende forma,a fatica e non senza tensioni, l’ultimo clomoroso balzo.È il giugno del 2025, la Farnesina decreta una nuova tornata di ambasciatori. Beltrame, sostenuto da Giorgetti, punta alla sede di Buenos Aires. Tajani, in consiglio dei ministri, legge un elenco in cui l’uomo del ministro del Tesoro non c’è: il titolare dell’Economia si impunta, blocca le altre nomine (ad eccezione della successione di Mariangela Zappia a Washington, su cui non si può rimandare). Inizia un braccio di ferro politico, finché Beltrame incrocia proprio Tajani alla festa della Guardia di Finanza. I due si parlano, si chiariscono: alla prima occasione utile, avrà soddisfazione.E siamo agli ultimi giorni. Il ministro degli Esteri richiama a Roma una diplomatica di sua stretta fiducia, Cecilia Piccioni, ambasciatrice d’Italia a Mosca dal luglio del 2024. La promuove alla guida della Direzione generale per gli affari politici (Dgap), quella affidata fino a ieri a Pasquale Ferrara, figura centrale nella diplomazia italiana. Grazie alla riforma della Farnesina presentata proprio ieri, Piccioni ricoprirà anche la casella di vicesegretario generale.Fin qui, la cronaca. C’è però anche la politica, a pesare, perché i viaggi di Salvini in Russia furono il momento più alto nei rapporti tra la Lega e la galassia putiniana. Adesso, il governo di Giorgia Meloni – fermamente al fianco di Kiev —decide di promuovere un diplomatico in ottimo rapporti con il Carroccio nella sede moscovita. Una nomina nota e avallata da Palazzo Chigi.Non è un caso. Certo, a pesare è anche il pressing di Giorgetti e Salvini, decisi a sostenere il salto dell’ambasciatore. Una pressione talmente forte da aver costretto la Farnesina a depennare altri nomi in lizza, su cui sembrava essersi orientata la struttura. E da aver piegato anche alcuni dubbi della premier, convinta infine dal suo vice. Ma non basta tutto questo a spiegare la svolta. Perché a pesare è soprattutto il nuovo corso deciso dall’amministrazione Trump, che ha imposto unilateralmente agli occidentali uno “scongelamento” nei rapporti con i russi. Da mesi, è infatti in corso un grande“reset” dei corpi diplomatici schierati in Russia. Anche francesi e tedeschi hanno scelto profili meno aspri. Non, però, fino a spingersi in avanti come Roma. Contano i segnali. Per dire, l’inviato speciale del Presidente Usa è Steve Witkoff, che solo poche settimane fa salutò lo Zar mettendosi la mano sul cuore. Palazzo Chigi, la più vicina alla linea trumpiana tra le principali capitali europee – ma anche tra le più esposte con Mosca su diversi dossier economici e aziendali – si mette pesantemente in scia. Manda un segnale diappeasement. Tamente evidente da essere stato notato in queste ore, si apprende, tra Parigi, Londra e Bruxelles.