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 2025  agosto 29 Venerdì calendario

Cattiveria e determinazione: la lezione di Gattuso

Caro Aldo,
ho ascoltato un’intervista a un calciatore che ha ripetuto tre volte la parola cattiveria in meno di un minuto, indicandola come qualità decisiva per vincere. Forse intendeva grinta, ma resta il fatto che termini un tempo confinati agli spogliatoi entrano oggi nel linguaggio pubblico come valori positivi.
C’è da preoccuparsi se la cattiveria diventa un modello anche nella vita, in linea con l’idea di successo spregiudicato resa popolare da Trump. O forse il «politicamente corretto» era solo un velo, e questo linguaggio è sempre stato la vera sostanza del quotidiano?
Rossano Salvatori

Caro Rossano, 
durante la scorsa estate, che fu ricca di avvenimenti sportivi, dagli Europei di calcio alle Olimpiadi, si è discusso molto sul concetto di cattiveria. Quest’estate i padroni dello sport internazionale sono stati talmente improvvidi da lasciare clamorosamente scoperto agosto: il mese in cui le persone hanno più tempo libero era incredibilmente vuoto di sport, i Mondiali di atletica sono stati programmati a settembre, quando ormai l’attenzione degli sportivi è concentrata sui campionati di calcio nazionali. Se non altro, non potendolo seguire, c’è stato più tempo per discutere di sport. 
Cattiveria ovviamente è una brutta parola. Ma quando indica – in campo, in pedana, in pista – la grinta, la determinazione, la voglia di superare l’avversario e se stessi, allora diventa un ingrediente necessario per la vittoria. Ricordo una discussione con i principali protagonisti della scherma italiana. Nella scherma noi siamo la superpotenza; ma non sempre riusciamo a raggiungere i risultati che sarebbero alla nostra portata, forse perché manca proprio quella determinazione agonistica quasi feroce che avevamo visto in Valentina Vezzali e in Elisa Di Francisca. Quest’anno, a luglio, ai Mondiali di scherma siamo andati bene, in particolare nelle competizioni a squadre, dove conta appunto la scuola; siamo andati meno bene nelle competizioni individuali, dove conta la leadership, che al momento non abbiamo. Per quanto riguarda lo sport nazionale, il calcio, il declino del movimento italiano è ovviamente legato al declino e all’impoverimento del Paese; tuttavia, se non siamo riusciti a qualificarci per i Mondiali di Russia 2018 e Qatar 2022, e ci siamo aggrappati a Gattuso per andare in America l’anno prossimo, non è soltanto questione di soldi. Mancano i leader che trascinino il movimento. Mancano i Totti, i Del Piero, i Pirlo, appunto i Gattuso. Manca la classe e manca anche un poco di «cattiveria». Gattuso in campo era cattivo? Nel senso di malvagio, no. Nel senso di feroce, sì. Altrimenti non sarebbe stato Gattuso. E non era questione solo di cuore; era soprattutto questione di testa. Ricordo quando in Germania De Rossi si fece inopinatamente espellere durante Italia-Stati Uniti; il ct Lippi mandò in campo Gattuso, che si era miracolosamente ripreso da una lesione muscolare, e lui d’intesa con Pirlo congelò la partita, tenendo in mano il centrocampo e guadagnando quel pareggio che ci consentì di andare avanti e alla fine di vincere i Mondiali.