il Fatto Quotidiano, 28 agosto 2025
Paolo Sorrentino: “Non firmo più appelli: ho molti dubbi e tempi lenti”
“L’eutanasia? Il cinema ci prova, io me lo auguro”. Paolo Sorrentino apre l’82ª Mostra di Venezia in Concorso con La Grazia, battezzato da applausi a scena aperta. A lungo secretato, il film si svela in Sala Grande: c’è un presidente della Repubblica vedovo e alla fine del mandato, Mariano De Santis, incarnato da Toni Servillo; la figlia egualmente giurista Doriana, ossia Anna Ferzetti; temi sensibili, dall’eutanasia a due richieste di grazia, e ancora una volta le conseguenze dell’amore.
Qual è la prima immagine de La Grazia che le è venuta in mente?
Bella domanda, sa che non mi ricordo? Forse quella che apre il film, il presidente che fuma.
A quale presidente si è ispirato?
A nessuno in particolare. Ci sono dei rimandi a Mattarella, dei rimandi a Napolitano, a Ciampi, a Scalfaro, c’è nel film un episodio di cronaca che si rifà a una cosa che accadde a Pertini. Una serie di riferimenti, ma tutti molto vari e generici: ho evitato di documentarmi troppo approfonditamente sulle vite dei presidenti della Repubblica.
Perché un cattolico?
Ne abbiamo avuti svariati, e poi il dilemma morale in relazione a concedere la grazia a un omicida piuttosto che a firmare o non firmare una legge sulla eutanasia se si innestava su una sensibilità cristiana e su un uomo cattolico era ancor più pressante.
L’eutanasia.
La scelta è particolarmente difficile, perché non è tra bene e male, ma tra un male minore e un altro tipo di male, un piccolo bene e un altro tipo di bene. Da spettatore detesto quei film che vogliono chiaramente stabilire dove sta il bene e dove il male. Doriana chiede ‘di chi sono i nostri giorni?’, e Mariano conclude che ‘i giorni sono nostri’, ma il problema è che, tra questa domanda così semplice e questa risposta così scontata, esiste il grande muro della vita.
La grazia invece cos’è?
Non solo uno strumento di giustizia, ma una serie di valori che la politica secondo me dovrebbe incarnare: si intravedono nel nostro presidente della Repubblica, ma sembrano latitare negli uomini di potere, che anziché frequentare il dubbio sono alla costante ricerca di certezze.
È la sua settima volta con Servillo.
Abbiamo un approccio molto simile fatto di meticolosità e serietà, ma sappiamo stemperare con leggerezza e allegria. Ci lega una grande amicizia, e in questo caso non esistevano tante alternative: un attore con un carisma, un’autorevolezza e l’immediata necessità che fosse credibile come grande uomo delle istituzioni… mi sembrava che Toni fosse tra i pochi in grado di ricoprire con tranquillità tutte queste cose.
Se fosse lei presidente della Repubblica a chi concederebbe la grazia?
Il lavoro che ha fatto Mattarella sulla grazia, in parte minore anche Napolitano, che l’ha concessa a chi ha ucciso in situazioni di grandissima esasperazione legate all’autismo o legate all’Alzheimer… penso che siano azioni di grande responsabilità, anche di grande pericolosità, perché concedere la grazia ti espone sempre a possibili dubbi, critiche. Per quanto si possa dire un retaggio della monarchia, è un istituto che ha una sua funzione.
Il cinema italiano che ha snobbato Parthenope agli ultimi David di Donatello, quindici nomination e zero statuette, lo grazia?
Ma si figuri! Il cinema è un grande gioco e da tempo so che è un’altalena: alle volte sei su, alle volte sei giù.
La grazia esce il 15.01.26, data non utile per concorrere agli Oscar per l’Italia: forse della candidatura patria non ne ha bisogno, perché nel mondo ha alle spalle la potente Mubi?
Io farei un passo alla volta, non mi piace si prendano delle decisioni che poi si possono rivelare deludenti. Siamo qui a Venezia, ancora non so come reagirà la stampa, il pubblico: vediamo che succede.
Le rammarica che il presidente Mattarella non fosse in sala?
No, capisco perfettamente. Il presidente della Repubblica ha cose più importanti da fare che presenziare al mio film.
Gaza (al festival di Sarajevo Sorrentino aveva accolto la definizione di genocidio, in conferenza stampa al Lido non ha risposto circa le posizioni filo-israeliane di Mubi, ndr) ancor prima de La grazia: la Mostra è iniziata parlando non di film, ma di politica. All’appello Venice 4 Palestine manca la sua firma, perché?
Ho imparato negli anni che agli appelli promossi dagli artisti bisogna sempre pensarci due volte prima di firmare. Gli artisti o coloro che hanno a che fare con la fantasia, mi ci metto anche io dentro, siamo spesso un po’ ingenui, un po’ infantili, un po’ emotivi e queste caratteristiche, se sono meravigliose per creare film o libri, sono invece meno efficaci quando si tratta di raccontare l’alta politica. Sicuramente ci voglio pensare: sono in linea con il mio presidente, sono alimentato dai dubbi e ho dei tempi più lenti, non aderisco istintivamente a ogni istanza.