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 2025  agosto 28 Giovedì calendario

Putin-Xi, un vertice del Sud globale per sedurre l’India

Qualche settimana fa, un intellettuale cinese mi ha detto con soddisfazione che alla Cina basta sedersi sulla riva del fiume e attendere: il proprio soft power cresce grazie agli errori della nuova amministrazione americana. I dazi Usa generalizzati hanno frammentato le catene globali e colpito più gli alleati che i rivali. Il ridimensionamento di UsAid ha aperto spazi in Africa, Asia e America Latina, riempiti da Pechino con prestiti e infrastrutture. L’imprevedibilità di Washington ha reso la Cina un partner percepito come affidabile. Il rifiuto americano del multilateralismo ha legittimato piattaforme come Brics, Belt and Road e Sco (Shanghai Cooperation Organization). Non è merito di Pechino, ma frutto di una erosione della vocazione universalistica americana.Il vertice Sco che si apre a Tianjin il 31 agosto conferma questo quadro. È più di un summit regionale: segnala che il baricentro geopolitico si sposta dall’Occidente all’Eurasia. Xi accoglierà oltre venti leader del Sud globale, tra cui Putin, l’indiano Modi, il presidente iraniano Pezeshkian e il segretario generale Onu Guterres. Per la Cina è un nuovo tentativo di scalfire la centralità americana e di accreditare l’immagine di un’Asia capace di organizzarsi senza l’Occidente.La presenza di Modi è la novità più rilevante. Dopo sette anni, torna in Cina non per allearsi con Pechino, ma per un calcolo tattico causato dalle scelte di Washington. Trump ha imposto dazi del 50% sull’export indiano, come sanzione per gli acquisti indiani di greggio russo, passati da meno dell’1% a circa un terzo del fabbisogno totale dell’India. Trump ha invece risparmiato Pechino, primo acquirente di petrolio scontato da Mosca. L’alleato penalizzato e il rivale risparmiato: per Modi è un’ipocrisia che rivela la debolezza americana. La ragione risiede nella vulnerabilità degli Stati Uniti nel campo delle terre rare. La Cina controlla oltre l’85% della lavorazione mondiale e più del 90% della produzione di magneti permanenti. Ogni F-35 richiede oltre 420 chili di terre rare e magneti, un cacciatorpediniere Arleigh Burke più di 2,6 tonnellate e un sottomarino Virginia oltre 4,5 tonnellate, in massima parte provenienti dalla Cina. La potenza militare americana dipende da materiali che Pechino può condizionare a piacimento. È un paradosso strategico: Washington deve tollerare la dipendenza dal rivale che non osa sanzionare, mentre colpisce gli alleati.La presenza di Modi non indica un cambio di campo, ma segnala che l’India ha alternative. La sua immagine accanto a Xi e Putin, con Guterres a legittimare, è un messaggio eloquente per Washington. Per la Russia Tianjin è ossigeno: Putin non detta più l’agenda, ma porta due doti decisive, energia e forza militare. La sua presenza accanto a Xi e Modi certifica che Mosca non è isolata e che la Sco normalizza l’interdipendenza eurasiatica.Dietro la vetrina del Vertice scorrono tre agende. La prima è securitaria: Afghanistan, narcotraffico, confine sino-indiano. La seconda è economica e finanziaria: clearing fuori dal dollaro, valute e strumenti digitali legati allo yuan, che l’India tuttavia accetta solo in parte. La terza è simbolica: estendere la narrativa di autonomia strategica dall’Eurasia al Golfo e al Sud-Est asiatico.Qui emerge il dato strutturale: pur tra rivalità sino-indiana, legame di Pechino con Islamabad e diffidenza Iran-Arabia Saudita, la Sco consente alla Cina di trasformare contraddizioni in convergenze tattiche. È un asse frastagliato ma reale, che non vuole sostituire l’Occidente ma ridimensionarlo, contrapponendo all’incoerenza americana la narrativa di stabilità e l’immagine cinese di “potenza responsabile”.Il vertice di Tianjin non cambierà l’ordine globale, ma confermerà che il mondo può riorganizzarsi senza l’America e in parte contro di essa. La Sco non è un’alleanza, ma uno strumento politico: Xi la usa per rafforzare la centralità cinese, Modi per alzare il prezzo della sua, Putin per mostrare resilienza. Senza Nuova Delhi non esiste contenimento della Cina, eppure è Washington a spingerla verso Pechino. Alla fine, conterà più l’immagine che i documenti: Xi al centro, con accanto Modi, Putin, Pezeshkian e Guterres. È il simbolo di un ordine che cambia.La coreografia proseguirà a Pechino il 3 settembre con la parata per l’80° anniversario della fine della Seconda guerra mondiale in Asia: un dispiegamento di nuove capacità cinesi e un montaggio visivo che unisce memoria storica e modernizzazione militare. Qui Pechino lega l’immagine di “potenza responsabile” alla postura di “potenza capace”, mentre gli ospiti stranieri certificano la normalità di una centralità cinese inedita: la Sco fornisce il contesto diplomatico, la parata il linguaggio della forza.La lezione è tagliente: più gli Stati Uniti alzano barriere in modo incoerente, aggressivo e imprevedibile, più rendono facile a Pechino federare le insoddisfazioni. È la politica dell’egemonia negativa. E la Cina, con pazienza strategica, sembra voler applicare un antico insegnamento cinese: “quando soffia il vento del cambiamento, alcuni costruiscono muri, altri mulini a vento"