Corriere della Sera, 28 agosto 2025
Molte tra le espressioni letterarie che noi citiamo per consolarci e darci coraggio hanno in realtà un significato contrario
Caro Aldo,
rispondendo a una domanda dei lettori prima della pausa estiva, lei scrive che Dante usa la parola «Belpaese» in senso ironico, se non sarcastico. Che cosa intendeva dire?
Federico Sandri, Milano
Caro Federico,
Dante definisce l’Italia «bel paese là dove ‘l sì sona» non in Paradiso, ma nel canto più cupo dell’Inferno, quello del conte Ugolino. Il verso precedente è «Ahi, Pisa, vituperio de le genti». Pisa sarebbe la vergogna d’Italia, perché ha lasciato morire di fame il conte con i suoi quattro «figliuoli» (in realtà due figli e due nipoti). Anche Dante ebbe quattro figli (tre secondo alcune fonti), che patirono fame e stenti e umiliazioni durante il suo esilio; per cui Dante si riconosce nel conte Ugolino. Più volte, in quei versi tra i più alti e drammatici mai scritti da un essere umano, Dante usa espressioni che si prestano a una duplice lettura, anche prima del celebre «più che ‘l dolor poté ‘l digiuno» che fa pensare a un pasto sacrilego; ad esempio quando il conte Ugolino scorge «per quattro visi il mio aspetto stesso», riconosce nel viso dei figliuoli il proprio (cosa c’è di più dolce?), e nello stesso tempo vede su di loro i segni della propria fame (cosa c’è di più terribile?). Anche il verso sul «bel paese» si presta a una duplice lettura: bel paese è quello in cui si fa morire di fame un padre con i suoi quattro figliuoli!
A rifletterci, molte tra le espressioni letterarie che noi citiamo per consolarci e darci coraggio hanno in realtà un significato contrario. Dostoevskij non ha mai scritto che la bellezza salverà il mondo. Rivolgendosi al principe Myškin, il personaggio che dà il titolo a «L’idiota» (non il saggio; l’idiota, anche se in quanto idealista e ingenuo), il giovane Ippolit dice: «È vero principe che una volta avete detto che la bellezza salverà il mondo? Signori – prese a gridare a tutti – il principe afferma che la bellezza salverà il mondo! Ed io affermo che idee così frivole sono dovute al fatto che in questo momento egli è innamorato… Non arrossite principe, mi impietosite. Quale bellezza salverà il mondo?».
Analogamente, quando Shakespeare scrive che «siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i nostri sogni», non intende darci speranza, ma sottolineare la fragilità della nostra condizione. E il coro del Nabucco – «O mia patria sì bella e perduta…» – viene aspramente redarguito da Zaccaria, sacerdote, profeta, insomma leader spirituale degli ebrei, che li invita a smettere di piagnucolare e rimpiangere il passato ma lottare per determinare il futuro