Corriere della Sera, 28 agosto 2025
Le regioni sono satrapie: la sindrome dei cacicchi
Dai, che lo sappiamo come funziona. Stai lì per decenni a tirare la carretta e adesso la ditta di famiglia è tua. Il capomastro risponde a te, ma cerca con gli occhi l’approvazione di tuo padre. Lo zio titolare dello studio d’avvocato si ritira, ma sta lì, ascolta e ti corregge. Ora hai la cattedra, il barone se ne stesse lì a curare le pubblicazioni, che come farà poi, visto che sono venti anni che gliele scrivi tu. Ma poi andate a un convegno, a lui danno una suite che ci puoi giocare a golf, mentre tu hai una stanzetta con il bagno cieco.
Vale anche in politica, non te li scrolli mai di dosso. Certo, adesso sei presidente del Veneto, o della Puglia, o della Campania, e mica ti possono trattare male. Ma allora eccoli che arrivano, i professionisti del torcicollo. Gli interlocutori più importanti ti sorridono e pendono dalle tue labbra. Ma non ci cascare: si chiama vista periferica. In realtà sono lì a non perdersi nemmeno un’alzata di sopracciglio di Luca Zaia, un naso arricciato di Michele Emiliano, gli occhi al cielo di Vincenzo De Luca, o della di lui prole. E allora è almeno comprensibile che Antonio Decaro, Roberto Fico e Alberto Stefani ingoino con difficoltà il rospo di averli sempre lì, tra i piedi, i capi tribù che per almeno un decennio hanno fatto il bello e il cattivo tempo. Magari anche con successo, chi lo nega.
In Puglia c’è un peso massimo, uno che alle Europee si è portato a casa quasi mezzo milione di preferenze, che non ha nessuna voglia di avere al fianco Emiliano e Vendola, uno di qua e uno di là, come i carabinieri di Pinocchio. «Per loro ho stima e affetto – li liquida Decaro – ma la regione non merita un presidente a metà e io voglio essere libero». Stefani, in Veneto, per ora accetta e tace: che deve fare poveretto? Zaia forse gli farà la grazia di fare «solo» il capolista della Lega in tutte le circoscrizioni. In più Fratelli d’Italia gli ricorda che è un miracolato, perché loro di voti ne hanno a bizzeffe, e che, comunque, occhio, perché quando verrà il tempo Giorgia Meloni vorrà la Lombardia. Fico sta al coperto, specie ora che pare ormai fatta. Giuseppe Conte ha manovrato, smussato, cenato con Vincenzo De Luca.
D’altra parte, visto con gli occhi degli ex, dove sta scritto che devono mollare tutto e andare a dare il pane alle papere al laghetto di villa Borghese? Parole di saggezza vengono da Matteo Renzi: «Bisogna saper tramontare», che è una massima che ogni politico è pronto a sottoscrivere finché non tocca a lui.
Insomma, un bel guazzabuglio, in attesa dell’autunno, quando si andrà alle urne. Hai voglia a gomitate fino ad allora, ma l’impressione è che il centrodestra sia più rodato nel trovare un accordo, pur sanguinoso. E alla fine ce la farà anche il Campo largo, o comunque si chiami, ma lì le acque sono più agitate, nonostante la svolta in Campania. Elly Schlein ha provato a adottare la tattica dello «scannatevi tra di voi». Dove era finita? Grecia? Svizzera? Stati Uniti? Boh, non l’ha trovata neanche Federica Sciarelli. Ma alla fine ha dovuto metterci la faccia, per salvare Fico. Ha dovuto dare a Piero De Luca la segreteria regionale, zittendo i suoi giannizzeri, Marco Sarracino e Sandro Ruotolo. Il Gran Campano, Vincenzo, ha continuato a chiedersi perché bisogna dare la presidenza al M5S, che lo hanno sempre osteggiato. Ma è uomo pratico: la segreteria al figlio, liste civiche dove mettere lo zampino, qualche assessorato di peso, più la garanzia che alcuni progetti che gli stanno a cuore vadano a buon fine, e la paura passa, ecco l’accordo. Certo, Elly Schlein paga pegno. Scacicchiare il Cacicco si è rivelato impossibile anche per chi aveva dichiarato guerra ai capibastone, e già formando la Direzione e alle Europee aveva dovuto spartire la torta.
Aria di patteggiamento anche in Puglia, dove c’è il problema dei tre corpi, che pure in astronomia è una bella gatta da pelare. Nichi Vendola: «Il Pd e Decaro non vengano a casa nostra a dirci cosa dobbiamo fare». Michelone Emiliano: «Non mi chiedano ora un passo di lato». Ma poi aggiunge: «L’importante è essere uniti». Segnale di trattativa. Emiliano un ruolo pubblico in Puglia, intanto, lo ha già. Si è nominato rappresentante della Regione nel Consiglio di indirizzo del teatro Petruzzelli. Prima c’era un musicologo, ma si sa, un magistrato, anche quando è in aspettativa, è pur sempre peritus peritorum . Insomma, toni duri e ventri molli, sia in attacco che in difesa, non c’è nulla che non si possa risolvere dando a ognuno la sua parte. Del resto, quando si è imbattuti come Emiliano, De Luca e Zaia, il segreto sta tutto nel non salire mai sul ring, almeno finché si può ricorrere al classico vedere contropartita e dare cammello. E alla fine coabitazione sarà, una poltrona per due: se la vedranno tra loro gli inqui lini