Corriere della Sera, 28 agosto 2025
Calenda spara ad alzo zero contro l’intesa Pd-5 Stelle in Campania
Senatore Carlo Calenda, Azione in molte delle Regioni al voto in autunno potrebbe non presentare la sua lista.
«A non partecipare alle elezioni regionali, da dieci anni in qua, sono gli elettori. L’affluenza media è appena del 45 per cento, e nell’85% dei casi viene rieletto l’uscente. Significa che in queste elezioni non c’è voto di opinione e conta solo il voto organizzato: chi governa e possiede le leve, come i contributi distribuiti con disinvoltura, conquista il consenso. È un problema».
Quindi Azione non partecipa per una forma di dissenso?
«Azione partecipa solo dove c’è un candidato convincente e un programma che possiamo condividere. Altrimenti, partecipando, alimenteremmo un sistema che invece vogliamo smantellare».
Cancellando le Regioni?
«Non dico questo, ma il loro potere si dovrebbe fortemente ridimensionare».
In Campania il problema è il candidato o il programma?
«In Campania sta succedendo una cosa da terzo mondo. Viene candidato Roberto Fico, che ha zero esperienza amministrativa. Fico incassa l’appoggio di Vincenzo De Luca, che l’ha sempre aspramente criticato. E in cambio De Luca ottiene per suo figlio la segreteria regionale del partito del quale ha sempre attaccato la segreteria nazionale. Aggiungo che Elly Schlein era stata eletta segretaria al grido di “basta cacicchi”. È una cosa accettabile? È una cosa che può ottenere il consenso degli elettori liberi? Io credo li lasci attoniti».
Per questo ha detto «piuttosto che sostenere Fico mi taglio una mano»?
«Certo, lo confermo. Piuttosto che contribuire a consegnare la Campania a Fico, mi taglio una mano. Non posso sostenere chi vuole chiudere il termovalorizzatore di Acerra che ha risolto in parte il problema dei rifiuti».
In Puglia lei sostiene il candidato del Pd Decaro.
«Senza difficoltà. Ma lì è Decaro che non assicura la sua disponibilità perché il presidente uscente, Emiliano, pretende di candidarsi in Consiglio per “garantire” i suoi. Ma chi è, l’imperatore di Brindisi? Un feudatario? Sono logiche indecorose».
E in Calabria?
«Appoggiare Pasquale Tridico che ha inventato il reddito di cittadinanza e, mentendo, promette di reintrodurlo a livello regionale con fondi europei non utilizzabili? Mai».
Fico e Tridico sono del M5S. Ma non sostenete neppure il pd Ricci nelle Marche.
«Ricci dice no al termovalorizzatore per ingraziarsi i Cinque stelle. In questi anni l’abbiamo visto passare da una parte all’altra pur di garantirsi il sostegno. Per le stesse ragioni ho dei dubbi anche su Giani in Toscana. Eppure lo sostenevamo prima del suo partito. Ma poi ha fatto una foto con Paola Taverna e aderito a un elenco programmatico di 23 punti, senza averne mai discusso con gli alleati. Tutti punti contrari al nostro e al suo programma. Perché? Tanto più considerando che il M5S in Toscana non esiste».
Il nodo, quindi, è politico: l’asse Schlein-Conte.
«Ma quale asse. C’è un appiattimento di Schlein su Conte. Gli concede tutto. Ho fatto nascere Azione contro la saldatura tra Pd e M5S. Non potrei certo cambiare orientamento ora che Schlein ne segue l’agenda piegandosi sempre ai diktat di Conte».
Se Azione non sarà con il centrosinistra alle Regionali, tanto meno alle Politiche.
«Ma certo. Alle Politiche andremo con una lista indipendente, liberale. Se guardiamo a un progetto di governo nazionale, come potrei fare un’alleanza con i proputiniani che parlano solo di bonus e sussidi, avanzano proposte di politica energetica disastrose e sono contrari alla difesa europea? Schlein continui a fare l’opossum, a fingersi morta senza spiegare come funzionerebbe. Io non posso farlo. Azione è nata con il proposito opposto: assumersi la responsabilità di non prendere in giro gli elettori».
Non rischia che il suo partito si svuoti? Nelle Regioni al voto gli eletti lasciano Azione.
«Lo so. E umanamente io capisco la loro scelta. Un uscente che non ha più la lista per ricandidarsi, si trova in un’impasse. Per questo abbiamo dato loro piena libertà di fare scelte che però non impegnino il partito. Da segretario nazionale non posso aderire a coalizioni che tradiscono i valori sui quali siamo nati».
E le sirene di Forza Italia? Bergamini e Tajani la sollecitano a spostare Azione, a trovare convergenze con loro.
«Un progetto comune con FI si potrebbe costruire, ma solo se si sganciasse dalla sua attuale collocazione. Se non sto con Conte non starò certo con Salvini e Vannacci. Ma in un mondo ideale riformisti, liberali e popolari dovrebbero lavorare insieme. Faccio anche io un appello a quella parte del Pd sconcertata: costruiamo insieme un’altra cosa»