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 2025  agosto 26 Martedì calendario

Intervista a Peppino Di Capri

Peppino di Capri, cantante, pianista e attore, due volte vincitore del Festival di Sanremo. Ha da poco festeggiato nella sua casa caprese il suo 86esimo compleanno.
«Una bella serata, organizzata dai miei figli, con i loro amici. All’inizio ho temuto che non venisse nessuno, poi eravamo in 200».
E lei ha cantato.
«Ho canticchiato, non senza difficoltà, erano tutti stonati. Ma il risultato è stato allegro».
Come ci si sente a festeggiare compleanni così «importanti»?
«Era più bello festeggiare qualche anno fa, quando c’era qualche numero in meno».
Cominciamo da lontano allora. Il primo ricordo.
«Io che costruisco una barca di dimensioni reali nella mia camera, che poi riuscirò anche a far navigare. Avevo 12 anni».
Come fece a farla uscire dalla stanza?
«Dalla finestra, dalla porta non passava. Un’altra volta a scuola avevo costruito un Babbo Natale con un sistema di cablaggio di fili: si apriva lasciando in dono i regali alle classi».
Un mezzo genio.
«Genio no, ero stravagante. A scuola andavo così così. Ho scoperto da adulto che mio padre andava ogni lunedì a parlare con i professori. Pensavo non gli importasse nulla».
Nel film «Champagne – Peppino di Capri» di Cinzia TH Torrini emerge un rapporto difficile con suo padre Bernardo.
«Un uomo del Sud vecchia maniera, ci davamo del voi. Fu il primo che chiamai quando vinsi il Festival di Sanremo. La sua risposta fu “eh”. Come dire, e allora?».
Questo ha condizionato il suo carattere?
«La mia timidezza e gli sprazzi di spavalderia sono il frutto di quella educazione».
Un episodio amaro?
«Un giorno tornando da scuola non trovai più il mio pianoforte: mio padre ne aveva fatto legna per il fuoco. Ma poi si accorse che soffrivo e allora me ne comperò un altro».
Si è scoperto cantante per caso.
«Il cantante del locale dove suonavo era malato. Timido e spavaldo dissi: “Posso provare io”. E cantai un pezzo di Johnnie Ray».
La sua era una famiglia umile. Eppure le fece prendere lezioni di piano.
«Più in un’ottica lavorativa. Poi la mia insegnante tedesca di piano scoprì che mi esibivo nei locali notturni. E mi cacciò».
La sua marcia in più.
«L’orecchio assoluto. Mi bastava ascoltare una canzone una volta per riprodurla».
La sua prima canzone.
«A Capri c’erano le villeggianti. Mi ispirarono Vicino ‘o mare: che tristezza, che malinconia, ‘a quann se n’è jut ammore mia. La composi per due sorelle, ci uscivamo con un amico».
Il suo primo vero successo?
«Nun è peccato. La scrisse Ugo Calise e la suonai la sera stessa: raggiunse il terzo posto in hit parade».
La grande occasione.
«A Ischia suonavo con i Rockers e ci notarono dei discografici di Milano. In quello stesso locale si esibiva Mina, con il nome di Baby Gate: ci chiamarono insieme».
Come conciliava il successo con la timidezza?
«C’era un negozio di dischi a Roma, in via Bissolati. Mi bardavo con il montgomery per non farmi riconoscere e andavo a comperare qualche copia del mio primo 45 giri da regalare ai miei: era sempre esaurito. Un giorno mi riconobbe: “Ma lei è quello della copertina?”. Aggiunse: “Questo disco sarà primo”».
Il suo cognome è Faiella. È vero che le impedirono di usarlo per scaramanzia?
«Fu Mario Cenci che lo cambiò. Mi disse: siccome sei di Capri, ti chiamerai Peppino di Capri. Faiella gli faceva pensare a jella».
Ha mai suonato per Jacqueline Kennedy?
«Certo, era molto bella e gentile. Sorrideva sempre. Di solito venivano in sei. Non sapevo chi fosse Onassis: si piantava con il gomito sul piano, mi fissava con quegli occhialoni. Dissi a mio zio Ciro, il proprietario del locale: “Mi togli di torno questa civetta?”. E lui: “Ha preso sei bottiglie di champagne, zitto e suona”. Ci invitò a fare colazione sul suo yacht Christina».
Se non avesse fatto il cantante?
«Avrei fatto qualcosa legato all’ingegneria. Avrei voluto inventare il telefonino».
Cosa ha fatto con i primi guadagni?
«Aiutai i miei e aprii lo Splash, la prima discoteca di Capri: ci veniva anche Valentino. La gestiva mia moglie Roberta e metteva i dischi mia sorella Carola».
Roberta.
«Ci conoscemmo a Ischia e ci sposammo poco dopo. Era un’ex modella, carismatica: oggi sarebbe stata una influencer. Anche se Arianna Di Claudio, che l’ha interpretata nel film, è molto più bella di lei..!».
Nel film «Champagne» è descritta come ludopatica.
Onassis Si piantava con il gom-ito sul pia-no, mi fissa-va con que-gli occhia-loni. Dissi a mio zio, proprietario del locale: “Mi togli di torno que-sta civetta?”
«A volte l’incasso delle mie esibizioni veniva giocato la sera stessa in qualche casinò. Organizzava feste con la porchetta fatta arrivare da Roma a bordo di un elicottero. Oggi lo farebbe Mariah Carey».
Il divorzio è stato sofferto.
«Direi sudato. Durante un breve periodo di riappacificazione è nato Igor, ma avevo già incontrato Giuliana, la mia seconda moglie, dalla quale ho avuto Dario ed Edoardo».
Le ha dedicato però una delle sue canzoni più celebri.
«All’inizio si chiamava Lo sai, una notte decisi di chiamarla Roberta. E la svegliai per dirglielo. Oggi mi telefona e mi rimprovera: “non mi chiami mai”».
La giacca di lamé da uomo è nata con lei.
«Fu un’idea di Roberta. Ma Giuliana me le distrusse tutte».
Champagne.
«Mio cognato aveva scritto la canzone Una coppa di champagne. Voleva farla cantare da Aznavour. Gli dissi: “la canto io!”».
Sua moglie Giuliana è mancata da poco.
«È stata una colonna. Biologa, figlia di medici. L’opposto di Roberta: un giorno a Santa Margherita Ligure mi indicò una scuola e disse: “ho studiato lì”. Ma dagli errori che faceva capivo che a scuola c’era andata poco».
Che padre è stato?
«Accomodante. Non sono bravo con le parole (si commuove, ndr)».
I suoi amici oggi.
«Renato Zero, uno dei più cari. Al Bano che prova a portarmi in Russia a cantare. E gli amici capresi: con Paolo Fiorillo abbiamo scritto Capri Song, con il testo di Mogol».
Geolier è il suo erede artistico?
«Bravissimo, ma è un rapper. I giovani mi cercano: Fedez a Sanremo è venuto a complimentarsi».
L’artista più grande?
«Lucio Dalla: mi fece ascoltare in anteprima Caruso per essere sicuro che la pronuncia fosse giusta. Piansi per la commozione».
Tra le donne?
«Gianna Nannini. Vado ai suoi concerti».
Lei crede all’Aldilà?
«Forse farò un giretto in Purgatorio».
Rimpianti? Rimorsi?
«Nessuno, ho sempre fatto tutto con convinzione. Sono un uomo realizzato».