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 2025  agosto 26 Martedì calendario

Biografia di Sofja Kovalevskaja


Il 15 gennaio 1850 nasce a Mosca, seconda di tre figli, da una donna discendente di re e astronomi e da un generale dell’impero russo, Sofja (o Sophie, o anche Sonja) Kovalevskaja. Quel giorno nessuno può ancora saperlo – anzi, i progetti dei genitori su di lei sono assai diversi, tra balli e matrimoni con rampolli della grande aristocrazia europea – ma sarà la prima donna a conseguire un dottorato in matematica. Sarà anche la prima a sedere su una cattedra universitaria di matematica come professoressa a tempo pieno, a lavorare come editor in una rivista specialistica sulla materia (Acta Mathematica ) e (ma in questo l’avevano preceduta Sophie Germain, Maria Gaetana Agnesi, Émilie du Châtelet) a dimostrare teoremi e scrivere di matematica.
La mirabolante vita di Sofja Kovalevskaja è raccontata, per la prima volta, in un libro bruttissimo e molto accorato scritto da una delle sue più care amiche, Anne Charlotte Leffler, sorella di Gösta Mittag-Leffler. Il matematico Gösta, convinto sostenitore della parità tra uomini e donne, si adopererà per garantire a Sofja prima un insegnamento temporaneo, poi una cattedra permanente all’università di Stoccolma.
Il libro di Leffler pubblicato presso l’editore Macmillan a New York nel 1895 (si trova su archive. org ), sottotitolato “biografia e autobiografia”, contiene sia le memorie di Kovalevskaja che quelle di Anne Charlotte a quel punto duchessa di Caianello, come si legge sotto il suo nome in prima pagina. Aveva sposato, in seconde nozze, Pasquale del Pezzo, duca di Caianello, matematico, rettore, sindaco di Napoli e senatore del Regno d’Italia, ma questa è un’altra storia.
Va detto che Sofja, grazie anche alla sorella Anna, Aniouta, cresce in un momento di grande fermento politico, sociale e culturale – per descrivere il quale ci vorrebbe Serena Vitale, io rimango sul vago. Aniouta frequenta i circoli socialisti, vuole scrivere, anzi scrive, il padre commenta che chi vende la propria penna prima o poi vende sé stessa. Le due ragazze studiano, Sofja si interessa subito alla matematica e il padre e la madre sono ben lieti che si coltivino, siano curiose, imparino fino a quando non si accorgono, con sgomento, che le giovani hanno intenzione di proseguire gli studi e iscriversi all’università.
Siamo a quel punto tra la metà e la fine degli anni Sessanta dell’Ottocento e in Russia – e in molti altri luoghi – le università non accettano donne tra gli iscritti. In Germania sì e infatti, prassi voleva, tra i giovani e le giovani russe dei circoli illuminati, socialisti e nichilisti (che qui ha il senso di persone che confidano nelle scienze esatte per migliorare la vita di tutti e tutte), di sposarsi per convenienza così da poter andare a studiare all’estero. Matrimoni illuminati che liberavano le donne, consentendo loro di iscriversi all’università. Sofja sposa così Vladimir Kovalevskij, un giovane studente di paleontologia, e con lui nel 1869 si stabilisce prima a Vienna, poi ad Heidelberg dove ottiene il permesso di seguire le lezioni. Qui – così racconta Anne Charlotte nelle sue memorie – diventa subito oggetto di grande rispetto e curiosità, volto e corpo minuti e infantili, capelli ricci e composti, e occhi che potevano passare con grande rapidità dall’attenzione assoluta alla fantasticheria assoluta, interlocutrice appassionata e formidabile. Le sue soluzioni matematiche sono originali ed eleganti.
Nonostante sia la prima donna a condurre una vita da matematico – riviste, dottorato, professori, studenti, carriera accademica – Sofja possiede tutti i luoghi comuni attribuiti dall’aneddotica a chi studia discipline che si suppongono astratte: è cioè descritta come svagata, disinteressata a cibo e abiti, derubata dalle donne di servizio.
Nel 1870 si trasferisce a Berlino dove incontrerà un grande maestro e un grande matematico, Karl Weierstrass. Come ci si aspetta, l’incontro tra i due, nei manuali di storia delle matematiche dove Kovalevskaja compare, viene descritto con toni ambigui, per il semplice fatto che non potendo lei essere ammessa ai corsi dell’università di Berlino, Weierstrass aveva accettato di darle lezioni private. Quindi si vedevano una volta a casa di lui e una volta a casa di lei. Anne Charlotte Leffler racconta come Sofja si fosse presentata al primo appuntamento all’università con un cappellaccio per nascondere la giovinezza e che, una volta risolti i problemi che Weierstrass le aveva sottoposto, si fosse tolta il cappello, lasciando di stucco il professore.
Alice Munro, nel raccontoTroppa felicità, inserito nella raccolta omonima (Einaudi, 2011, trad. S. Basso) descrive l’effetto che faceva incontrare Sofja. «Era una vita – gli costava dirlo, come ebbe ad ammettere, perché si era sempre guardato dagli eccessivi entusiasmi —, era una vita che aspettava di veder entrare nel suo studio un allievo del genere. Un allievo in grado di lanciargli una sfida assoluta, di seguire non soltanto il percorso spericolato della sua mente, ma se possibile, di spiccare un volo più alto. Doveva stare attento a non lasciarsi sfuggire quel che in effetti pensava e cioè che per fare un grande matematico ci volesse qualcosa di simile all’intuito, come il bagliore di un lampo, per illuminare ciò che è lì da sempre. Occorre essere rigorosi, precisi, certo, ma non vale forse lo stesso per i grandi poeti?».
Per il resto, Kovalevskaja ha vinto premi matematici importantissimi, aperto branche di ricerca, avuto una figlia, scritto romanzi, tentato speculazioni edilizie, si è innamorata di un matematico e poeta polacco e anche di un marxista, sognava e credeva ai suoi sogni come predizioni. I sogni, di solito, le predicevano morti.