Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  agosto 26 Martedì calendario

Il ritorno delle chat di classe

Sono tornate. Dopo un’estate di assopimento, le chat dei genitori su Whatsapp si stanno risvegliando come adolescenti insonnoliti, le notifiche aumentano a mano a mano che agosto perde giorni. All’inizio erano poche – qualcuno è intervenuto per ricordare a tutti di iscriversi al doposcuola. Poi ne sono arrivate altre, con link ai corsi di baseball, domande sulle trasferte di calcio, e qualcuno ha chiesto: «Quand’è il primo giorno di scuola?». Presto le chat torneranno a pieno regime, le notifiche squilleranno tutto il giorno e talvolta anche la sera. Faccio parte di una decina di chat di genitori: alcune sono fisse, come quelle delle classi dei miei figli, un paio sono per le attività sportive. Durante l’anno poi, a seconda delle esigenze, spuntano altri sottogruppi. I programmi pomeridiani dei bimbi, i compiti, chi accompagna chi, le feste di compleanno e i regali per le maestre. In quale campo si gioca, il dottore più bravo, il colore della maglietta da indossare quel dato giorno. Ogni tanto – ding !— sono solo info sul meteo: «Pioverà, non dimenticate l’ombrello». Ogni tanto – ding !
— è un messaggio passivo-aggressivo così esilarante che mi sento obbligata a farne uno screenshot e a inoltrarlo a un altro gruppo con un nome diverso, tipo “hater”.
Prima di Whatsapp, come ci si informava? Ho chiesto a mia madre, che ha detto che tornavamo a casacon gli avvisi degli eventi nello zaino. In caso contrario, lei consultava il calendario scolastico. A inizio stagione, l’allenatore di calcio consegnava l’orario degli allenamenti e lei lo attaccava al frigorifero. Si ricorreva anche alle catene telefoniche. Dalle sei del mattino, una mamma chiamava un’altra per avvisarla chela scuola era chiusa per neve, quella mamma chiamava la successiva seguendo l’ordine alfabetico di noi alunni. A un certo punto, nei primi anni Duemila, le catene telefoniche si sono trasformate in e-mail di gruppo e infine in messaggi di testo.
La mania di Whatsapp è iniziata con la pandemia, quando le lezioni da remoto sono diventate una successione da incubo di collegamenti su Zoom e compiti su laptop e app varie. I genitori dovevano condividere le informazioni in tempo reale. Adesso, appena tuo figlio mette piede a scuola, vieni magicamente aggiunto ai gruppi, senza che nemmeno ti sia stato chiesto. Quello che un tempo era un dialogo tra due o pochi genitori, è scivolato in una conversazione digitale di una cinquantina di persone. Lo ammetto: queste chat di massa possono essere irritanti e, nel tentativo di restare aggiornati, si rischia di perdersi. Di recente una mamma mi ha annunciato che silenzierà tutte le chat di genitori. Gestirle è diventato troppo complicato – ha detto – e nella cacofonia dei messaggi irrilevanti non si accorge mai di quelli importanti. Così ha deciso di affidarsi solo alle e-mail ufficiali della scuola. Con un sussulto le ho chiesto se pensa davvero di abbandonarle. Sono solo chat, mi ha risposto.
Sul serio, che cosa dovrebbe perdersi? I gruppi su Whatsapp sono pieni di thread che si sovrappongono, di notifiche a ripetizione, con quella mamma che aggiunge un cuoricino a un messaggio sull’allenamento di hockey, poi lo toglie, poi lo rimette e infine scrive: «Scusatemi, continuo a sbagliare!». I messaggi possono essere sia utili sia inutili. Noi genitori dobbiamo ricordare un numero non quantificabile di cose e i gruppi su Whatsapp mi hanno salvato più volte. Oltretutto, in quale altro posto capita l’opportunità di dare una sbirciatina dentro un centinaio di cervelli di persone con le quali hai spesso molto poco in comune? Mi sembra di conoscere tutti gli 89 membri della chat di seconda elementare: la mamma che sa sempre le date giuste, quella che le sbaglia sempre, la mamma che scrive soltanto “hahaha”, quella che chiede di continuo se qualcuno ha visto il giubbotto del figlio.
È vera familiarità? O si tratta solo di un’altra tappa di realizzazione digitale personale, quella nella quale presentiamo una versione del genitore che ci piacerebbe essere? L’anno scorso, nella nostra chat su Whatsapp, qualcuno ha mandato un messaggio dicendo che era venuta a mancare sua madre. Il flusso di risposte di solidari età e sostegno è stato immediato. So che potrei sembrare banale, ma direi che quello scambio è stato sincero e che in quel momento mi sono sentita parte di una comunità di persone che si prendono cura le une delle altre. In una fase diversa della mia vita, avrei alzato gli occhi al cielo.
Non sono particolarmente attiva nelle chat. Ogni tanto mi faccio viva con una domanda o un invito. Mando qualche pollice in su e aggiungo cuoricini ai messaggi. Come tutti i genitori, ho problemi miei e preoccupazioni sul mondo nel quale stanno crescendo i nostri figli. Eppure, sono qui, su Whatsapp, con tutti gli altri, mentre navighiamo la nostra quotidianità. Che regalo dovremmo fare a Mrs. Rothman? Dove sarà la partita di calcio sabato? Insomma, alla mamma che vuole silenziare le notifiche suggerirò di riconsiderare la sua decisione. Anzi, di restare, per piacere, nella chat insieme a me.traduzione di Anna Bissanti