La Stampa, 26 agosto 2025
La strage giornalisti
«Rammarico per il tragico incidente avvenuto oggi a Gaza. Israele apprezza il lavoro dei giornalisti, del personale medico e di tutti i civili». Reagisce così il premier Benjamin Netanyahu all’ultimo attacco a danno dell’ospedale Nasser di Khan Younis, dove sono state uccise almeno 20 persone. Il primo razzo che colpisce l’ospedale nel sud di Gaza attira i soccorsi e i giornalisti. Il secondo fa strage dei testimoni. È lunedì 25 agosto e tra le persone uccise dal fuoco israeliano cinque sono giornalisti, alcuni dei quali stavano documentando gli effetti del primo raid di pochi attimi prima. Il primo colpito è Osama al-Masri, collaboratore di Reuters, che si trovava al quarto piano dell’ospedale durante l’attacco. Sono stati colpiti in seconda battuta Mohammad Salama (Al Jazeera),Ahmed Abu Aziz, Moaz Abu Taha e Mariam Abu Daqqa (freelance per Associated Press). Si aggiungono a un elenco interminabile che si aggira tra i 145 e i 270 reporter uccisi dal 7 ottobre del 2023 a oggi. A quasi due anni da quel fatidico atto di terrore, le organizzazioni che monitorano la libertà di stampa nel mondo concordano: non c’è altro campo di battaglia ha mai causato così tante vittime tra i giornalisti.
«È stata una scena mostruosa. L’attacco è avvenuto in un momento in cui c’è carenza di forniture mediche e attrezzature» dichiara il dottor Mahmoud Kullab di Medici Senza Frontiere, che si trovava al Nasser nel momento del raid. Non è la prima volta che Israele prende di mira questo ospedale di Khan Younis: a febbraio dell’anno scorso l’esercito aveva promosso un’operazione sostenendo che venisse utilizzato da Hamas come nascondiglio.
Davanti a tutto questo sono molte le reazioni dal mondo che fluttuano nell’«immobilismo globale» denunciato dal direttore dell’Unrwa Philippe Lazzarini.
Il capo di Stato Maggiore delle Idf, Eyal Zamir, ha ordinato di condurre un’indagine sull’attacco all’ospedale «il prima possibile». Lo stesso Zamir è attualmente al centro di uno scontro con Netanyahu rispetto all’assedio in preparazione a Gaza City. Ieri ha dichiarato che «c’è un accordo sugli ostaggi sul tavolo, dobbiamo accettarlo». «Grazie alla pressione militare» – continua Zamir – abbiamo creato le condizioni per la liberazione degli ultimi rimasti vivi», enfatizzando sul fatto che la questione è ora nelle mani di Bibi, che ha replicato ribadendo che la deicsione di assumere il controllo di Gaza city è «inequivocabile». Eppure Trump, non è chiaro su quale base, ritiene che “nelle prossime due o tre settimane la guerra finirà”.
Sullo sfondo masse di civili gazawi in fuga spinti dalle forze di occupazione. Da un lato il mare, dall’altro l’Egitto con i confini serrati. Secondo un’inchiesta del The Guardian sono circa l’83% le vittime civili tra i morti nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre a oggi. La presa di Gaza City da parte di Israele «avrà un impatto terribile per la popolazione», ha dichiarato la direttrice dell’Unrwa in Spagna, Raquel Martí, in un intervista rilasciata ieri. «Denutriti e malati sono nuovamente costretti a spostarsi senza una meta. Nella Striscia non c’è alcun rifugio per chi è in fuga», ha aggiunto. E secondo fonti israeliane, ai cinque giornalisti uccisi dell’ospedale Nasser se ne è aggiunto uno, Hassan Duhan, colpito dentro una tenda nella zona degli sfollati di Al-Mawasi. Siamo nei pressi del valico di Rafah, dove la situazione umanitaria è ormai al collasso: secondo il ministero della salute di Gaza soltanto oggi sono 11 le persone morte per malnutrizione. Intanto «alla luce dell’ennesima carneficina perpetrata da Israele sulla popolazione di Gaza», inizia la mobilitazione in vista della imminenza partenza di decine di imbarcazioni promossa dalla Global Sumud Flottilla, la più grande missione marittima civile mai tentata verso la Striscia. «Le barche partiranno da Genova il 31 agosto e dalla Sicilia il 4 settembre», dichiara il consiglio direttivo italiano dell’iniziativa. —