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 2025  agosto 26 Martedì calendario

Mattia Feltri ad Amatrice

Nove anni fa, insieme a tanti di noi, in queste ore ero ad Amatrice distrutta dal terremoto. Alla sera, dopo essere stato in giro tutto il giorno, mi mettevo a scrivere ai tavoli di un parco, quelli da picnic di parchi come ce ne sono ovunque, con gli scivoli e le altalene. Avevo il taccuino pieno ed ero sfiancato dal peso di tanto dolore. Ho capito in quei giorni che il dolore altrui, quando è così diffuso e profondo, ci impregna come fosse pioggia. Il difficile era sfrondare i pezzi dagli aggettivi, sottrarre quel dolore alla retorica per non infangarlo. Ma si può descrivere senza retorica l’abbraccio fra un carabiniere e un vecchio che non si erano mai visti prima, e singhiozzano? O una madre che pretende di salire in ambulanza dove morirà accanto ai due figli già morti? Una di quelle sere al parco arrivarono dei volontari per distribuire giocattoli ai bambini. Solo uno per uno, dissero. Un bambino chiese di prenderne un altro per la sorellina, e una bambina gli si piantò davanti e disse: io no, il mio fratellino è in cielo. Lo disse stentorea, lo ripeté quattro o cinque volte. Il mio fratellino è in cielo. E di colpo ho capito che la verità non c’entrava più niente. Potevo eliminare tutti gli aggettivi che volevo, ma quell’immagine, così perfetta nel suo strazio, messa dentro un articolo diventava subito finta. Tolta alla purezza di quella bambina, che prendeva un solo giocattolo perché suo fratello era in cielo, e trasportata in una cronaca, era un’immagine svilita, tradita, trasformata in caricatura. L’ho scritta lo stesso, ed era il modo di sventolare bandiera bianca.