il Fatto Quotidiano, 23 agosto 2025
Mollo tutto ed evaporo: come diventare invisibili a Tokyo (ma non solo)
La soluzione è sparire. Cambiare città. Cambiare casa, moglie, marito; cambiare nome, cognome, magari anche l’età – tanto che ci frega è un dato anagrafico – cambiare tutto.
Svaporare. E ripartire.
In Giappone, ma ci sono forme primitive anche in Italia, ci sono vere e proprie agenzie che aiutano le persone ad andarsene. Non nell’aldilà. Anzi, qui Pirandello gli fa un baffo.
Immagina ogni mattina di svegliarti in un Paese che detesti, in una città che non ami, con accanto un marito che non vuoi, una vita che non desideri. Immagina di prendere ogni giorno lo stesso tram che ti conduce al lavoro. Un impiego che non ti appassiona più, non ne capisci più il senso, non ti accende più quella fiamma negli occhi. E immagina di dover reggere ogni giorno, prepotentemente, le pressioni sociali, le aspettative degli altri, gli orari, le notifiche, le mail, i feticisti di Google calendar. E mentre ti guardi allo specchio, la tua anima è completamente scollata dal corpo.
L’unica soluzione è cambiare vita. Già, ma come.
In Giappone esistono le yonige-ya, dal verbo yonige che significa «sparire di notte». Sono vere e proprie agenzie, destinate alla «fuga notturna».
Ci sono degli agenti che arrivano, ti prelevano di notte, preparano la tua prossima residenza, gestiscono il trasloco, chiedono al governo – questo in Giappone, in Italia è più complicato – di mantenere riservati il tuo nuovo indirizzo e le tue informazioni di contatto, preparano i tuoi nuovi documenti, le carte per la scuola dei tuoi figli, e si sincerano che la fuga avvenga nella più totale segretezza.
Sembra un film. Ma non lo è. Anzi, le agenzie hanno veri e propri siti, dove commercializzano i servizi. I prezzi variano tra le centinaia e le migliaia di euro, a seconda delle proprietà che si vogliono portare o che si vogliono far sparire, e a seconda di dove le persone vogliano andare. Se si tratta di genitori che portano con sé i figli, il prezzo del pacchetto sale.
Il fenomeno è conosciuto come johatsu, «evaporare», ed «evaporati» è il termine sdoganato per quelle persone scomparse che decidono di cambiare vita. Sono uomini e donne che si allontanano volontariamente dalle loro famiglie, dal loro passato, facendo perdere completamente le loro tracce.
Ma perché lo fanno? La perdita del lavoro, l’accumularsi di debiti, l’insoddisfazione della propria vita sociale ed emotiva, un divorzio, il fatto di essersi innamorati di un’altra persona. C’è chi non regge all’imbarazzo, alla vergogna, all’ingiustificato disonore.
Chi sceglie di sparire, in una società che scarta il diverso, ossessionata dall’apparenza e pressata col rullo dove ormai tutto sembra dover essere perfetto, lo fa più che altro per questioni legate alle aspettative sociali, agli ambienti di lavoro opprimenti, alle relazioni familiari tossiche, come le vittime di violenza domestica.
In Giappone, le persone scomparse nel 2015 erano 80 mila, quasi 90 mila nel 2019.
Ma la Missing Persons Search Support Association giura che il numero sia molto più alto: 100 mila le persone che spariscono ogni anno.
Ma dove si va? O si cambia completamente Paese, o ci sono dei quartieri a Tokyo, come Sanya, che è stato cancellato dalle mappe da alcuni decenni.
Un sobborgo povero, dove si può vivere anche senza documenti.
Anche in Italia, ci sono gruppi embrionali dove le persone si attrezzano e studiano la loro fuga. Per auto sostenersi, per essere invisibili.
Una persona che ha deciso di parlare con il Fatto racconta: «Io sto studiando per questo. Lo farò. Perché penso che essere anonimi e vivere sotto traccia ti permetta di vivere meglio. Non voglio sparire del tutto, solo decidere quando e come essere visibile. Ho provato un giorno ad andare al mare senza lasciare traccia, è difficile. Il telepass, la carta di credito».
Lo spunto gli è venuto leggendo il libro di Francesco Narmenni Diventare invisibili, che indica tutta una serie di «strategie per sparire fisicamente, virtualmente e fiscalmente. Come mettere al sicuro i propri averi e salvarsi dalle ingiustizie del sistema».
Insomma, niente in confronto ad Adriano Meis che scontento dalla vita, si trasferisce a Roma. Per quanto tu possa cambiare, rimarrai sempre il Fu Mattia Pascal.
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