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 2025  agosto 23 Sabato calendario

Intervista a Gigi D’Alessio

Non canta vittoria, non si vanta e non vuole sentire parlare di rivincita. Ma questo è l’anno d’oro di Gigi D’Alessio, che a 58 anni è arrivato dove voleva.
Nell’ultimo disco, Fra, duetta, tra gli altri, con Elodie, Geolier, Guè, Clemetino. Dal 19 settembre terrà una settimana di concerti in piazza del Plebiscito a Napoli, nel 2026 il tour nei Palasport (parte da Roma il 18 marzo, poi Bari, Torino Padova, Ancona, Bologna), lo show con Vanessa Incontrada su Canale 5.
Che altro può volere?
«Niente. Sono andato oltre tutte le aspettative, quest’anno a giugno ho fatto anche due concerti sold out allo stadio Maradona, c’è stato il Circo Massimo a Roma. Mettiamoci pure i concerti a Palermo per raccogliere i soldi per l’ospedale pediatrico trasmessi da Canale 5».
La cercano tutti, una volta non era così. La ferivano i pregiudizi?
«Ti stroncano prima di vederti all’opera. C’era snobismo nei confronti di D’Alessio, che era pop e veniva da Napoli. Mi ha fatto bene, non ho mai mollato. Ho fatto la gavetta. C’è tanta mediocrità in chi parla senza sapere».
Considera i successi una rivincita?
«Me ne sono fregato, io sono questo. A un certo punto non ci rimanevo più male perché quando salivo sul palco avevo una marea di gente davanti. Quella era la mia vittoria».
A chi deve dire grazie?
«Al pubblico. E per quello che riesci a fare, devi ringraziare il Signore.
Nella vita vieni scelto, ma scegli anche. Nel 1992 feci il primo duetto con Mario Merola, come iniziare con la Champions League. Sono stato il suo pianista per tre anni».
Cosa le ha insegnato?
«L’umiltà. Faceva un genere musicale lontano dal mio: io pop, lui la sceneggiata. Lo conoscevano in tutto il mondo, era il gigante buono della porta accanto, potevi bussare per chiedergli il basilico».
Poi è stato scoperto dalla tv: la prossima stagione sarà su Canale 5.
«Ho fatto tante cose su Canale 5, è un rapporto maturato negli anni, costruito sulla fiducia, alla fine ho sempre portato risultati».
Il legame con Berlusconi è antico: è andato anche al matrimonio simbolico con Marta Fascina.
«Ero invitato, Silvio mi chiese di cantare perché amava le canzoni napoletane. Era un vero rapporto di amicizia, non gli ho mai chiesto nulla. Solo una volta, tanti anni fa, se poteva presentarmi un medico per mio fratello che stava male».
In Rai ha fatto show importanti, “Gigi uno come te”, “Vent’anni che siamo italiani”, era giudice di “The voice”: cos’è cambiato?
«Nulla. Sto bene sia di qua che di là, non ho girato le spalle a nessuno.
Dopo dieci edizioni diThe voicecerco di non ripetermi, prendo un paio di anni sabbatici».
Era ai funerali di Pippo Baudo: cosa ha rappresentato per lei?
«Venticinque anni di ricordi. Non c’era un momento in cui non alzavo il telefono per chiedergli consigli, era come un padre. Abbiamo fatto tante cene a casa mia. Mi mancheranno i suoi pareri, Pippo era il timbro sul passaporto».
I suoi genitori l’hanno incoraggiata?
«Erano meravigliosi, mamma l’hopersa a 18 anni, non mi ha mai visto cantare. Papà è morto nel 2004 e ha visto Sanremo, che è una soddisfazione. Ma l’ha visto anche mia madre da lassù, io ho fede».
A dieci anni entra in Conservatorio. Era felice?
«Non sentivo il peso dello studio, era un gioco, un continuo scoprire. Mi succede anche adesso che ho 58 anni, suono e imparo qualcosa».
Che avrebbe fatto se non avesse
scelto la musica?
«Sono nato con la musica, è la mia passione. Poi giocavo a calcio, ma mi sono fermato, potevo farmi male alle mani. Dovevo fare una scelta, e ho scelto le mani».
Ma il calcio è rimasto nella sua vita, era molto legato a Maradona.
«Prima di morire, nel periodo in cui stava a Dubai, sono stato quindici giorni con lui, per un documentario per la tv argentina. Lo conoscevo dal 1987, gli piaceva tanto cantare.
Diego è stato sempre un uomo solo, anche se c’era la gente intorno. Ho avuto la fortuna di conoscerlo umanamente, mi faceva tenerezza.
Diceva: “Chiunque viene qua, vuole qualcosa”. Mi voleva bene perché non gli ho mai chiesto nulla».
Ilrapporto con Pino Daniele partì male, ma alla fine eravate amici?
«Abitavamo vicini a Napoli, a Santa Chiara. Con Pino non avevamo mai avuto l’occasione per sederci e parlare. Andavo ai suoi concerti, sono nato fan di Pino. Ma facevamo parte della stessa casa discografica, e li sono iniziati i dissapori. Mi chiamò: “Prima ca’ ci amma appiccica’, ci vulimme conoscere’?’. Risposi: “Se mi conosci non potrai più fare a meno di me”. E fu così: Natale, Capodanno, abbiamo recuperato tutto».
Ha sei figli: che padre è?
«Un padre amico. Con il più grande siamo cresciuti insieme, ho imparato a fare il papà. I miei figli sono meravigliosi, sensibili, osservano come mi comporto e mi ascoltano. Luca (in arte LDA) fa il mio mestiere, gli ho detto di seguire la sua passione, ma di fare sempre bene le cose. Quando incontro i colleghi, chiunque mi dice: “Che dolcezza, è bravo quel ragazzo”. È la mia soddisfazione più grande».