Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  agosto 23 Sabato calendario

L’Fbi a casa di Bolton

Gli agenti dell’Fbi si sono presentati ieri mattina nella casa di John Bolton, a Bethesda, sobborgo residenziale a nord di Washington, e poi nel suo ufficio in centro città. Cercavano «documenti classificati» che l’ex Consigliere per la sicurezza nazionale di Donald Trump avrebbe fatto filtrare ai media o, comunque, diffuso al di fuori del perimetro istituzionale. Al momento non ci sono conferme ufficiali sugli eventuali capi d’accusa. Un funzionario dell’Fbi si è limitato a dichiarare ai giornalisti che si stava conducendo «un’operazione autorizzata dal tribunale». E mentre la perquisizione era in corso, il direttore del Federal Bureau of Investigation, Kash Patel, un fedelissimo del presidente, ha scritto sulla piattaforma X: «Nessuno è al di sopra della legge». Bolton, visibilmente colto di sorpresa, ha dovuto annullare tutti gli impegni della giornata e chiamare il suo avvocato di fiducia, Chuck Cooper, vecchio collega al Dipartimento di giustizia con la presidenza Reagan. Senza rilasciare alcun commento. Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti: «Non so nulla del raid, ma avrei potuto ordinarlo io; non sono un fan di Bolton, lo considero un farabutto, vedremo se è anche antipatriottico».
Bolton, 76 anni, ha alle spalle una lunga carriera politico-diplomatica. Nel 2005 George W. Bush lo nominò ambasciatore all’Onu. Ha ricoperto l’importante incarico di Consigliere per la sicurezza nazionale, dal marzo 2018 al settembre 2019, nel corso del primo mandato di Trump alla Casa Bianca. È un fautore della linea dura in politica estera, specialmente nei confronti dell’Iran e della Russia.
Negli ultimi sei anni, Bolton è diventato uno dei critici più pungenti dell’ex costruttore newyorkese. Ha fatto campagna, negli ambienti conservatori, per evitarne la rielezione e dal gennaio scorso è diventato un ospite fisso dei media americani e internazionali (con diverse interviste anche al Corriere). L’ultima stroncatura: Trump si sta facendo prendere in giro da Putin sull’Ucraina.
Il 21 gennaio scorso, il primo giorno del suo ritorno nello Studio Ovale, il presidente americano eliminò la scorta assegnata a Bolton, che aveva ricevuto minacce credibili dagli iraniani. Anche per questo a Washington l’interpretazione dominante è che l’azione dell’Fbi non sia che un’altra vendetta di Trump contro i suoi nemici. Del resto il presidente aveva già provato a bloccare la pubblicazione del libro scritto da Bolton nel 2020, «The room where it happened, a White House Memoir» (Simon& Schuster editore), attivando il Dipartimento di Giustizia. Anche in quell’occasione, l’ex ambasciatore era accusato di aver usato materiale «classificato» per costruire il suo racconto. Bolton spiegò nell’«Epilogo» del suo corposo volume (494 pagine) che aveva dovuto correggere alcuni passaggi per ottenere il via libera.