Corriere della Sera, 23 agosto 2025
Draghi sferza l’Europa
RIMINI «Non provengo da un ambiente culturale particolarmente europeo. Pensate che scrissi la mia tesi di laurea sostenendo che la moneta unica era una gran sciocchezza». Mario Draghi chiude con un ricordo sorprendente (ma non inedito) il discorso sul futuro dell’Europa che ha caratterizzato la prima giornata del Meeting di Comunione e Liberazione. L’ex premier, accolto da un’ovazione e da incitamenti a tornare in prima linea, fa ricorso alla sua esperienza personale (con il suo «whatever it takes»fu proprio lui a salvare l’euro) per dimostrare che, al netto della retorica, si possa credere in un «europeismo pragmatico» fondato sulla condivisione di energie e obiettivi comuni per ridare slancio ad un ideale comunitario ormai superato dai tempi e tuttavia ancora unico orizzonte possibile in questa fetta d’Occidente.
Fine di un’epoca
L’analisi di partenza è senza reticenze: «Per anni l’Unione europea ha creduto che la dimensione economica, con 450 milioni di consumatori, portasse con sé potere geopolitico e nelle relazioni commerciali internazionali. Quest’anno sarà ricordato come l’anno in cui questa illusione è evaporata». Draghi indica nell’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca il punto di non ritorno. Da lì, tutto è cambiato. «Trump ci ha dato una sveglia brutale».
Andare d’accordo
Stringiamoci tutti insieme, bisogna imparare ad andare d’accordo. I leader
alla Casa Bianca una manifestazione di unità che vale più di tante riunioni a Bruxelles
I fatti parlano chiaro. «Abbiamo dovuto rassegnarci ai dazi imposti dal nostro più grande partner commerciale e alleato di antica data, gli Stati Uniti —rimarca l’ex presidente del Consiglio —. Siamo stati spinti dallo stesso alleato ad aumentare la spesa militare, una decisione che forse avremmo comunque dovuto prendere, ma in forme e modi che probabilmente non riflettono l’interesse dell’Europa». Poco rilevante, secondo Draghi, anche il ruolo giocato nelle trattative per la fine della guerra in Ucraina. «Nonostante abbia dato il maggior contributo finanziario all’Ucraina, l’Ue ha avuto finora un ruolo abbastanza marginale nei negoziati per la pace». Ma non solo. «L’Europa è stata spettatrice anche quando i siti nucleari iraniani venivano bombardati e il massacro di Gaza si intensificava. Questi eventi hanno fatto giustizia di qualunque illusione che la dimensione economica da sola assicurasse una qualche forma di potere geopolitico».
La nuova politica
L’Europa deve mutare anche la sua organizzazione politica
La passività
e la rigidità creano inazione, l’inazione
è il peggior nemico dell’Europa
No alla disgregazione
La tesi anti «euro»
Non provengo da un ambiente culturale particolarmente europeo. Scrissi la mia tesi di laurea sostenendo che la moneta unica
era una gran sciocchezza
Inutile girarci intorno, la realtà dice che bisogna cambiare, abbandonare la «comfort zone» che pure ha regalato crescita e benessere per decenni, per entrare in una nuova fase. Ma non nella direzione che vorrebbe qualcuno in Europa (e pure in Italia). «È chiaro che distruggere l’integrazione europea per tornare alla sovranità nazionale non farebbe altro che esporci ancor di più al volere delle grandi potenze», sottolinea Draghi, che per l’Europa parla esplicitamente di necessità di «mutare anche la sua organizzazione politica». Con una puntualizzazione: «La passività e la rigidità creano inazione, l’inazione è il peggior nemico dell’Europa».
Per rendere ancor più chiaro il suo pensiero l’ex premier si affida al ricordo di Carlo Azeglio Ciampi al tempo in cui, da governatore di Bankitalia, dovette cedere il controllo sulla lira per far nascere l’euro. «Mi disse che era meglio perdere un pezzo di sovranità nazionale sulla moneta se era il prezzo di far parte di un progetto più grande». E poi rammenta di quand’era presidente della Banca centrale europea: «Il nostro compito era di garantire la stabilità dei prezzi, ma come avremmo potuto fare senza una moneta forte?».
Il debito comune
Draghi indica la direzione invitando i governanti europei a stringersi in maniera ancora più forte per una vera integrazione. Una delle leve, come ai tempi dell’emergenza Covid e del Next generation Eu, è il ricorso al debito comune per recuperare le risorse necessarie ad affrontare le sfide che arrivano da Usa, Russia e Cina. «Soltanto forme di debito comune possono sostenere progetti europei di grande ampiezza che sforzi nazionali frammentati insufficienti non riuscirebbero mai ad attuare». Dopo le sferzate, Draghi si apre all’ottimismo, forte delle recenti esperienze. «Abbiamo portato a termine in tempi rapidissimi una vastissima campagna di vaccinazione. Abbiamo dimostrato un’unità e una partecipazione senza precedenti nella risposta all’invasione russa dell’Ucraina. Ma queste sono state risposte a emergenze. La sfida è ora essere capaci di agire con la stessa decisione in tempi ordinari». Con un punto di partenza semplice ma non scontato: «La prima cosa da fare è: stringiamoci tutti insieme. Bisogna imparare ad andare d’accordo». Di più, l’Europa deve trasformarsi «da spettatore o al più comprimario in attore protagonista».
I segnali positivi
Un segnale in questo senso, secondo Draghi, si è visto nei giorni scorsi: «La presenza dei leader europei alla Casa Bianca è stata una manifestazione di unità che vale, agli occhi dei cittadini europei, più di tante riunioni a Bruxelles». E allora, diventa una conseguenza logica l’appello finale che l’ex premier lancia proprio a quei governanti dal palco del Meeting di Rimini: «Possiamo cambiare la traiettoria del nostro continente. Trasformate il vostro scetticismo in azione, fate sentire la vostra voce. L’Ue è soprattutto un meccanismo per raggiungere gli obiettivi condivisi dai suoi cittadini. È la nostra migliore opportunità per un futuro di pace, sicurezza, indipendenza: è una democrazia e siamo noi, voi, i suoi cittadini, gli europei che decidono le sue priorità».