Il Messaggero, 22 agosto 2025
Altri costi dell’occupazione
Ci sono i costi umani, impossibili da quantificare. Vite spezzate, esistenze distrutte. Traumi individuali e collettivi che si potranno superare – forse – solo tra molti anni. Un fossato su cui corre un fiume di odio che si allarga giorno dopo giorno. E ci sono poi i costi economici che si sommano a quelli umani e rendono il quadro ancora più pesante. L’operazione che sta portando migliaia di soldati e mezzi delle Israel Defence Forces dentro la città di Gaza dovrà fare i conti non solo con l’ imprevedibilità della guerriglia urbana su un terreno pieno di insidie con decine di imboscate, possibili assalti suicidi, probabili tentativi di rapire soldati. Ma deve affrontare una serie di problemi logistici ed economici che avranno un peso enorme e potrebbero in qualche modo condizionare l’andamento della campagna Gedeone 2. Problemi a cui il capo di stato maggiore israeliano Zamir ha dedicato non poca attenzione in questi giorni di preparazione dei piani di ingresso delle truppe di terra. Problemi logistici innanzitutto. Lo spostamento di circa un milione di persone lungo percorsi sicuri presuppone la rimozione di milioni di tonnellate di macerie. Si calcola che nel 363 chilometri quadrati della Striscia ci siano tra i 45 e i 47 milioni di tonnellate di detriti e polvere e il costo dell’operazione, considerando anche la bonifica ambientale e degli ordigni, è stimato tra gli 800 milioni e il miliardo di dollari. Uno spostamento così massiccio di persone comporta anche la previsione di altri campi in cui la popolazione sarà ricoverata (sono già state fatte affluire centinaia di tende) e centri di distribuzione del cibo. Ci sono poi i costi di chiamata di 60mila riservisti portando il numero complessivo a 120mila e il probabile prolungamento della durata di altri 20mila.
STRASCICO
Nei primi 100 giorni della guerra i riservisti impegnati erano quasi 350 mila e costavano 260milioni di dollari al giorno. Un costo alla lunga insopportabile tant’è che si è poi ridotto fino ad un terzo, lasciando comunque un pesante strascico sull’economia. Come documenta Bloomberg, il governo israeliano dopo solo 5 mesi dall’approvazione è stato costretto a rivedere ed aumentare il bilancio di oltre 8,9 miliardi di dollari per coprire anche i costi della guerra con l’Iran (incremento che equivale all’uno e mezzo del Prodotto interno lordo). La maggior parte della spesa aggiuntiva sarà destinata alla Difesa. «Il doppio di quanto – secondo Bloomberg – Israele prevedeva prima dell’inizio della guerra». Analisti ed esperti indicano come uno dei fattori del rallentamento dell’economia israeliana proprio l’assenza di migliaia di lavoratori richiamati al fronte come riservisti, oltre all’esclusione – per ragioni di sicurezza – di migliaia di palestinesi occupati nell’edilizia e nell’agricoltura. Un discorso a parte va fatto sulla ricostruzione. Visti da Gaza i numeri appaiono più crudi. Le abitazioni distrutte nella Striscia sarebbero oltre l’80 per cento del totale. Le stime della ricostruzione, di cui si sarebbe parlato anche tra i mediatori dell’accordo per una tregua, sarebbero superiori ai 50 miliardi di dollari, il cui peso maggiore graverebbe sui paesi del Golfo e sul contributo di solidarietà che potrebbero offrire Europa e Stati uniti. Ci sono da ricostruire centinaia di migliaia di edifici, scuole, istituti pubblici e da rimettere in piedi un sistema sanitario al collasso.
IRON DOME
A questo elenco, inevitabilmente parziale, vanno poi assommate le spese militari dell’operazione. Numeri spaventosi considerando che si calcola che il volo di un cacciabombardiere possa costare 33mila dollari l’ora e che ogni ordigno sganciato, 22mila dollari. Poi ci sono i costi dei missili intercettori del sistema difensivo Iron Dome che hanno finora evitato altre centinaia di morti. Ogni intercettazione costa fino a 150mila dollari Anche in questo caso esperti militari e analisti economici hanno provato a fare un conto dei costi giornalieri di questa guerra infinita, ma le stime divergono e il “range” oscilla tra alcune centinaia di milioni di dollari fino a sette/ottocento milioni di dollari al giorno. Tutto questo mentre muoiono ogni giorno decine di persone e altre decine si spengono, ora dopo ora, rinchiuse nei tunnel di Hamas.