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 2025  agosto 22 Venerdì calendario

intervista a Lim, l’enfant prodige


Una vocazione autentica e un talento strabiliante nutrono il rapporto con la musica del pianistaYuncham Lim, fenomeno della classica in frenetica ascesa: devoto al suo strumento come a un credo sacrale, questo ventunenne coreano di angelica bellezza pare emerso dalla sfera del sublime.
Quando suona ci commuove per lirismo e potenza. Più della sua tecnica formidabile, è catturante il suo approccio poetico al brano, reso ogni volta intimamente proprio. La sua celebrità internazionale scatta nel ‘22, quando si distingue come il più giovane vincitore del Concorso pianistico Van Cliburn, negli Usa. Vi esegue il Terzo Concerto per pianoforte e orchestra di Rachmaninoff, la cui registrazione dal vivo diventa la versione del pezzo più vista su YouTube. La Corea ne fa un divo: in patria ha una fama tale da dover circolare con guardie del corpo, e il suo nome ha fatto nascere brand di abbigliamento giovanile. Dopo la medaglia d’oro americana, Lim lavora con orchestre favolose nelle migliori sale del pianeta, e il suo album degli Études op. 10 e 25 di Chopin conquista le vette delle classifiche. Oggi esce per Decca la sua incisione de Le stagioni di ?ajkovskij, disco ispiratissimo, e un suo recente concerto a Londra ottiene un esito scintillante: ilDaily Maillo paragona ad Ashkenazy e a Pollini, e ilTimes applaude la sua bravura mozzafiato. Ciò nonostante è un ragazzo umile, misterioso e concentrato, che conduce una vita assai protetta ed evita le interviste.
Il punto di partenza della nostra conversazione è la performance programmata il 29 agosto al Petruzzelli di Bari, dove lo accompagnerà l’orchestra del teatro diretta dal belga Martijn Dendievel. In locandina c’è il Terzo Concerto per pianoforte e orchestra di Béla Bartók, a cui sono accostate l’Ouverture dalle Nozze di Figaro di Mozart e la Settima Sinfonia di Beethoven. Lim si dichiara entusiasta di approdare al Petruzzelli: «La storia del teatro, la sua acustica e la sua atmosfera accendono la mia immaginazione».
Poi affronterà la serata inaugurale della stagione della New York Philharmonic, in settembre, con Gustavo Dudamel sul podio, e sarà a Roma per Santa Cecilia in novembre per presentare il Concerto in sol di Ravel, accanto all’orchestra ceciliana e a Daniel Harding.
Yunchan Lim, come ha scoperto la sua strada musicale stellata?
«Fin da quand’ero piccolo ho creato nel mio cuore tanta musica, la quale, via via, ha fatto bruciare in me la lava che ora sta iniziando ascaturire dal mio lavoro».
A che età ha cominciato a suonare?
«Ho preso lezioni di piano dai sette anni. In seguito l’incontro col mio maestro Minsoo Sohn, presso il Korean National Institute for the Gifted in Arts, è stato determinante per il mio percorso».
Il video del concerto con cui ha vinto il Van Cliburn ha avuto 17 milioni di contatti. Eppure lei ha confessato d’essere insoddisfatto di quell’esecuzione.
«Non era il meglio secondo i miei standard. Mi hanno aiutato, per quanto possibile, la direttrice d’orchestra Marin Alsop (che si è emozionata fino alle lacrime al termine del concerto, ndr) e la Fort Worth Symphony. Amo Rachmaninoff all’infinito, e cerco ogni giorno d’imparare qualcosa da tutto ciò che lo riguarda artisticamente».
Cosa replica a chi considera Rachmaninoff troppo sentimentale?
«Vai a casa, lavati i piedi e mettiti a dormire. E non ascoltare mai più musica».
Oggi abita a Boston e lì studia nel Conservatorio col suo insegnante Minsoo Sohn. Le manca la Corea?
«No. Il mio ultimo periodo di studio nel mio Paese è stato dolorosissimo. Mi sentivo all’inferno e volevo morire. Adesso torno solo per fare concerti».
Cosa le dava tanto dolore?
«La Corea è piccola e affollata, perciò la competizione è feroce.
Tutti smaniano per primeggiare e a volte danneggiano gli altri per questo. Intorno ai 17 anni, dato che mi stavo affermando, si sono scatenate invidie e pressioni inopportune, anche da parte di politici e uomini d’affari. Ciò mi ha riempito di tristezza».
È molto legato al suo insegnante Minsoo Sohn?
«Lui è la mia guida e il mio salvatore. Alcuni musicisti sostengono che, per divenire un artista, è necessario studiare con maestri diversi. Ma pianisti come Egorov, Lipatti, Rachmaninoff, Busoni, Horowitz e Kissin non hanno agito in questo modo.
Ognuno ha avuto un mentore con cui è rimasto connesso e da quellabase ha maturato la propria musica».
Continua a studiare molto?
«Fino a tredici ore al giorno. La musica esige un impegno totale.
Secondo Rainer Maria Rilke soltanto la solitudine può portarci a raggiungere un’arte profonda. Uno dei miei desideri per il futuro è sposarmi e condividere tale solitudine con mia moglie, poiché credo che un isolamento condiviso possa dare maggiore profondità al mio cuore e alla mia musica».
Come mai la classica europea è tanto diffusa tra i coreani?
«È un popolo che ha un’anima intensa e adora cantare e suonare, in generale».
Quali sono i suoi pianisti di riferimento?
«Quelli della vecchia scuola russa: Sofronitsky, Rachmaninoff e Horowitz».
Può definire la relazione che ha col suo strumento?
«Il pianoforte è la mia terra, il mio universo, il mio vento, il mio oceano, la mia montagna e il mio amante».