Corriere della Sera, 22 agosto 2025
Luca Sinigaglia morta per salvare una collega blocccata a 7 mila metri
Luca Sinigaglia sapeva che era un’impresa rischiosa, disperata. Però è andato lo stesso, non una volta ma due, la seconda gli è stata fatale. L’alpinista italiano, milanese, 49 anni, è morto a Ferragosto, ma si è saputo ieri, nel tentativo di salvare un’amica russa bloccata dal 12 agosto con una gamba rotta a 7 mila metri di quota sul Pik Pobeda, la vetta più alta del Tian Shan, tra Kirghizistan e Cina.
Luca, esperto di cybersicurezza e appassionato di montagna, è deceduto per un edema cerebrale. Insieme a un alpinista tedesco era salito in condizioni proibitive per portare soccorsi a Natalia Nagovitsyna, 47 anni. Si è sentito male, i due si sono rifugiati in un anfratto di roccia a 6.900 metri, ma per l’italiano non c’è stato nulla da fare.
È tragica la storia di questa scalata al Pik Pobeda, che in russo significa Picco della Vittoria, nome dato in epoca sovietica, quando il Kirghizistan era una delle repubbliche dell’Urss, per celebrare la vittoria nella Seconda guerra mondiale. Nagovitsyna era salita insieme a una guida russa. Nella discesa è avvenuto l’incidente, la guida ha chiesto aiuto a Sinigaglia che saliva con il tedesco Gunther Siegmund. Vista l’impossibilità di portarla al campo base, i tre l’hanno lasciata in una tenda sotto una sporgenza rocciosa riparata dal vento. Una volta scesi a valle, hanno dato l’allarme. Il giorno dopo, Sinigaglia e Siegmund sono tornati sulla montagna per portare a Natalia un fornelletto a gas, acqua e viveri ma, esausti, hanno pernottato con lei. Il 14 sono tornati a valle. I due a Ferragosto hanno ripreso la salita passando per una difficile via a 6.900 metri. Sono rimasti bloccati da una bufera di neve rintanandosi in una grotta. Luca ha avuto un malore, forse per la stanchezza, ed è morto. Lo scalatore tedesco è riuscito a tornare al campo base. Il 16 agosto il ministero della Difesa del Kirghizistan ha inviato un elicottero militare con sei soccorritori. Per le condizioni meteo avverse, il velivolo è stato però costretto a un atterraggio di emergenza a 4 mila metri di quota nel quale tre persone sono rimaste ferite, non in modo grave. Martedì 19, quando le condizioni meteo sono migliorate, un drone ha sorvolato il posto dove era stata posizionata la tenda di Nagovitsyna, confermando che la donna era ancora viva anche se la tenda era divelta e la temperatura era di -23 °C. Secondo le ultime notizie di ieri non ci sarebbero più segni di vita di Natalia.
La quarta operazione di salvataggio è iniziata ieri mattina. Per il sito Mash.ru, ci vorranno 4-5 giorni per raggiungere la tenda e il tempo in montagna dovrebbe peggiorare. L’11 agosto sul Pobeda era morto un altro alpinista russo e 62 hanno dovuto essere salvati con sei voli di elicotteri. Tre esperti piloti soccorritori sono partiti dall’Italia, ha confermato Agostino Da Polenza, capo di spedizioni in Himalaya. «Michele Cucchi, Manuel Munari e Mario Sottile sono partiti questa mattina (ieri per chi legge, ndr). È stato trovato un elicottero per tentare di salvare l’alpinista russa e recuperare anche il corpo di Sinigaglia». Il marito di Natalia nel 2021 ebbe un ictus sul Khan Tengri: lei rimase insieme a lui sino alla fine nonostante gli appelli a scendere e venne salvata da un elicottero. Un anno dopo Natalia salì di nuovo sulla stessa montagna per installare una targa in memoria del marito Sergey.