Corriere della Sera, 22 agosto 2025
Storia del Leoncavallo. L’occupazione, l’omicidio di Fausto e Iaio. Il primo sgombero, le violenze, i concerti. Era il ritrovo del giovane Salvini
Dove questa storia ebbe inizio, mezzo secolo fa esatto, la scena è questa: palazzina residenziale, facciata di piastrelle bianche lucide. A piano strada, sede dismessa d’una banca: nelle due rientranze che facevano da ingresso, i letti di cenci di due clochard; alle 14 di ieri ce n’è solo uno, un ragazzo arabo, dorme su un tappeto riparato da cartoni, abbracciato a un trolley azzurro. Sole a picco su via Leoncavallo, civico 22. Il «Leonka», la più celebre e longeva realtà antagonista d’Italia, prende il nome dalla via milanese intitolata al compositore e librettista napoletano Ruggero Leoncavallo. Qui avvenne la prima occupazione, il 18 ottobre 1975. Cinquant’anni di storia si possono raccontare solo con una sequenza di scene.
1975, la fabbrica. Dal racconto di Roberto Cimino, nel comitato della prima occupazione (dal sito del Leoncavallo): «La casa farmaceutica proprietaria dello stabile aveva abbandonato macchinari, scatoloni, fiale, tappi e medicinali. Ci vollero molte settimane per rendere vivibile il posto». Area enorme, 3.600 metri quadrati. Le fabbriche sono ancora anima e paesaggio di Milano, anche se iniziano le prime dismissioni: nel 1975 il quartiere Casoretto è terra d’operai adiacente a Lambrate, con le grandi fabbriche, Innocenti e Marelli, fino a alla Falck verso Sesto, la Stalingrado d’Italia. Al Leoncavallo entra la sinistra extraparlamentare, movimenti post ‘68, l’obiettivo è aprire «cuscinetti» tra fabbriche e quartieri. Asili, laboratori, teatro, doposcuola, assistenza: le attività sociali non si fermeranno mai.
1978, «gli anni tremendi». Dal racconto di Primo Moroni, scrittore, intellettuale di riferimento per l’area leoncavallina dell’epoca: «Dal ‘75 al ‘77 il Leoncavallo permane un’espressione classica dell’egemonia operaia. Gli anni che intercorrono tra il ‘78 e l’81-’82 sono anni tremendi». Il 18 marzo 1978 vengono uccisi Fausto Tinelli e Lorenzo «Iaio» Iannucci, giovani del Leoncavallo, assassinati a pochi metri dal centro sociale. Erano impegnati in un’inchiesta sulla diffusione dell’eroina nel quartiere. Delitto irrisolto, tra le più cupe storie d’Italia. Verranno indagati (poi prosciolti) estremisti di destra romani, tra cui Massimo Carminati, l’uomo di «Mafia capitale» del 2014. Centomila persone partecipano ai funerali di Fausto e Iaio. Nel centro iniziano ad avere un ruolo alcune donne meno giovani, tra cui le madri dei due ragazzi assassinati. Saranno le «Madri del Leoncavallo» (associazione sgomberata ieri). Nel frattempo la roba inizia a lasciare i morti d’overdose sulle panchine, nei parchi, sui marciapiedi. L’ecatombe dell’eroina nella Capitale del Nord che sta entrando nella sua epoca post-industriale: basterebbe questo a collocare il Leoncavallo nella Storia d’Italia.
1984, Milano punk. Ormai da tempo alcuni ex frequentatori sono passati alla lotta armata, tirati dentro nella centrifuga di violenza generata dalla crisi del movimento operaio. Il centro sociale, pur sottolineando una siderale distanza ideologica, accoglie gli sgomberati dal «Virus». Era un ex magazzino occupato. È stato il tempio italiano del punk: la connessione di Milano con Londra e Berlino. Anche il punk è stato un pezzo dell’altra Milano (e dell’altra Italia) passata dal Leoncavallo: un epicentro da cui s’irradia, in quegli anni, l’opposizione alla città di Craxi e degli yuppies. La contro-Milano da bere.
1993, l’opposizione musical-intellettuale. Lo sgombero dalla sede storica di via Leoncavallo diventa imminente. La violenza del 1989 (momento del primo intervento giudiziario) si riaccende. Ed è anche il momento in cui artisti e musicisti ritornano in soccorso del centro sociale. Negli anni si sono esibiti al Leoncavallo: Nanni Svampa, Pfm, Area, Franco Battiato, Enzo Jannacci, Carmen Consoli, Caparezza, Elio e le Storie Tese, Africa Unite, Piero Pelù, Roy Paci, Nada. E poi il sostegno di Dario Fo, Gabriele Salvatores, Paolo Rossi.
I sostegni
Nel 2006 da assessore Sgarbi voleva farne un museo dei graffiti
E l’edificio ha anche ospitato
le primarie del centrosinistra
1994, l’elicottero leghista. Epoca Tangentopoli, la Lega conquista il Comune con Marco Formentini. L’Italia guarda attonita Milano: perché da Milano s’è staccata una valanga giudiziaria, politica e sociale. Nella valanga, il sindaco leghista individua il simbolo da colpire: il Leoncavallo. Niente altro assicura altrettanta risonanza. Formentini ha messo in volo l’elicottero dei vigili e ha stilato un mega dossier sugli abusi edilizi per sollecitare lo sgombero: che arriva il 20 gennaio 1994. Pochi mesi dopo il Leoncavallo approda nella sede di via Watteau, dove è rimasto fino a ieri. Per dire il clima: «Bossi ha detto che a lui le pallottole costano trecento lire – spiega un ragazzo al Corriere – noi i sampietrini li troviamo gratis». Al Leoncavallo nascono le «tute bianche», simbolo delle violenze di piazza prima dei black bloc.
1994, Salvini leoncavallino. Lo sgombero dalla sede storica è pacifico. La violenza esplode di nuovo a settembre 1994. Dopo gli scontri, un leghista ragazzino (21 anni) stupisce il Consiglio comunale di Milano, di cui fa parte da qualche mese. «Analisi lucida e onesta», commentano i politici anziani. Si chiama Matteo Salvini e racconta: «Dai 16 ai 19 anni, mentre frequentavo il liceo Manzoni, il mio ritrovo era il Leoncavallo. Stavo bene, mi ritrovavo in quelle idee, in quei bisogni. Nei centri sociali ci si trova per discutere, confrontarsi, bere una birra e divertirsi»; assicura pure che i ragazzi che lui conosce «non prenderebbero mai in mano un sasso o una spranga».
2006, graffiti «sistini». Vittorio Sgarbi, all’epoca assessore con la sindaca Letizia Moratti, afferma: «Chiederò alla sovrintendenza di vincolare i muri per proteggere i graffiti. Il Leoncavallo diventerà un museo. È la cappella Sistina contemporanea». Il museo mai nato da ieri è inaccessibile; capitale italiana della street art Milano lo è davvero.
2016, seggio antagonista. Dopo l’Expo di Milano, il Leoncavallo ospita le primarie in cui viene scelto il candidato sindaco Beppe Sala. Non è una novità. Accade dal 2005, quando il centrosinistra era l’Unione di Romano Prodi. «Alle urne nella tana dell’antagonismo milanese», titolava il Corriere. La metamorfosi era ormai compiuta. Antagonisti integrati. Anche questa è storia: Leoncavallo, Milano, Italia.