il Fatto Quotidiano, 21 agosto 2025
Per Leone fu quasi plebiscito: votato da 115 cardinali su 133
Un’elezione lampo come quella di Pio XII nel 1939. È ciò che si stava verificando nel conclave successivo alla morte di Papa Francesco. Robert Francis Prevost, infatti, stava per essere eletto al terzo scrutinio, il secondo della mattina dell’8 maggio. In quella votazione il porporato agostiniano ottenne 86 voti, soltanto tre in meno del quorum di 89 suffragi necessari per la fumata bianca. Un consenso immediato e quasi plebiscitario attorno alla figura di quel vescovo missionario in Perù chiamato da Jorge Mario Bergoglio, appena due anni prima, a Roma come prefetto del Dicastero per i vescovi.
Nel 2005 Joseph Ratzinger sfumò l’elezione al terzo scrutinio soltanto per cinque voti. Ne ottenne, infatti, 72 con un quorum di 77 suffragi e 115 elettori. È vero che Eugenio Pacelli fu eletto al terzo scrutinio, ma nel conclave del 1939 i votanti erano 62, poco meno della metà di quelli che hanno scelto il successore di Francesco. Leone XIV, nella quarta votazione, è stato eletto con 115 voti su 133 cardinali elettori. Soltanto 18, quindi, sono stati i porporati che fino all’ultimo si sono espressi contro la scelta di Prevost come successore di Bergoglio.
Secondo la ricostruzione degli elettori più vicini al Papa agostiniano, i voti contrari sono attribuibili ai porporati bergogliani più progressisti, quelli che sostenevano la candidatura del cardinale maltese Mario Grech, segretario generale del Sinodo dei vescovi. Una fazione guidata dal cardinale gesuita Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo, vicepresidente del Consiglio delle conferenze dei vescovi d’Europa e relatore generale dei due Sinodi dei vescovi sulla sinodalità. A sbarrare la strada, sotto le volte della Cappella Sistina, alla candidatura di Grech è stato il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, decano del conclave, che ha preferito Prevost anche a un altro porporato emerso durante il primo scrutinio: il cardinale Péter Erdo, arcivescovo di Esztergom-Budapest e primate d’Ungheria. Tra il progressista Grech e il conservatore Erdo, Parolin si è subito schierato per il moderato curiale Prevost che, comunque, era già in testa, seppur di poco, nella prima votazione del conclave. I cardinali tradizionalisti, che avevano contestato pubblicamente Bergoglio, hanno votato compatti per Leone XIV: lo statunitense Raymond Leo Burke, patrono emerito Sovrano Militare Ordine di Malta; il tedesco Gerhard Ludwig Müller, prefetto emerito della Congregazione per la dottrina della fede e curatore dell’Opera omnia di Benedetto XVI; e il guineano Robert Sarah, prefetto emerito della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti.
Ciò che ha sorpreso gli stessi elettori, Leone XIV in primis, è come sia maturato così velocemente il consenso verso il porporato agostiniano, tanto che sarebbe potuto diventare Papa dopo appena tre scrutini nel conclave con il maggior numero di votanti della storia, di cui la stragrande maggioranza, ovvero 108, al loro debutto nella Cappella Sistina. Quello del 2025 poteva essere il conclave più breve dell’ultimo secolo alla pari con quello del 1939. Un record che, però, resta imbattuto. Ritiratosi a Casa Santa Marta, insieme con gli altri cardinali, per la pausa pranzo dell’8 maggio, Prevost ha avuto tutto il tempo per meditare sul nome da scegliere come Papa e sul discorso da pronunciare, poche ore dopo, dalla loggia centrale della Basilica Vaticana. Al rientro, nel primo pomeriggio, nella Cappella Sistina, sia lui che i suoi confratelli elettori erano certi che sarebbe bastata una sola votazione per la fumata bianca. E così è stato.
Quando Prevost è stato eletto, al termine del quarto scrutinio, Parolin gli ha rivolto le due domande di rito in latino: “Accetti la tua elezione canonica a Sommo Pontefice?”. E subito dopo la risposta affermativa di Prevost: “Con quale nome vuoi essere chiamato?”. Qui, rivelano alcuni cardinali elettori, lo stupore per la scelta di chiamarsi Leone XIV è stato subito abbastanza palpabile nella Cappella Sistina. Il neoeletto era sorpreso e commosso da un consenso così rapido e unanime dei suoi ormai ex confratelli e lo ha dimostrato quando ha ricevuto l’atto di ossequio e obbedienza da parte di tutti i cardinali presenti, alcuni anche non elettori arrivati subito dopo la fumata bianca, rimanendo tutto il tempo in piedi al centro dell’altare maggiore, immediatamente sotto il Giudizio universale di Michelangelo.
I fedelissimi di Leone XIV, i suoi confratelli agostiniani, hanno fatto trapelare che, dopo poco più di cento giorni dalla sua elezione, il Papa è ancora sorpreso di essere stato scelto. Nei giorni precedenti l’Extra omnes aveva sempre più percepito che il consenso nei suoi confronti da parte dei cardinali elettori stava aumentando notevolmente e ciò lo turbava non poco. Un consenso che, sotto le volte delle Storie della Genesi di Michelangelo, si è subito concretizzato nell’urna. “Tutto si è svolto con molta serenità, naturalezza e velocità”, ha commentato un porporato elettore. “Ora è il tempo del solleone”, ha aggiunto un altro cardinale presente nella Cappella Sistina. Subito dopo l’Habemus Papam e il discorso di Leone XIV dalla loggia centrale della Basilica Vaticana, alcuni prelati si sono avvicinati al cardinale Parolin, rientrando nell’Aula della Benedizione da cui si accede al balcone di San Pietro, esprimendogli la loro solidarietà per la mancata elezione. Testimoni raccontano che il porporato è rimasto imperturbabile, ostentando serenità per lo “scampato pericolo”.