Corriere della Sera, 21 agosto 2025
Via alle operazioni per l’occupazione. Richiamati 60 mila soldati. Le proteste dell’Europa
Gerusalemme. La guerra che non finisce diventa un bis anche nel nome scelto dai generali per l’operazione avviata ieri al tramonto. I Carri di Gedeone 2 si stanno già muovendo alla periferia della città di Gaza, l’obiettivo è la cattura di quello che una volta era il centro principale della Striscia e in questi ventidue mesi di conflitto è rimasto il punto dove si sono ammassati oltre un milione di palestinesi costretti a fuggire dall’offensiva militare. I comandanti vogliono spingerli a forza verso sud, verso la città di Rafah e il confine con l’Egitto. Un’altra deportazione.
«Ormai Hamas è ridotto a un gruppo di guerriglia malconcio», proclama il portavoce dell’esercito. «Colpiremo ancora più in profondità nella città di Gaza, una roccaforte del terrore». La nuova invasione ordinata dal governo di Benjamin Netanyahu richiede la mobilitazione di 130 mila riservisti, tra loro 60 mila hanno già ricevuto i messaggi di richiamo e lo Stato Maggiore calcola che gli scontri andranno avanti anche nel 2026. Gli israeliani che hanno già combattuto per mesi a Gaza devono indossare di nuovo la divisa, mentre migliaia di ultraortodossi – i cui partiti sono alleati di Netanyahu nella coalizione al potere – protestano contro il tentativo di arruolarli per il servizio di leva obbligatorio.
Gli jihadisti sono ancora in grado di organizzare blitz contro le truppe. Un commando di 15 miliziani ha assaltato un avamposto militare nell’area di Khan Younis, la cittadina dov’era nato e cresciuto Yahya Sinwar, il pianificatore della mattanza del 7 ottobre 2023, 1.200 israeliani uccisi. I fondamentalisti sono stati respinti e ammazzati, l’obiettivo – spiegano fonti dell’esercito – sarebbe stato quello di rapire un soldato.
«Quando avremo finito— dichiara Israel Katz, il ministro della Difesa – Gaza avrà cambiato faccia, non sarà più la stessa». Per adesso il volto che mostra è butterato di crateri, macerie, migliaia di persone accampate tra i resti dei palazzi. I palestinesi uccisi sono oltre 62 mila. La Croce Rossa Internazionale avverte che il piano di trasferire la popolazione a sud «peggiorerà una situazione già catastrofica». Emmanuel Macron, il presidente francese, continua a esprimere l’opposizione più forte in Europa alle scelte di Netanyahu. «La nuova offensiva rappresenta un disastro per i due popoli e trascina la regione in un conflitto permanente», denuncia dopo aver parlato al telefono con Abdel Fattah Al Sissi, il leader egiziano, e re Abdallah di Giordania. Le famiglie degli ostaggi annunciano un altro sciopero generale per domenica e chiedono al governo di accettare la proposta dei mediatori: una tregua di 60 giorni in cambio del rilascio di 10 ostaggi in vita e 18 cadaveri. I parenti dei sequestrati temono che l’avanzata delle truppe metta in pericolo i loro cari.
Netanyahu tira dritto sostenuto dall’amico Donald Trump, che ha deciso nuove sanzioni per i magistrati della Corte penale internazionale all’Aia «perché minacciano gli americani e gli israeliani». Nel novembre del 2024 i giudici avevano approvato i mandati di arresto per il premier israeliano e Yoav Gallant, allora ministro della Difesa, con l’accusa di crimini di guerra e contro l’umanità a Gaza. Gli alleati messianici e oltranzisti del primo ministro hanno anche ottenuto il via libera alla costruzione di una grande colonia nella cosiddetta area E1 a est di Gerusalemme. La comunità internazionale e i presidenti americani fino a Trump si sono sempre opposti perché il blocco di abitazioni taglia in due la Cisgiordania e di fatto rende impraticabile la creazione di uno Stato palestinese con contiguità territoriale. Non si è fatta attendere la condanna dell’Italia: «La decisione israeliana di procedere con nuovi insediamenti in Cisgiordania è inaccettabile, contraria al diritto internazionale —ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani – e rischia infatti di compromettere definitivamente la soluzione a due Stati»