Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  agosto 20 Mercoledì calendario

A Lanzarote con Houellebecq


Partire è un po’ morire: non si capisce perché gli intellettuali si ostinino a viaggiare. Soprattutto quei misantropi, erotomani, sessisti e islamofobi dalla lingua sempre biforcuta e la penna intrisa nel curaro, memorabili creatori di fiction come Annientare, Sottomissione, Estensione del dominio e delle lotta e altre tragedie da ridere. Un uomo di cultura, nella natura, finirà per soccombere, o viceversa estirpare ogni forma di vita fino all’ultimo filo d’erba e traccia di carbonio utile: forse per questo Michel Houellebecq – tra i più urticanti scrittori francesi dopo Céline – sceglie come meta di vacanze un’isola di lava scura, mortifera e brulla, aspra e infertile, il ground zero dell’“abiezione dell’esistenza vegetale”, una waste land nata per “creazione tramite il vulcano” e “distruzione tramite l’oceano”.
Lanzarote è anche il titolo del reportage d’autore, con corredo iconografico di foto da Michel stesso scattate benché nel testo affermi il contrario – poetastro fingitore qual è – e anzi schifi i compagni di tour armati di obiettivi e macchinette: l’avventura risale ormai a un quarto di secolo fa, nel gennaio del 2000, all’indomani del paventato millennium bug (il libro uscì in Italia con Bompiani nel 2002, salvo poi confluire in anni recenti nel catalogo della Nave di Teseo che ha acquisito i diritti dello scrittore), ma il mondo è rimasto “medio” – come recita l’esergo –, idem i turisti fuori stagione, un gruppetto di sfigati in cerca della più banale delle avventure: un’orgia. L’umore è nero, lo stile di più; ricorda quello di un altro velenoso collega, spiaggiato sempre su un’oasi spagnola ma molto più a Nord, alle Baleari, “tra le pecore dell’hotel” (© Thomas Bernhard).
In cerca di “quel materiale portatore di sogni che è il viaggio”, Houellebecq si fa ingolosire da una avvenente impiegata dell’agenzia turistica e parte per le Canarie, “isole situate all’estremo sud del desiderio”: temperatura ottimale tutto l’anno e soggiorno tutto incluso. “Per quel che me ne fotteva”: il refrain della trasferta. “Cosa possiamo sperare dalla vita?”: il secondo refrain della trasferta.
Il canovaccio è semplice, la trama prevedibile anche perché “l’assurdità, a partire da una certa età, stanca”: l’annoiato intellettuale stringe amicizia in albergo con una coppia di tedesche, Pam e Barbara, e un belga baffuto e solitario, Rudi, con cui dividerà qualche gita, pranzi, cene e orgasmi. Totem e tabù sono i soliti del migliore Houellebecq: il sesso vagamente originale; lo sfottò antireligioso, Islam in primis; lo sberleffo razzista, come sugli italiani che “vanno ovunque ci siano bei culi”; la parodia dei poeti ermetici; l’anti-sciovinismo sulla patria grandeur, compresa quella Guide du Routard che “è riuscita a stabilire nuovi precetti nell’ambito della stupidità internazionale”.
La natura è parimenti ripugnante: ovunque eruzioni, terremoti e altri vezzi planetari; cactus sgraziati dall’indubbia forma fallica; uccelli detestabili, tipo i pappagalli che gracchiano ai “poveri fessi”; cammelli cattivissimi, “aggressivi e astiosi”. Ma chi non lo sarebbe a portare in spalla ogni benedetto giorno, sotto il solleone e tra desertici panorami, stranieri in sovrappeso, ciarlieri e maleducati?
Questa è pura, esilarante satira del viaggio, organizzato soprattutto: leggerla non risparmia dall’overtourism e dall’overbooking, ma salva almeno dal trip delle vacanze intelligenti. Nessuno è intelligente in vacanza, suggerisce il maestro francese, e “l’unico momento veramente piacevole è la colazione”. In ferie “come forse anche nella vita in generale”. Basta mettersi comodi sul letto, sotto l’aria condizionata: accendere il televisore, ma “senza suono: solo così è sopportabile”, e saccheggiare il frigobar. Accedere poi da lì alla piscinetta dell’hotel, abbordare altri spaesati turisti sulle sdraio e sperabilmente finire con loro la giornata là dove era cominciata: a letto, sotto l’aria condizionata. Come Michel con le due tedesche lesbiche. Ma generose, non integraliste, né fanatiche dell’omoerotismo.
Lunare e vulcanico, il paesaggio – non solo quello esteriore – rimanda a presenze aliene, extraterrestri. Tra i protagonisti compaiono infatti anche i fanatici di una setta – gli azraeliani, o raeliani – che seducono il povero Rudi con promesse esotiche ed erotiche tanto simili a quelle delle réclame turistiche: finirà malissimo, di rientro a Parigi; il viaggio è sempre al termine della notte, e Céline succitato non a caso. È allora che la satira si fa morale, e il riso sapienziale, persino tra le fauci dello sboccato Houellebecq, a zonzo nella dolceamara Lanzarote: “Viviamo in un’epoca capace di partorire qualunque distruzione e qualunque messia”. Ma anche quello è partito, e non è più tornato.