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 2025  agosto 20 Mercoledì calendario

Hamas è viva e vegeta e piena di soldi

Hamas è viva e vegeta nella Striscia nonostante i quasi due anni di guerra, le decine di migliaia di miliziani morti e un apparato governativo più che decimato. È dimostrato dal fatto che non solo le sue truppe tengono testa all’esercito israeliano, non solo combattono contro i clan locali che ritengono traditori, ma continuano a gestire gli affari correnti nella Striscia come il mercato e tengono Israele in scacco facendo avanti e indietro sulle proposte di accordo.
Secondo stime israeliane, il gruppo che controlla Gaza può contare nella Striscia tra i 20 e i 25mila miliziani, che combattono in gruppi di 10-15, più diverse cellule dormienti. Forse più di 30mila sarebbero stati uccisi nei due anni di guerra. Il condizionale è d’obbligo visto che i numeri che arrivano dalla Striscia non sono verificabili e chi li diffonde, lo stesso ministero della Salute appartenente al gruppo islamista, non distingue tra civili e miliziani.
Una differenza che è difficilissima comunque da fare, visto che Hamas controlla dal 2006, da quando ha vinto le elezioni e dopo una guerra civile contro le alte fazioni palestinesi, Fatah in particolare, l’intera Striscia sotto le sue mani gestendo ogni aspetto dell’enclave.
Dei due milioni e passa di gazawi nella Striscia prima della guerra, la stragrande maggioranza era legata ad Hamas. Oggi, senza il gruppo islamista, non si mangia. Ecco perché è stato facile per la sua fazione militare reclutare quanti miliziani sono stati uccisi durante il conflitto. Lavorare per Hamas, per molti, significa mangiare, indipendentemente dall’ideologia anti israeliana.
Il gruppo, che si rifà alla Fratellanza Musulmana e che, seppur sunnita, ha stretto forti legami con l’Iran dal quale la sua ala militare è finanziata, opera per cellule locali e ha un capillare controllo del territorio anche adesso. Per tenerlo, secondo gli analisti, sfrutta le riserve alimentari. Le Nazioni Unite, ancora oggi, riferiscono che quasi il 90% degli aiuti che entra nella Striscia via camion viene rubato da miliziani e da uomini non armati. Questi, vengono poi immessi sul mercato e il monitoraggio costante dei prezzi ha dimostrato questo sfruttamento. Mercato, i cui proventi, rientrano nelle casse di Hamas, oltre che di alcune famiglie o, meglio, clan locali, vicini o lontani dal gruppo che controlla la Striscia.
Prima del sette ottobre, a Gaza la distinzione di comando era netta tra la fazione militare e quella politica, anche se c’era raccordo tra le due tant’è vero che i due leader di allora, Yahia Sinwar e Mohammed Deif, decisero il massacro. Di concerto o sicuramente informando la leadership politica generale che ha sede a Doha ancora oggi. Con lo scoppio del conflitto ma, soprattutto, con l’uccisione l’anno scorso a Teheran di Ismail Haniyeh, capo politico dell’organizzazione, il potere è ritornato a Gaza sotto Sinwar, ucciso mesi dopo, unendo le due fazioni. Stessa fine ha fatto suo fratello Mohammed che lo aveva sostituito. Ora, a guidare il gruppo sarebbe Izz al Din al Haddad, “il fantasma” o Abu Suheib, cinquantacinquenne capo delle brigate Al Qassam che gestisce anche la politica interna. Lui, molto vicino a Teheran, tiene in mano il pallino anche se i colloqui sono condotti da coloro che sono fuori, dai membri della Shura, guidata probabilmente da Muhamad Darwish (Abu Omar) e che vede al suo interno, tra gli altri, l’ex leader Khaled Meshal e soprattutto Khalil al-Hayya, il capo negoziatore.
Al Haddad ha il suo centro di controllo, da sempre, a Gaza City, dove comandava la brigata locale delle forze militari di Hamas, al Qassam. È sfuggito ad almeno sei tentativi di uccisione negli anni da parte d’Israele, che ha invece ucciso suo figlio in guerra e il suo braccio destro, mentre un altro stretto collaboratore, Raed Saad, sarebbe ancora vivo.
Vivi e vegeti sono invece i leader di Hamas a Doha come quelli in Libano, tra i quali uno dei portavoce, Osama Hamdan e in Turchia, ultimo porto franco per i leader del gruppo ritenuto terrorista da più parti del mondo. Molti esponenti di Hamas hanno avuto il passaporto di Ankara e il governo di Erdogan è impegnato ultimamente nelle consultazioni.
Secondo gli americani, Hamas ha ricevuto ogni anno tra i 100 e i 350 milioni di dollari per le sue brigate militari, mentre il Qatar avrebbe finanziato il gruppo con almeno due miliardi di dollari.
Oltre 30mila dipendenti pubblici di Gaza ricevono stipendi per un valore di circa 7 milioni di dollari da Hamas ancora oggi. Per la Bbbc, prima del massacro del 7 ottobre Hamas aveva in contanti per oltre 700 milioni di dollari e centinaia di milioni di shekel che derivavano sia dalle tasse imposte nella Striscia sia dagli ingenti finanziamenti ricevuti. —